Formazione sul lavoro: apprendimento incrementale e trasformativo

Ormai i manager di tutte le aziende concordano su un punto: l’apprendimento è indispensabile. Senza, si rischia di compromettere la carriera o peggio di far fallire un’azienda. La necessità di apprendimento oggi riguarda tutte le categorie di lavoro e tutti i livelli di responsabilità. Nessuno escluso.

La globalizzazione e l’internazionalizzazione dei mercati, sotto la spinta della digital transformation, ci obbligano a rivedere, aggiornandolo continuamente, il nostro modus operandi.

L’apprendimento, perciò, non va vissuto come un fenomeno richiesto da situazioni di crisi o da periodi storici particolari. E’ diventato uno stato permanente, e naturalmente, non sono soltanto le aziende e le organizzazioni a dover approfondire e adeguare le proprie conoscenze. Anche i singoli collaboratori sono ormai obbligati a farlo, individualmente e all’interno dei diversi processi di formazione previsti.

Anche nel nostro Paese si parla di lifelong learning, di formazione professionale e di training: ma gli investimenti sono piuttosto ridotti – sotto la media europea – e destinati soprattutto a prevenzione, sicurezza e ambiente, ambiti importanti ma non fondamentali per il core business.

La resistenza all’apprendimento

D’altra parte, l’apprendimento sul lavoro non è una cosa semplice da attuare. Le persone coinvolte hanno sempre un atteggiamento ambivalente se non addirittura resistente.

Ognuno di noi desidera imparare cose nuove; ma abbiamo anche paura che quello che apprendiamo non ci piaccia, che possa costare troppa fatica e che saremo costretti a rinunciare alle nostre care vecchie idee.

Inoltre, c’è sempre un po’ di vergogna a imparare qualcosa di nuovo da adulti. Si teme di non essere all’altezza del compito (in molti casi sono passati anni dal periodo in cui si è frequentato la scuola).

La verità è che nulla di veramente nuovo e importante viene appreso con facilità perché, se è veramente nuovo e importante, comporta un cambiamento nelle proprie idee e nel proprio lavoro: e ogni cambiamento, come noto, produce stress e reazioni negative. In parte inconsapevoli, perché viene interpretato come destabilizzazione di comportamenti abituali e consolidati in grado di minacciare il proprio ruolo, la certezza retributiva, le relazioni familiari, professionali e sociali.

C’è poi un’ulteriore considerazione da fare che discende dalle valutazioni sopra esposte. L’apprendimento spesso viene visto dal punto di vista organizzativo come una attività che si realizza oltre il lavoro e che, quindi, può rallentarne la produttività.

È necessario, quindi, che le aziende e i manager imparino a riconoscere i sintomi delle resistenze, spesso riconducibili a componenti soggettive ed emozionali, oltre che al contesto situazionale, e intervengano per risolverli.

Apprendimento incrementale e trasformativo

Bisogna anzitutto riconoscere che l’apprendimento è esso stesso un lavoro e che esistono due tipi di apprendimento, uno incrementale e l’altro trasformativo. Il primo si basa su ciò che già sappiamo e facciamo. D’altra parte, non passa giorno che ampliamo le nostre conoscenze e perfezioniamo le nostre capacità in modo da rafforzare la nostra identità professionale e i nostri processi lavorativi. Anche con minime variazioni ma importanti, se pure sempre nell’alveo del già conosciuto.

L’apprendimento incrementale è un’esperienza preziosa perché affina le competenze e l’attenzione che dedichiamo ai problemi. Ma non è sufficiente. L’apprendimento incrementale non modifica il modo in cui vediamo il mondo e noi stessi. Grazie ad esso tendiamo ad allineare le nostre abitudini alle norme stabilite, ci conformiamo ai principi già in vigore, rafforziamo la struttura esistente.

In questa fase sono fondamentali gli esperti che definiscono i modelli concettuali, guidano nelle esercitazioni, correggono se vi sono deviazioni. Quello che prevale è lo studio del passato attraverso il confronto con il mercato (best practice) o il benchmarking aziendale. In altri termini, portiamo nel futuro le idee già delineate con l’intento di colmare le lacune che possiamo individuare nell’ambito delle nostre competenze.

Quello di cui si sente il bisogno – soprattutto in questa epoca – è l’apprendimento trasformativo, che cambi le nostre prospettive, le nostre relazioni, che getti le basi per una crescita personale accompagnata a salti innovativi inseriti nell’ambito della evoluzione del mondo che ci circonda.

Varie voci

Apprendimento incrementale

Apprendimento trasformativo

Valore personale Conoscenza e abilità Scopo e presenza
Valore organizzativo Allineamento della preparazione Innovazione e responsabilizzazione
Spazio per l’apprendimento Campo di addestramento Campo di ”gioco”
Fonte di apprendimento Esperti (modelli esistenti) Esperienza (sperimentazione)
Lavoro richiesto Pratica deliberata Impegno riflessivo
Indicatore di progresso Avvicinarsi sempre più all’ideale (colmare il gap) Ridefinire gli ideali (fare spazio)
Scopo del processo Nuova azione (un modo migliore di fare le cose) Nuovo significato (un obiettivo migliore)
Ruolo degli esperti Pratica di messa a fuoco Interpretazione, sollecitazione e stimolo
Risultato Effetto migliorativo sulla struttura del potere e della cultura

Sovversione, trasformazione e cambiamento della struttura del potere e della cultura

Naturalmente, entrambi i tipi di apprendimento sono necessari: se il primo ci aiuta a rendere più fluido e razionale il lavoro di ogni giorno, il secondo è l’unico a garantirci una crescita e uno sviluppo indispensabili, proponendoci prospettive nuove sia a livello personale che aziendale.

Intelligenza neotenica

Gli esseri umani continuano ad apprendere per tutto il ciclo della loro vita, contrariamente ai primati. Nell’uomo esiste la cosiddetta intelligenza neotenica, cioè la capacità, in ogni età della vita, di rispondere agli stimoli ambientali in modo creativo, raccogliendo ed elaborando i dati dell’esperienza in modo da ottenere un risultato che agisca sull’ambiente in modo originale.

Il processo neotenico implica una dilatazione delle fasi di apprendimento, ma il vantaggio evolutivo legato a questo stato può trovare realizzazione solo se l’ambiente tutela e attiva queste qualità: per farlo, è necessario un ambiente sufficientemente libero e disponibile.

Il tipo di spazio di cui abbiamo bisogno per l’apprendimento e il modo in cui sfruttarlo al meglio dipende dal tipo di apprendimento che stiamo cercando. Per l’apprendimento incrementale, abbiamo bisogno di un ambiente controllato, un campo di addestramento che consenta di lavorare, provare, riprovare, dare e ottenere feedback, verificare, senza distrazioni.

In questo ambito, non ci chiediamo perché abbiamo avuto una certa esperienza, quali sono i nostri ideali, chi siamo, cosa vogliamo realmente per noi e per il futuro dell’azienda. Anzi, porsi queste domande potrebbe apparire pericoloso se non addirittura sovversivo.

Come vediamo nella tabella sopra riportata – realizzata da Gianpiero Petriglieri [1] – l’apprendimento trasformativo si fonda, invece, su un atteggiamento di impegno riflessivo. Non solo sono permesse le riflessioni di cui abbiamo parlato sopra, ma sono benvenute e ci si aspetta effettivamente che si accantonino le idee precostituite degli esperti mettendo al centro l’esperienza personale di ognuno, senza paura di cercare in qualche modo di sovvertire l’ordine delle cose.

Ecco perché si parla di “campo da gioco”, nel senso che chi vi partecipa ha una cornice chiara per iniziare l’esplorazione ma al contempo ampie possibilità di praticarla nei modi che vuole, senza alcun limite o regola. Non ci sono prescrizioni, indicazioni, ma solo inviti a lavorare sull’innovazione partendo dall’esperienza nel presente (non da modelli precostituiti).

D’altra parte, questo è ciò che è necessario fare quando il passato sta diventando un ostacolo e il futuro non è ancora chiaro. Gli esperti in questa fase continueranno ad affiancare i collaboratori ma con un ruolo di supporto e di stimolo, incoraggeranno il loro impegno e guideranno delicatamente la loro riflessione e la loro sperimentazione.

L’unico ingrediente indispensabile per il successo negli sforzi di apprendimento trasformativo è la fiducia. Se le persone di un’organizzazione non si fidano dei loro leader, accetteranno a fatica un tipo di proposta del genere. Metteranno in discussione il motivo di tale scelta, punteranno i piedi o, peggio, cercheranno di opporvisi.

È fondamentale, quindi, che i leader promuovano una cultura della fiducia prima, durante e dopo lo sforzo che si richiede con questo tipo di apprendimento, se vogliono avere qualche possibilità di successo.

Note

[1] https://youtu.be/ellIRUe2mpU

 

Articolo a cura di Ugo Perugini

Profilo Autore

Ugo Perugini. Giornalista, blogger, collaboratore di “Vendere di più”- https://www.venderedipiu.it/, “Az Franchising” - https://azfranchising.com/az-franchising-magazine/ -, DM&C - http://www.dmcmagazine.it ; HR on line - www.aidp.it/riviste/indice-hronline.php. In passato, ha collaborato con “Beesness”- www.beesness.it ; Together HR, blog di Sky Lab http://www.togetherhr.com/bloghr-blog-risorse-umane/- “Senza Filtro” https://www.informazionesenzafiltro.it e altre pubbllicazioni
Il blog che cura è https://capoversonewleader.wordpress.com/

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