Motivazione, Responsabilità Sociale e Sviluppo: un approccio generativo del nuovo e la leadership orizzontale

L’articolo tratta della necessità di creare una nuova cultura dello sviluppo che promuova approcci generativi del nuovo, secondo un approccio sistemico complesso, non di tipo meccanicistico quantitativo, ma ispirato da un’ottica evolutiva sinergica delle organizzazioni e delle persone che contribuiscono quotidianamente a crearle. Ciò implica una leadership “orizzontale” che attivi le persone in processi di sviluppo organizzativo e individuale realizzando forme efficaci di Responsabilità Sociale delle Organizzazioni.

Si può facilmente comprendere come la tematica della responsabilità sociale delle organizzazione (RSO),[1] sia sempre più rilevante nel contesto internazionale proprio perché siamo circondati da varie forme di irresponsabilità agita entro e fuori i contesti organizzativi.
Ci troviamo in questo periodo davanti ad una crisi del “sistema mondo”, come lo ha definito Luciano Gallino[2], ossia di un sistema planetario che non ha più confini territoriali o economici e che, tramite le tecnologie, lo sviluppo delle imprese trans nazionali, gli scambi commerciali, i prodotti culturali di massa, ha generato una interconnessione tra economie, mercato del lavoro e cultura di quasi tutte le società del mondo. In particolare negli ultimi decenni l’affermarsi del capitalismo finanziario (basato sull’estrazione del valore dal denaro) su quello industriale (basato sulla produzione del valore da materie prime) ha portato ad un depauperamento del lavoro produttivo favorendo progressivamente forme virtuali di accumulazione di capitale con ricadute disastrose sul lavoro sia in termini di occupazione, di precarietà, che in termini di welfare. Si tratta quindi di una crisi di tipo culturale: ad essere messi in discussione sono i valori di questa società, i suoi modelli di azione, le teorie che hanno ispirato il sistema e la politica.

Non si può parlare di responsabilità sociale delle organizzazioni senza guardare alla civiltà che ha generato l’irresponsabilità e senza avere percezione del fallimento multidimensionale a cui un certo modo di “fare organizzativo” ha portato creando un ampio sistema di potere che ha influenzato pesantemente anche la politica, asservendola ai suoi bisogni.

E’ chiaro che un percorso di RSO debba passare in primis ad un ritorno equilibrato all’economia reale, alla produzione di beni e servizi, quali fattori che danno identità al “fare” organizzativo. Un secondo passaggio necessario consiste nel coinvolgere attivamente gli individui nello sviluppo dei processi organizzativi. Solo tale modalità risulta infatti realmente motivante nei percorsi di cambiamento organizzativo e quindi garante di efficacia.

E’ da considerare che l’impresa trae la sua legittimazione non dalla capacità di mercificare mondo e uomini, bensì da quella di realizzare oggetti ed attività realmente utili alla vita degli uomini, testimoniando così il “significato” di una civiltà umana. In tal senso si ritiene etico offrire la possibilità a chi lavora, di fare un’importate esperienza di “creazione di sé e del mondo”, come sostiene Francesca Novara[3], chiarendo che “l’io lavorativo non cresce se non attraverso la riuscita nello sforzo di conoscere e fare, ha bisogno di confrontarsi con il difficile, non si appropria del lavoro quando, nella definizione di Sennet, l’intelligenza è operativa piuttosto che riflessiva e autocritica”.

Questi due passaggi dovrebbero essere gli elementi cardine per definire forme efficaci di Responsabilità Sociale delle Organizzazioni (RSO), che potranno garantire uno sviluppo strategico di tipo multidimensionale. A tal fine non si possono utilizzare approcci di planned change che hanno alla base visioni riduttive della complessità organizzativa. Nel percorso verso la RSO si tratta quindi di promuovere un forte cambiamento culturale, che promuova una visione dell’agire organizzativo di tipo sistemicocomplesso, in un percorso di attribuzione di significati individuali e collettivi per una crescita armonica e di “umanizzazione” del lavoro. Questo sarà possibile adottando approcci sperimentali e generativi del nuovo, che possano portare valore aggiunto a tutte le componenti del sistema azienda: cliente, capitale, lavoratori, territorio.[4]

Il tema chiave è quale tipo di leadership sia oggi necessaria per avviare con efficacia percorsi di RSO e quali competenze vadano stimolate nelle organizzazioni per realizzare forme di sviluppo sostenibili, che portino quindi valore a tutte le componenti in gioco.

La leadership che favorisca tali tipi di percorsi dovrà essere fortemente attivante dell’individualità e della responsabilità dei lavoratori. Dovrà poter “muovere” la comunità lavorativa verso l’ascolto e le criticità che vive il cliente e rimetterlo al centro.

Per permettere questi percorsi serve una leadership che non guidi più persone, ma processi dove i lavoratori si possano attivare. Anch’essi lavoreranno in un ruolo di leadership coinvolgendo i colleghi in percorsi sperimentali di cambiamento. Si tratta di attivare processi di leadership a cascata. Tale tipo di leadership viene definita “orizzontale”. Prima di definirne le caratteristiche definiamo innanzitutto la differenza tra competenze di management e leadership, che oggi vengono spesso confuse e sovrapposte. Quando si tratta di mantenere bene ciò che è stato creato nel passato, si può agire nell’ambito del quadro strutturale esistente (es. aggiornamento di sistemi, miglioramenti di procedure, ecc.). In tal caso si tratta di agire competenze manageriali. Lo stesso vale quando si devono affrontare e risolvere i problemi che sorgono man mano, con azioni di problem solving.

Quando invece si devono creare nuovi processi che permettano di trasformare l’organizzazione verso il futuro, verso le sfide che la fanno crescere, si tratta di creare differenti visioni, percorsi, modi di lavorare. Si entra nell’ambito complesso di come si prendono le iniziative non solo individuali, ma allargate ad una comunità lavorativa che è chiamata a trasformare comportamenti usuali. Si tratta di agire competenze di leadership. Le criticità emerse dagli approcci di planned change, spingono a fare i conti con la complessità della motivazione lavorativa.

Da varie ricerche sulla motivazione[5] si può dedurre che per le persone nelle organizzazioni, essa si muove su due assi principali:

1-percepire l’utilità sociale del proprio lavoro, legata al prodotto o servizio che l’organizzazione offre alla società

2-poter essere attivi nel migliorare i processi di lavoro. La leadership che muove il cambiamento dovrà quindi stimolare la leadership dei lavoratori in queste direzioni, rimettendo al centro la ragion d’essere dell’organizzazione, ossia il cliente, promuovendo nuove forme di collaborazione nelle quali le persone coinvolte possano crescere superando i propri limiti che i contesti di sviluppo mettono in evidenza.

Si tratta quindi di una leadership orizzontale, in quanto si realizza nelle interazioni proattive tra chi dirige una azienda, i clienti, i fornitori e i collaboratori.

Si tratterà di interazioni volte a sperimentare il nuovo e a generarlo considerando lo sviluppo di tutte le variabili in gioco, soggettive ed oggettive. L’approccio generativo non è pianificabile, ma può avere un suo rigore metodologico nell’alternanza tra azione e riflessione. Non sono oggi molto utilizzati e disponibili approcci di questo genere. Un esempio efficace si può trovare nella formazione-sviluppo che promuove la leadership orizzontale, approccio elaborato in un progetto di ricerca CNR con l’istituto IMO ed ora utilizzato nell’ambito del centro per la leadership orizzontale dell’istituto IMO Italia (www.imoitaly.com), nodo di una rete internazionale di istituti che promuovono la leadership orizzontale.[6] Tale tipo di leadership si basa su una visione dell’uomo e dell’organizzazione come realtà che si co-creano, come sostenuto dai recenti sviluppi della psicologia sociale, dalla teoria della complessità e dalle teorie evolutive, valorizzando le interazioni individuo-organizzazione; si ispira inoltre, tra altre teorie, alla ricerca azione, che propone l’ottica della sperimentazione come base per la trasformazione socio-economica.

Nello sperimentare si lavorerà a due livelli: per la trasformazione dei processi organizzativi e per quella dei comportamenti lavorativi. In questo percorso verranno esercitate delle specifiche “competenze sociali”, che porteranno a creare forme crescenti di consapevolezza della finalità organizzativa in relazione alle dinamiche interne, anche considerando la connessione tra aspetti biografici individuali e organizzativi. Le competenze sociali rientrano nel quadro europeo delle competenze chiave e trasversali e sono oggetto di ulteriore sviluppo e definizione.

L’ottica evolutiva dell’uomo e dell’organizzazione e la loro interazione come sistemi complessi, rende possibile l’individuazione nell’azione sperimentale di sviluppo che l’individuo realizza, un momento chiave che rende esplicite molte variabili soggettive e relazionali, permettendo quindi di trasformarle a livello individuale e dei processi di lavoro. A livello individuale sarà un percorso di consapevolezza dei passi necessari di auto-sviluppo, in relazione al senso del proprio appartenere a una comunità di apprendimento, che ha un chiaro fine sociale.

Per i processi di lavoro, la trasformazione sarà orientata da una visione orizzontale delle attività interne superando quella verticale-funzionale, che frammenta il modo in cui il cliente/ utente entra in relazione con l’organiz zazione.

Vengono quindi resi evidenti i punti di non collegamento tra i vari settori per rendere fluido e armonico il rapporto con il cliente/utente, considerato come la finalità dell’agire collettivo realizzando quelli che si sono definiti dei processi orizzontali, trasversali alle funzioni. Potremmo definirli “processi del cliente. A tal fine sarà utile costituire una comunità di responsabili, trasversale alle funzioni, che sarà l’elemento di sintesi della vita organizzativa e dovrà sviluppare un nuovo stile di lavoro, che non consisterà più nel dirigere e controllare, ma nell’affidare delle responsabilità sui processi orizzontali a collaboratori con capacità adatte, che dovranno avere autonomia e possibilità di sperimentare innovazioni nell’ambito di condizioni stabilite. Tali responsabili dei processi orizzontali (proprietari di processo) coinvolgeranno a mano a mano i colleghi, nell’ottica dello sviluppo della comunità interna.

In tale percorso l’individuo non è una delle variabili da trasformare, ma l’elemento che integra la complessità organizzativa, generando la trasformazione del proprio comportamento lavorativo in modo consapevole.

Il punto di partenza sarà la domanda di cambiamento che si manifesta nell’organizzazione per migliorare il processo del cliente. Si dovrà lavorare secondo un ritmo tra riflessione sulle criticità in relazione al cliente/utente, prospezione di nuovi scenari e definizione di passi concreti per sperimentare la realizzabilità di tali scenari, rivedendo i principi ispiratori (o linee guida nascoste) dei processi di lavoro inefficaci. Si tenderà progressivamente a fare del cliente il principio guida dei nuovi processi di lavoro in un percorso sperimentale e generativo del nuovo. In relazione al processo di sviluppo organizzativo, considerando i tre livelli base rispetto ai quali ci si riporta alla realtà, ossia, cognitivo, emotivo e volitivo, si propone un parallelo sviluppo delle proprie competenze, seguendo la logica sperimentale e riflessiva. Nel compiere tale percorso le persone attuano anche uno sviluppo biografico in relazione allo sviluppo biografico dell’organizzazione (linea trasversale sulla persona e sulla organizzazione. Le competenze generate permetteranno di muoversi nella complessità.

Possiamo definire quindi la leadership orizzontale, quale “meta- competenza” che dovrà avere alla base altre “competenze per lo sviluppo” tra le quali le più significative sono le seguenti:

  • osservare il livello fattuale/azioni lavorare con le domande
  • ascolto attivo su tre livelli (cognitivo, emotivo, volitivo)
  • collegare le domande di cambiamento a processi di sviluppo sperimentali
  • identificare e definire i principi guida dei processi e dei comportamenti
  • collegare la biografia individuale a quella dell’organizzazione
  • dare suggerimenti e feedback sul piano dell’azione
  • descrivere per immagini
  • caratterizzare.

Si ritiene che queste competenze siano alla base di alcune delle 8 competenze chiave richieste dall’Unione Europea (in particolare imparare ad imparare, spirito di iniziativa ed imprenditorialità) e in particolare delle competenze trasversali (tra altre collaborazione e comunicazione).[7]

Le competenze acquisite dai proprietari di processo e dalle persone coinvolte nel cambiamento a vario titolo, saranno lo strumento per creare una ciclicità di sviluppo, in quanto permetteranno forme sistematiche di riflessione sulle necessità dell’organizzazione e di mettere in atto azioni conseguenti, creando una “infrastruttura del cambiamento” per un miglioramento continuo e organico.

In sintesi, gli aspetti innovativi dell’approccio elaborato si possono riassumere come di seguito, laddove la combinazione sinergica di tutti gli elementi propone percorsi efficaci e sostenibili di generazione del nuovo:

  • identità dell’organizzazione data dal suo core business (prodotto/servizio), quindi dal cliente e dalla relazione delle persone con tale identità: co-creazione individuo-organizzazione in ottica evolutiva;
  • esplorazione della domanda di cambiamento con l’ottica del cliente/utente per renderne chiaro il valore aggiunto (lean)
  • sperimentazione di processi innovativi con specifiche responsabilità (proprietari di processo) connettendo e coinvolgendo la comunità lavorativa e la dirigenza secondo un ritmo tra azione e riflessione (learning)
  • generazione del nuovo: lo sviluppo non è lineare ma ciclico ed esplorativo/sperimentale e porta alla progressiva creazione di nuove costellazioni di persone e quindi forme organizzative (living).

Il centro per la leadership orizzontale dell’Istituto IMO Italia si propone come luogo di creazione di una nuova cultura dello sviluppo, che permetta di creare moderne comunità lavorative quali luoghi di senso sociale ed economico.

Le 4 capacità prevalenti della leadership orizzontale:

1-Capacità di ispirare: dare esempi concreti per illuminare i lavoratori sullo spirito dell’azienda, riuscire ad avere una visione del futuro e “muovere” le persone in quella direzione, creare incontri nei quali ci siano opportunità di innovazione, non trascurare di incontrare con regolarità i clienti perché fonte della propria ispirazione, ecc.

2-Capacità di accompagnare: organizzare con regolarità incontri con i collaboratori nei quali si creino occasioni di apprendimento, saper resistere alla tentazione di prendere in mano le decisioni e aiutare gli altri a prenderle nel loro ambito di responsabilità, saper trasformare gli “errori“ in possibilità di apprendimento, saper dare suggerimenti pratici nei quali si veda l’identità dell’azienda..

3-Capacità di intervenire: sapersi confrontare con le persone in modo tale che esse debbano fare delle scelte significative nel loro commitment all’azienda, riuscire a dire a qualcuno che non è nel posto giusto, riuscire a fare veloci e chiari interventi se si manifestano atteggiamenti dannosi per l’azienda, saper garantire il bene collettivo come principio guida rispetto alla diplomaticità delle relazioni, ecc.

4-Capacità di guidare: riuscire a disegnare e portare avanti processi innovativi garantendo il ritmo e la sistematicità degli incontri, curando la qualità degli scambi e comunicando con efficacia i risultati in modo aperto, in modo che le persone possano contribuire in modo creativo ad un disegno collettivo.

ZAMAGNI S., L’economia come se la persona contasse: verso una teoria economica relazionale, Università di Bologna – Working Paper AICCON n.32 – Maggio 2006;

RIZZIATO, E. NEMMO, Un quadro internazionale, europeo e italiano sulla responsabilità sociale delle organizzazioni: punti di arrivo e aspetti da sviluppare, Rapporto Tecnico Cnr-Ceris N 40 del Febbraio 2012.

NOTE

1 Oggi oggetto della normativa volontaria ISO26000

2 L. Gallino Finanzcapitalismo – La civiltà del lavoro in crisi, Einaudi 2011

3 Responsabile del Centro di psicologia Olivetti, ha interpretato la richiesta di Adriano Olivetti di “umanizzare il lavoro” portando le scienze umane in fabbrica. Ha sviluppato una psicologia del lavoro ispirata alle action science

4 Vedi E. Rizziato (2010) “Etica dello sviluppo organizzativo e senso del lavoro: verso un approccio europeo”, Francoangeli e F. Novara (2003) “Si può guarire l’organizzazione? Esperienze professionali, proposte teoriche e metodologiche”, Itinerari di impresa, Rubbettino

5 Vedi nota 4

6 Vedi “La formazione sviluppo per la creazione di comunità lavorative” working paper Ceris CNR n.3/2010 di E. Rizziato e “The Horizontal leadership book” di A. Bekman, Arleg Verlag

7 RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE)

A cura di: Erica Rizziato

Articolo pubblicato sulla rivista Leadership & Management – Novembre/Dicembre 2015

Profilo Autore

IRCrES- CNR – Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile del Consiglio Nazionale delle Ricerche

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