Francesco Novara e la Olivetti multidisciplinare

Demotivazione, stress, burn-out sono sintomi di patologie organizzative alle quali si cerca di far fronte per lo più con approcci inadeguati in quanti frutto di visioni riduttive della vita organizzativa.

Oggi sempre piu in ambito organizzativo si parla di approcci olistici, di multidisciplinarietà e transdisciplinarietà nel tentativo di superare le criticità portate da visioni frammentate economicisticorazionalistiche. Nelle prassi, però si riscontra ancora l’utilizzo di modelli formali di cambiamento che riducono la complessità della vita organizzativa mantenendo rigide le strutture gerarchiche mentre le rassegne condotte negli stati Uniti, nei paesi Bassi e in Inghilterra provano che i tre quarti di queste esperienze si arenano presto o deviano dai loro obiettivi. In queste esperienze il top management è distante e scarsamente interessato alla situazione di lavoro dei dipendenti e spesso i dirigenti HR non si preoccupano di conoscere bene da vicino le situazioni esistenti nell’organizzazione concentrandosi su aspetti di controllo e analisi costi-benefici come unico criterio di valutazione. A volte si vede il ricorso alla ricerca accademica, senza considerare che l’osservazione distaccata dei dati e la loro elaborazione teorica raramente produce conoscenze utilizzabili nel reale.

Serve un cambio di paradigma per chi voglia portare sviluppo in modo efficace. Serve andare oltre le tecniche, le semplificazioni, i modelli standardizzati. Guardando il nostro recente passato dobbiamo ricordare che l’Olivetti di Adriano è stata pioniera e visionaria, oltre che per l’innovazione di prodotto anche per la cultura organizzativa che ha generato. Adriano ha cercato di rispondere al malessere organizzativo chiedendo aiuto alle scienze umane, ritenendo la fabbrica un luogo di confronto necessario tra le scienze dell’uomo e i metodi degli ingegneri di organizzazione e gestione del lavoro. E’ noto che in Olivetti nascono la psicologia e sociologia del lavoro italiane, ma poco si sa invece della grande innovazione metodologica che li si è sperimentata, specie per quanto riguardo la gestione del cambiamento.

Francesco Novara, responsabile per 30 anni del centro di psicologia Olivetti, con il quale ho avuto l’onore e il piacere di collaborare per 8 anni in un progetto di ricerca sulla Motivazione lavorativa e l’innovazione organizzativa, ha portato in azienda la visione sistemico-complessa di Morain, rendendola prassi e metodo, collaborando così a realizzare quella comunità, che era la profonda ispirazione adrianea.

Per fare questo ha utilizzato un approccio multi e trans-disciplinare impiegando i metodi propri delle discipline economico- ingegneristiche e al tempo stesso quelli della psicologia clinica e sociale, della sociologia qualitativa, dell’antropologia culturale.

Per Morain organizzazione è “ciò che determina un sistema a partire da elementi differenti, e costituisce dunque una unità nello stesso tempo in cui costituisce una molteplicità….facendo emergere qualità che senza una tale organizzazione non esisterebbero”. Per Novara questa Unitas multiplex, che richiede di non dissolvere il molteplice nell’uno né l’uno nel molteplice è il tessuto di una fitta rete di interazioni e retroazioni dove convergono variabili di natura diversa (individuali e sociali, tecnologiche, finanziarie, amministrative, commerciali, giuridiche) che danno vita ad un ordine dinamico e si conoscono nei loro effetti interattivi, non isolandole o astraendole dal contesto per il quale esistono. Ed esistono per una finalità esterna all’organizzazione, per creare prodotti e servizi utili alla società.

Nelle varie trasformazioni aziendali il Centro di psicologia collaborava alle molteplici attività (selezione, formazione, gestione, sviluppo….) interessandosi alle condizioni di vita lavorativa alle quali si rivolgevano quelle attività in uno sforzo creativo e multiforme nei vari ambiti d’impresa integrando le mentalità professionali e le funzioni aziendali.

L’elemento integratore era il prodotto/servizio, con la costante attenzione allo sviluppo delle persone e di tutto il sistema. Ogni nuova proposta organizzativa prima di essere messa a regime era sperimentata con un primo gruppo di lavoratori e in tal modo verificata, integrata, modificata permettendo di definire obiettivi quantitativi e qualitativi realisticamente. I lavoratori avevano così il duplice ruolo di parti funzionali e controllabili del sistema e sperimentatori di questo. Con il sindacato, che era stato coinvolto nelle singole esperienze di cambiamento, furono siglati i primi accordi nel Paese per un quadro normativo delle iniziative di trasformazione del lavoro.

Action research ed action learning hanno fatto da sfondo metodologico. Un tale fondamento culturale permetteva all’impresa l’innovatività, quale impulso e capacità di progettare e realizzare rinnovamenti che “facendola utilmente presente nei mutamenti del mondo, attestavano e alimentavano la salute del suo organismo”.

Non sempre gli azionisti erano d’accordo con le scelte di Adriano e del centro di psicologia, ma la forte redditività di questo modo di fare impresa dava credibilità e possibilità d’azione.

La fine dell’Olivetti è stata dovuta alla dissoluzione di questa cultura d’impresa della quale però è importante mantenere viva la memoria e diffondere la conoscenza metodologica che ne era alla base, perché possa ispirare altre aziende e sostenere le loro trasformazioni e i consulenti del futuro perché possano allargare i loro orizzontai di intervento.

Francesco Novara ci lascia quindi in eredità un metodo per il cambiamento, avendo anticipato e sperimentato nella pratica cosa significa fare sviluppo sostenibile e responsabile con un approccio sistemico complesso.

L’esperienza così sviluppata in Olivetti ci insegna: la complessità del cambiamento chiede un approccio olistico e si può affrontare generando sperimentazioni che connettano progressivamente i vari elementi chiave della vita organizzativa prendendo il prodotto e il cliente come elementi integratori, in una prospettiva evolutiva di tutto il sistema. Quali competenze quindi per il consulente del futuro?

Il punto di partenza è sicuramente una giusta ispirazione: “L’organizzazione “sana” è quella che si dedica a obiettivi vitali per il proprio ambiente. Dal perseguimento condiviso di questi obiettivi discendono l’ordine delle relazioni funzionali, la sinergia delle competenze, il sistema delle reciproche responsabilità: il che genera una comunità di persone che lavorano al servizio della comunità sociale (Francesco Novara).”

A cura di: Erica Rizziato

Profilo Autore

IRCrES- CNR – Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Condividi sui Social Network:

Articoli simili