Affidarsi ad un Temporary Manager, l’approccio corretto dell’imprenditore e dell’azienda

Le imprese che si approcciano al temporary management per la prima volta, magari in preda al bisogno di risolvere urgentemente situazioni critiche (siano esse positive o negative), spesso si fanno “ingolosire” principalmente da due elementi, sicuramente vincenti, del temporary management: essere un costo certo e non appesantire la struttura dei costi fissi di lungo periodo.

Il temporary management, tuttavia, è uno strumento che va considerato e utilizzato comunque con intelligenza e preparazione, per ottenere il massimo dalla operatività in azienda del TM.

L’obiettivo di questo articolo è proprio quello di offrire, alle imprese ed ai loro titolari, alcuni consigli pratici sull’utilizzo corretto del Temporary Management (cogliendo anche l’occasione per sfatare alcuni luoghi comuni) nonché di esporre una lista di suggerimenti pratici, da utilizzare come elemento di raffronto per capire se la direzione presa è quella giusta.

Richiamiamo alla mente ancora una volta i dati di fatto che connotano l’imprenditoria italiana attuale: il 98% delle aziende italiane ha meno di 49 dipendenti; solo lo 0,1% ne ha più di 250. Il tessuto industriale italiano è composto quasi totalmente di PMI, spesso padronali ed a carattere famigliare. In questo contesto il manager ambito dall’imprenditore è per lo più uno yesman, con scarso peso politico in azienda, a cui difficilmente permettere di contrapporsi, seppur costruttivamente, al titolare o a cui raramente delegare forti poteri in azienda.

Non tutti gli imprenditori, quindi, saranno in grado di assumere con successo un Temporary Manager nella propria azienda; molto dipenderà, infatti, dall’imprenditore stesso, dalla sua capacità di dare spazio e deleghe al Temporary Manager, dall’essere di spirito aperto, innovatore e moderno, pronto ad avere in azienda un manager migliore di se stesso, sia pure in alcuni ruoli o settori specifici dell’attività.

Infatti, nei casi più gravi, ove l’imprenditore abbia perso la sua credibilità nei confronti del sistema bancario o verso i suoi dipendenti e/o fornitori, un approccio molto interessante è quello “dell’azionista di maggioranza”, dove sostanzialmente l’imprenditore si “smarca” dall’attività aziendale, lasciando il posto – nella discontinuità più spinta – al manager che gli gestisca l’azienda, con attività reportistica settimanale o mensile.

Deve trattarsi in buona sostanza, di una Win-Win situation ed entrambi devono fare la loro parte.

Non ci possiamo nascondere, infatti, che, finora, quanto appena detto circa questa specie di “orgoglio e pregiudizio” tipici dell’imprenditore è stato sicuramente il principale ostacolo allo sviluppo e alla diffusione del temporary management in Italia, unitamente alla sua diffidenza nell’aprire lo scrigno dei vari “segreti aziendali” (e, spesso, anche famigliari) a un manager esterno che rimarrà pochi mesi o anni, non essendo né divenendo – tornando al punto precedente, appunto – un “proprio uomo”.

Requisito indispensabile per svolgere il proprio lavoro è, anzitutto, che il manager disponga di tutte le leve operative necessarie alla messa in atto del piano concordato e al raggiungimento dei relativi obiettivi, attraverso il riconoscimento reale delle deleghe e dei poteri funzionali alla realizzazione del progetto.

Pensare di inserire un manager senior per governare e risolvere problematiche di gestione senza però fornirlo delle adeguate deleghe operative, significherebbe dotarsi di un’arma spuntata, inefficace e, alla lunga, demotivata.

Ecco un suggerimento rivolto a tutte le imprese, ma soprattutto alle PMI dove, di fatto, è più frequente incorrere in casi di resistenza interna all’azienda verso il manager esterno per via della difficoltà (di natura essenzialmente psicologica) dell’imprenditore a dare piena delega al manager. Mentre nelle grandi aziende è preponderante l’aspetto tecnico dell’incarico su quello relazionale, nelle PMI le componenti soft sono decisamente più significative: l’imprenditore non accetta facilmente di vedersi calare dall’alto una strategia. Bisogna piuttosto conoscere i meccanismi che stanno alla base di queste realtà produttive e capire il ruolo del “capitano d’azienda” nel suo contesto. Si può riconoscere che il piccolo imprenditore abbia dunque difficoltà a delegare a un manager “di passaggio” scelte strategiche, fino ad allora sua prerogativa: significherebbe accettare un ridimensionamento o una specializzazione di ruolo proprio colui che, nella maggior parte dei casi, ha creato un’impresa dal nulla ed ha affrontato tutte le difficoltà iniziali “da solo”.

L’impegno del manager è, dunque, quello di lavorare preliminarmente sull’imprenditore per individuare il legame che intercorre tra i suoi tratti personali e la sua impresa, così da consentire una condivisione e accettazione dei reciproci ruoli, valori e motivazioni: resta questo il presupposto di fondo per il successo della missione.

Dal canto suo, l’imprenditore deve essere abile a riconoscere che gli scenari sono cambiati e che le sue capacità e competenze potrebbero non essere più sufficienti per gestire processi complessi nei tempi ristretti imposti dalle dinamiche del mercato; questo aspetto psicologico di riconoscimento del bisogno di aiuto manageriale è assolutamente basilare per l’approccio corretto dell’imprenditore!

Deve trattarsi quindi di una personalità lungimirante ed innovativa… in una sola parola: un “illuminato”. Dev’essere capace di riporre piena fiducia nel manager e nei benefici che l’impresa può trarre dal suo inserimento; dev’essere consapevole del fine dell’inserimento stesso come propedeutico a risolvere uno specifico problema temporaneo; e dev’essere anche libero di decidere se riassumerlo – sempre a tempo – per ogni futura ulteriore necessità.

Un altro suggerimento rivolto alle imprese potrebbe essere quello di non dimenticare mai la temporaneità dell’incarico assegnato al Temporary Manager. Può capitare, infatti, che quando l’incarico abbia una durata fissata tra i 18 ed i 36 mesi, l’azienda “dimentichi” la precarietà dell’incarico, al punto da considerare il Temporary Manager come un membro permanente della struttura, tanto da affidargli incarichi collaterali, anche relativi a problematiche di lungo termine. In questi casi, alla luce dei nuovi incarichi, è opportuno rimodellare tempestivamente i piani e gli obbiettivi definiti a monte, per evitare un’indiretta de-focalizzazione dal progetto iniziale.

A questi primi due “doveri” dell’impresa, si può aggiungere quello di dare piena trasparenza, tanto alla temporaneità del rapporto, quanto alla finalità dei poteri e delle deleghe di cui disponga il manager.

La conoscenza della temporaneità del rapporto è fondamentale per il sistema degli equilibri interni: il management dell’azienda gradisce maggiormente il contributo del Temporary Manager nella consapevolezza che non è assunto in pianta stabile; inoltre la consapevolezza di dover raggiungere un obiettivo comune entro un tempo determinato coinvolge maggiormente l’intera struttura aziendale.

Tuttavia, la semplice conoscenza del fattore temporaneità può non essere sufficiente, anzi potrebbe indurre, il personale interno all’azienda, a uno scarso riconoscimento della leadership e dell’autorevolezza del Temporary Manager che, per quanto possa essere umanamente comprensibile, non è tollerabile poiché andrebbe a vanificare parte del lavoro del manager stesso. È importante, pertanto, che vengano rese ben chiare la pienezza e legittimità dei poteri del manager (anche di licenziare), affinché la probabilità di eventuali resistenze interne si riduca considerevolmente.

Qui il ruolo della proprietà è decisivo: deve far sì che la compagine aziendale riconosca il manager e la sua leadership, anche attraverso semplici comportamenti e atteggiamenti apparentemente non rilevanti, come banali riconoscimenti di status (ad esempio, una particolare collocazione dell’ufficio).

Per far sì che tra manager e personale interno corra buon sangue è inoltre necessario che la proprietà abbia espressamente comunicato a quest’ultimo che la soluzione temporary management non implica nessuna sfiducia nei suoi confronti, ma che costituisce solo una scelta tattica e strategica; non scende in competizione con la carriera di nessuno perché, di fatto, non ha obbiettivi di carriera.

Il Temporary Manager ha, ribadiamo, non solo il compito di attuare il cambiamento necessario che giustifica il suo intervento, ma ha anche quello di mettere l’azienda in condizioni di continuare autonomamente al termine dell’intervento. Pertanto, il Temporary Manager deve occuparsi sin dall’inizio (generalmente nei primi tre mesi) dell’individuazione del suo successore e compiere un attento e costante monitoraggio della sua crescita (coaching), facendo sì che la transizione possa avvenire in modo progressivo. Dal canto suo l’azienda dovrà maturare la consapevolezza di potercela fare da sola e proseguire in autonomia sulla strada tracciata, di essere messa in grado di perseguire le iniziative intraprese e di perfezionare i cambiamenti che il Temporary Manager ha innestato.

Le seguenti “Pillole in ordine alfabetico sul passaggio generazionale ideale, costituiscono un prontuario tarato specificatamente per i Temporary Manager, ma sono molto interessanti anche gli imprenditori, per capire e meglio giudicare chi scegliere e come ottenere il massimo dal manager prescelto.

A – come Ascoltare il cliente e le Sue reali esigenze

Occorre che tu sappia ascoltare il cliente per interpretarne le reali esigenze e “motivazioni” (anche quelle meno esplicite), in modo da aiutare la famiglia a comprendere meglio i propri bisogni, trovando la miglior soluzione al problema.

B – come Bisogna saper sporcarsi le mani

Non temere di esporti in prima persona nell’affrontare realtà complicate e rischiose che ti mettono di fronte a decisioni difficili e spesso impopolari.

Mettere in discussione abitudini consolidate, capovolgere gli schemi, punire comportamenti sconvenienti, compresi quelli dei figli, sono solo alcuni esempi di ciò che occorre, così come il prendere decisioni nei momenti giusti, con la giusta comunicazione e tenendosi preparati a tutte le possibili reazioni con l’aria sicura e rilassata di chi è padrone della situazione.

C – come Comunicare, comunicare, comunicare! Comunica in modo semplice, chiaro, concreto e trasparente. Evita sermoni e discorsi solenni: rimani modesto, non abusare della tua esperienza passata.

Trova il giusto equilibrio tra rassicurazioni ed interrogativi ma, soprattutto, dì sempre la verità, per quanto possa spesso essere spiacevole o possa toccare le corde più delicate dell’ego di chi hai di fronte. Comunica usando sempre il “noi”, l’azienda deve sentirti come integrato e “committed”, devi diventare uno di loro, senza diventarlo…

D – come Dare l’esempio

È requisito base della professionalità del Temporary Manager al pari delle altre capacità classiche, come decidere, motivare e programmare.

Significa adottare e mantenere un comportamento coerente a uno stile positivo e pro-attivo scelto consapevolmente: impégnati, dà fiducia, mantieni la parola data, usa frasi precise, fà esattamente ciò che chiedi agli altri di fare.

E – come Eliminare gli ostacoli

Elimina, senza tergiversare, gli elementi che esercitano un blocco al piano di intervento. Scegli il tuo team ed i tuoi punti di riferimento chiarendo rapidamente chi è “in” e chi è “out”, investi sugli “in”, perché gli “out”, sentendosi fuori dai giochi, rientreranno da soli nei ranghi ed all’interno del progetto.

F – come Far succedere le cose (e festeggiarle…)

Devi essere abile e tempestivo nel gestire e prevenire gli eventi, facendo sì che accadano in sequenze convenienti, in base al tempo, alle risorse disponibili e al livello di qualità atteso. L’obiettivo è di realizzare, presto e meglio, ciò che altrimenti verrebbe sviluppato in modo più improvvisato, se non addirittura casuale (le cose accadrebbero lo stesso, ma imprevedibilmente quanto a successione, tempi e costi).

Spesso le aziende sono “bloccate” sulle paure dell’imprenditore, l’incapacità di prendere decisioni; quindi iniziando a prenderne, legittimi la tua presenza e crei proseliti preziosi in azienda per il prosieguo positivo della missione.

Non dimenticarti poi di festeggiare gli eventi assieme all’azienda e premiando i collaboratori più validi, così da creare e cementare il gruppo, convincere gli eventuali scettici e confortare la proprietà col ritrovato entusiasmo.

G – come Guardare al futuro

Guardare al futuro con ottimismo, e senza cercare i colpevoli del passato, ti permette di instaurare un clima organizzativo stimolante, di ritrovata motivazione e fiducia. Il passato è importante, ma il presente e il futuro lo sono ancora di più. Lapalissiano per te che, del resto, sei appena arrivato, ma non per l’azienda, che è ancora prigioniera del passato e non sa ancora quanto riuscirai a fare per loro.

H – come Hai tutti gli occhi puntati su di te!

Le tue azioni, i tuoi discorsi e le tue mosse sono costantemente monitorati. Vieni ascoltato quando parli ed osservato quando ti muovi e quando interagisci con le persone. Devi essere umano per dare un’atmosfera rilassata e trasmettere fiducia, ma allo stesso tempo devi saper controllare i tuoi comportamenti come se fossi un robot (l’esercizio lo farà diventare umano, ossia parte di te).

I – come Informazione

Gestisci bene l’informazione sulla tua entrata in azienda e sul tuo ruolo a tempo in azienda, non solo rispetto ai dipendenti, ma anche ai fornitori principali, in modo che sia chiaro a tutti il carattere e gli obbiettivi principali della missione; non avrai tempo per spiegarlo dopo e il non averlo fatto ti espone a fraintendimenti o commenti, che danneggeranno la qualità e le performance della tua missione.

J – come Junior

Fai diventare il junior un senior, dagli forza e fiducia facendogli toccare tutti i gangli e reparti dell’azienda, come ha fatto il fondatore, mentre la costruiva.

K – come Know-how (in evoluzione) da vendere

Investi costantemente sulla tua formazione ed aggiornamento: ti consentirà di migliorare il tuo valore di prodotto e, pertanto, di salvaguardare la tua rivendibilità personale. Tu vendi Know-how, non puoi assolutamente permetterti di cedere all’obsolescenza.

L – come Leadership supportiva

Ci sono tre tipologie di leader. Quelli che ti dicono cosa fare (leadership autocratica). Quelli che ti lasciano fare ciò che vuoi (leadership permissiva). E i leader che vengono da te, ti aiutano a scoprire cosa fare e ti aiutano a farlo, fianco a fianco. Tu devi essere quasi sempre uno di questi, per cedere know how e lasciare il tuo sapere in azienda. Fanno ovviamente eccezione le missioni “salva azienda”, dove la priorità e l’urgenza dei risultati scavalcano, nel breve periodo, l’importanza della parte formativa e richiedono ordini chiari e precisi, non negoziabili.

L2 – come Leggi e legislazione economica

Conoscere bene le leggi che regolano le transazioni economiche nazionali e internazionali, conoscere i termini della protezione di brevetti e proprietà intellettuale, avere chiari gli aspetti legali e sindacali inerenti al mercato del lavoro, ma anche, nel caso specifico, quelli inerenti le successioni, sono elementi imprescindibili di un buon TM.

Non si può essere aggiornati su tutto, ovviamente, ma un infarinatura generale – che serva a decidere se avvalersi di avvocati o meno, come proteggere il proprio business, brevetto o brand, o come gestire conflittualità aziendali – non può mancare nel bagaglio del TM che ambisca a direzioni generali o a far parte del C.d.A..

M – come Mai fare promesse vane!

Di’ le cose come stanno, di’ ciò che si farà e fa’ ciò che si è detto.

Non promettere mai cose che non intendi realmente fare. Piuttosto, meglio tacere. Allo stesso tempo e man mano che la missione prende corpo, esterna e condividi all’imprenditore le tue prime idee e valutazioni, solo a livello di sensazioni, questo ti permetterà di ottenere un prezioso feedback, su ciò che anche per lui risulterà prioritario e importante.

M2 – come Mamma

Non dimenticare di incontrare e sentire anche il parere della Mamma, anche se non lavora più in azienda: è possibile che la “conduca” ancora da remoto…

N – come Nulla sarà più come prima

In molti casi, quelli più complessi, verrai chiamato per trasformare l’“inferno” in “paradiso”. È importante capire che c’è un sacco di “sporco” da pulire e che è necessario avviare la pulizia sin dal momento del tuo arrivo. I problemi non sono come il vino, che diventa migliore con il passare del tempo, anzi! Devi affrontarli tempestivamente, per evitare che si aggravino; ed agendo alla fonte, per evitare che si ripresentino.

O – come Obiettività Sii obbiettivo, mantieni il tuo ruolo e conserva la tua indipendenza tenendoti al di sopra delle parti. Fai passare chiaramente e senza compromessi il messaggio che non agisci a livello “personale”, ma solo per il bene e il futuro dell’impresa.

P – come Psicologo

Il Temporary Manager deve affinare le proprie doti di psicologia, empatia, gestione delle persone; saranno utilissime a guidare gli inevitabili conflitti e situazioni critiche; saranno indispensabili nella prima fase della missione che è in assoluto la più delicata, dove si creano molte barriere al successo da parte di diversi attori all’interno dell’azienda, dove bisogna guadagnare la fiducia dell’imprenditore e della famiglia. Ma opera tutto ciò con tatto ed attenzione, ove possibile; decisione e forza ove necessario.

Q – come Quando l’unione fa la forza

Crea con l’imprenditore di PMI (e la sua Famiglia) o con il C.d.A. o il gruppo dei dirigenti nelle aziende di grande dimensione, un rapporto privilegiato in cui non ci sia posto per i segreti. Il Temporary Manager non deve essere un alter ego né un antagonista dell’imprenditore, bensì un’entità complementare. Le due personalità/professionalità devono fare squadra.

Se ci sono più soci in azienda, tutti quelli operativi (ossia con funzioni aziendali) devono controfirmare la tua entrata in azienda e dichiarare il massimo appoggio, perché, se anche uno solo remasse contro, la missione avrà pochissime possibilità di riuscita! (Tutto ciò non vale, o vale molto meno, per i soci finanziatori o non operativi in azienda).

R – come Rendersi inutile il più presto possibile

La differenza tra te che sei un ad interim e chi è un permanent non sta solo nel tipo di contratto, ma nelle finalità. Gli interim sono realizzatori di progetti di cambiamento, con l’obiettivo di rendersi inutili il più in fretta possibile. Se ci riesci significa che hai lavorato bene, il cliente sarà soddisfatto e probabilmente ti richiamerà per altri progetti e altre missioni, creando referenze positive sui colleghi imprenditori.

R2 – come Responsabilità

Solo se hai un alto grado di responsabilità personale, etica professionale e senso del dovere, sarai in grado di prendere decisioni importanti e spesso drammatiche per chi dovrà subirle (come licenziamenti, ridimensionamenti economici, gestione di difficili rapporti con i figli non prescelti ecc.), allo stesso tempo il tuo grado di responsabilità avrà a che fare anche con il dare la giusta importanza e voce a tutti i componenti della famiglia, nell’ interesse di tutti.

S – come Sesso (sul lavoro)

Entrando in azienda, (dove in Italia si calcola si consumino il 70% dei tradimenti coniugali) magari anche con il ruolo e il “fascino indotto” del salvatore o dello “psicologo famigliare”, non è difficile entrare nel mirino di impiegate, donne manager o, ancora peggio, di figlie interessate, oltre che all’uomo, al suo incarico ed a possibili crescite professionali proprio in quel momento di cambiamento. La cosa va ovviamente deplorata, non solo sul piano etico-professionale, ma anche su quello utilitaristico rispetto alla propria missione. Infatti laddove venisse alla luce, si perderebbe in credibilità, integrità e garanzia di equilibrio rispetto alle scelte da fare, magari proprio sui tagli o meno del personale, mettendo così a rischio la missione stessa.

Un altro scenario pericoloso, anche se solo in aziende importanti e con interessi in gioco molto alti, è dato quando uno dei soci/figli o una parte del C.d.A. sia interessato a sapere in anticipo certe decisioni o a cercare di spingerne altre, usando “fonti” femminili o fino ad arrivare a veri e propri ricatti di natura sessuale sul manager.

Per parità di genere, desidero specificare che ho usato un esempio al maschile, non solo perché le TM donne in Italia purtroppo sono pochissime, ma anche perché l’uomo è forse più ricattabile da questo punto di vista; ma l’avvertimento del rischio vale, comunque e ovviamente, per tutti i generi.

T – come Trovare il modo di stupire

Devi pensare “out of the box” (fuori dal comune), sconvolgere le convenzioni, capovolgere gli schemi, saper sorprendere. Poni attenzione ai dettagli che possono fare la differenza. Sii dinamico, reattivo, imprevedibile; usa presentazioni che stupiscano e di grande impatto laddove servano cambi di rotta e cambiamenti profondi; usa slides con immagini forti e chiare, a corroborare i testi, dando enfasi al messaggio che vuoi far passare. In Italia, e nelle PMI in particolare, questi tools sono ancora poco usati e possono aiutarti ad ottenere grandi risultati.

U – come Un sorriso per abbattere ogni resistenza

Un sorriso può fare cose magiche: trasmette ottimismo, fiducia, infonde sicurezza. Anche quando sei chiamato a prendere decisioni molto importanti e, soprattutto impopolari, rimani rilassato e continua a sorridere. Dimostrerai di avere pieno controllo della situazione, di essere sempre aperto e disponibile agli altri e di perseguire gli obiettivi prefissati con sicurezza ed entusiasmo.

V – come Vision

Una caratteristica fondamentale che devi avere è quella della visione in avanti, in proiezione, pur senza avere tutti gli elementi, devi poter immaginare tutte le implicazioni, positive e negative del cambiamento/passaggio generazionale che stai conducendo, calcolandone costi e benefici, considerando le capacità non solo tue, ma anche del team o dei figli a disposizione. Se sei un buon giocatore di scacchi sarai facilitato dalla peculiarità del gioco che fa delle capacità di visione e proiezione delle mosse la sua forza, è l’unico gioco dove la “fortuna” non esiste, questo ti permetterà di non confidare nel caso: l’imprenditore può farlo, tu no!

W – come Win-Win situation

Se vinci tu, vince anche l’azienda. Il successo dell’azienda è una vittoria anche per te. Siete una squadra che può vincere o può perdere, ma pur sempre una squadra: si vince insieme, si perde insieme; fallo capire a tutti, da subito, anche perché talvolta, per l’azienda, tu puoi essere la loro ultima occasione…

X – come X- ray

Per realizzare un intervento con successo è indispensabile che, a monte del tuo intervento, tu abbia ben capito la situazione di partenza dell’azienda, ti sia fatto un’idea di come funzioni e di come potrebbe funzionare dopo il tuo passaggio. Sottoponi l’azienda ai tuoi raggi X: conoscine storia, contesto organizzativo, dinamiche, persone e strutture.

Y – come You are alone

Il Temporary Manager deve essere un buon comunicatore, risolvere problemi, ma, se è un vero leader, deve anche sapere di essere solo. Devi saper distinguere le informazioni ufficiali da quelle ufficiose, saper individuare le cordate e lobby che possano crearti opposizione, distinguere gli estimatori dai detrattori, scoprire chi sono gli opinion leader, riconoscere le coalizioni interne e gli alleati possibili.

Z – come Zorro del management

Agisci, lascia il tuo marchio e poi sparisci. Prendi decisioni e compi azioni emblematiche della finalità per cui sei stato chiamato; lascia il segno del tuo passaggio, l’impronta del cambiamento, incidendo sul modo di lavorare dell’azienda, innovandolo; e poi, và via quando l’azienda è in grado di proseguire il cammino con le proprie gambe.

 

Video intervista: https://vimeo.com/258244978

Link utile: http://www.passaggiogenerazionale.info/metodo-4p/

Fonte: “Come gestire il passaggio generazionale nelle PMI italiane” di Gian Andrea Oberegelsbacher & Leading Network, Wolters Kluwer Italia (Ipsoa) 2017

 

A cura di: Gian Andrea Oberegelsbacher

Profilo Autore

Gian Andrea Oberegelsbacher, nato a Verona nel 1964, dal 2005 nella veste di Executive Temporary Manager, può contare su 25 anni di esperienza a livello direttivo, in multinazionali statunitensi e tedesche, come Gore-Tex® e Quelle Schikedanz Group; è stato Amministratore Delegato di Air Machine e di Zippo Fashion Italia. Manager dal taglio operativo, esperto nel "far succedere le cose", nella gestione del cambiamento, in start-up di nuovi business ed in M&A, in implementazione strategica di business esistenti e in ottimizzazione, riorganizzazione e rilancio aziendale, anche in veste di Consigliere indipendente nei C.d.A. in situazioni delicate, conflittuali o con passaggi generazionali in fieri. Dal 2010 è Vice-presidente di Leading Network, dal 2003 al 2005 è stato Consigliere di A.I.M.P.E.S. (Associazione Italiana dei Produttori di Pelletteria e Succedanei); è socio fondatore di Studio Temporary Manager e di Leading Business School.

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