Le piattaforme per il lavoro digitale sono lo strumento per costruire un lavoro sostenibile a prova di futuro

Nel 2022 la disoccupazione in Italia è ai minimi storici e il numero degli occupati e l’export non è mai stato così alto. Allo stesso tempo però l’88% dei nuovi assunti sono stati uomini, solo il 10% delle aziende pratica lo SW[1], più del 22% della forza lavoro è indipendente[2].

Scarseggiano le grandi imprese e le competenze digitali, mentre aumenta il divario tra il Nord, che resiste, e il Sud Italia, in un quadro complessivo in cui salari e produttività del lavoro non crescono da 30 anni.

A questo si aggiunge che il 40.3 per cento di professionalità risultano di difficile reperimento[3], in un contesto in cui le nascite sono calate dal 2008 ad oggi da 580.000 a 385.000 e in cui i laureati sono appena il 21% della popolazione in età da lavoro.

Quello che emerge è il quadro complessivo di un mercato del lavoro in cui, nonostante una crescita quantitativa generale, anche favorita dagli investimenti del PNNR, la produttività e i salari non crescono[4] e in cui persistono resistenza all’innovazione, divari di genere, territoriali e contrattuali.

Si lavora di più, ma il lavoro non è spesso di qualità e non si distribuisce in modo equo e produttivo.

Vi sono poi esperienza di frontiera[5] che mostrano come tecnologia, cambiamento demografico e stili di vita delle nuove generazioni stanno cambiando il lavoro, orientandolo verso modelli collaborativi, flessibili e distribuiti tramite piattaforme di lavoro digitale. In particolare tramite questi strumenti è possibile:

  1. Frazionare il lavoro in obiettivi e progetti, verificando tempi e risultati, per poi ricomporlo in modo dinamico in posizioni contrattuali di lungo termine
  2. Evitare spostamenti inutili a lavoratori e lavoratrici
  3. Misurare il valore del lavoro tramite gli obiettivi raggiunti e non il tempo utilizzato
  4. Concentrare dati e servizi per generare valore sommando intelligenza umana e artificiale
  5. Aumentare la possibilità di collaborazione tra persone e organizzazioni a diverse latitudini
  6. Diffondere informazioni e conoscenza in modo sicuro e focalizzato
  7. Liberare i lavoratori da vincoli organizzativi favorendo scelte consapevoli e soddisfacenti

Per alzare la qualità del mercato e modernizzare il mercato del lavoro serve quindi intercettare per tempo le nuove tendenze del lavoro, in particolare la richiesta di maggiore autonomia e flessibilità, con tecnologia e nuovi servizi[6], utilizzando le potenzialità del modello di lavoro su piattaforma già apprezzate dalle nuove imprese e dai lavoratori nel settore tech.

Per farlo è necessario però anche correggere alcune distorsioni originarie del lavoro digitale[7], potenziando invece quelle forme di lavoro di qualità che generano una buona e continua contribuzione, collegando meglio territori e aree svantaggiate, equilibrando il rapporto fra insider e outsider ed evitando un eccessivo isolamento per i lavoratori autonomi.

L’obiettivo “pragmatico” di una maggiore diffusione e stabilizzazione del lavoro su piattaforma è innanzitutto di semplificare le attività in ambito HR, amministrativo e di coordinamento delle prestazioni, stimolando la diffusione della conoscenza e lo scambio di informazioni all’interno delle organizzazioni, tra le organizzazioni (in particolare PMI), tra territori, a favore dei lavoratori (in particolare autonomi) e verso gli enti di controllo[8].

L’obiettivo però più ambizioso è di sfruttare le potenzialità della tecnologia e del modello “a piattaforma” per far evolvere l’organizzazione, la struttura ed esperienza del lavoro, sia pubblico che privato, in modo da adattarla meglio alle nuove necessità economiche, sociali ed ambientali, favorendo una maggiore qualità dei servizi, produttività e bilanciamento vita-lavoro[9].

Se infatti la transizione al lavoro digitale, tramite piattaforme, ha motivazioni economiche importanti[10], sono ancora più importanti i potenziali vantaggi ambientali[11] e sociali[12]

Questo cambiamento, per diventare mainstream[13], ha necessità di supporto politico ed istituzionale, tramite gli opportuni investimenti ed interventi normativi[14], e di aziende e manager illuminati[15] che sappiano sperimentare e innovare, anticipando trend e fenomeni sociali.

Al cuore di questa transizione ci sono dei nuovi patti sociali partecipativi di produzione da stabilire con le parti sociali più interessate a rappresentare queste nuove forme di lavoro, che abilitino organizzazioni flessibili ed adattabili, all’interno di ecosistemi integrati, liberando creatività, competenza e autonomia delle persone. Le piattaforme sono gli strumenti di questa innovazione manageriale e gestionale, volta ad innalzare la produttività del lavoro, l’inclusione, l’attenzione ai temi sociali (es. natalità) e ambientali.

Vedere il nuovo, saperlo ascoltarlo e costruirlo prima degli altri con politiche di sistema, capacità tecnica e visione industriale è anche in questo caso l’elemento strategico più importante per costruire il futuro senza subirlo.

Note

[1] Contro il 20/30% di Francia e Germania e il 30/40% di UK/USA.

[2] Il dato più alto fra i paesi occidentali.

[3] nello stesso periodo del 2019, tale quota si attestava al 28.2 per cento. Nei primi mesi del 2023 il mismatch è salito al 47%.

[4] e quindi i contributi per pensioni e welfare.

[5] Oggi il lavoro su piattaforma interessa nel mondo un gruppo ancora limitato di innovatori intorno al 10% della forza lavoro( startup tech company, sviluppatori, freelance ), mentre in Italia si registra un ritardo, anche a causa di una incerta definizione giuridica di questi strumenti.

[6] Politiche attive digitali e altre forme supporto ai lavoratori in piattaforma

[7] in particolare quegli strumenti utilizzabili solo da autonomi e p.iva, con meccanismi che comportano gare al ribasso e impiegati solo per esternalizzare singoli task.

[8] In questo modo permettendo ad aziende e lavoratori di focalizzarsi maggiormente sulle attività ad alto valore aggiunto, sviluppando nuove capacità e competenze.

[9] Questo importante percorso di semplificazione e di sviluppo di nuove modalità di lavoro va in parallelo con lo sviluppo della componente di Ai, con la certificazione dell’identità digitale lavoratori ed aziende, con la corretta gestione dai dati e con la misurazione dello stress psicologico del lavoro su piattaforma.

[10] Produttività, innovazione, attrazione di talenti e investimenti, sviluppo di tecnologia.

[11] Ricerca Enea sui benefici ambientali del minore commuting).

[12] Articolo su Fortune che ipotizza una crescita della natalità per i lavoratori da remoto.

[13] Il settore delle Startup, delle aziende Tech e ICT a cui si rivolgono le piattaforme è in forte crescita e conta potenzialmente più di 2 milioni di addetti e più di 100.000 aziende. Questo settore necessità e necessiterà ancora di più nel prossimo futuro di strumenti, modalità di produzione e di regolazione dei rapporti di lavoro innovativi che favoriscano flessibilità operativa, rapidità di esecuzione, lavoro di qualità, formazione continua, politiche attive e inclusione.

[14] Oggi le piattaforme non hanno una chiara definizione giuridica assomigliando in parte alle agenzie per il lavoro, in parte ai raggruppamenti di imprese a rete, in parte alle filiera di appalti e in parte alle cooperative.

[15] Transizione ecologica e digitale hanno varie similitudini e sono in qualche modo intrecciate. vedi Luciano Floridi “Il verde e il blu”.

 

Articolo a cura di Nicolò Boggian

Profilo Autore

Laureato in Sociologia e con un Master in Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane, da un decennio mi occupo di gestire clienti privati e pubblici, offrendo servizi di consulenza HR e Strategia tramite la società Black Tie Professional. Sono Fondatore e Direttore di Associazioni no profit come il Forum della Meritocrazia.

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