Chi è, come lavora un Temporary Manager

Sebbene debba essere di alto profilo, non possiamo confondere il Temporary Manager ed un dirigente con contratto a tempo determinato. Ciò che caratterizza in maniera esplicita il suo intervento sono le finalità e la focalizzazione della propria azione che, per il secondo, cioè per il dirigente con contratto a tempo determinato, si concentreranno sulla continuità aziendale, oltre che su difesa e sviluppo del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione. Il Temporary Manager, al contrario, sarà concentrato nel realizzare il progetto di cambiamento e nel preparare la struttura aziendale alla propria uscita. Proprio per questa ragione è nel fattore tempo che va individuato il vero “distinguo” e, in particolare, nell’atteggiamento psicologico che accompagna e caratterizza ogni singola azione di questi due profili. Così, tanto più il Temporary Manager sarà efficace nello svolgimento dell’incarico che gli viene affidato, quanto prima la sua presenza non sarà più necessaria, perché egli si pone sempre come fine ultimo il conseguimento dell’obbiettivo oggetto del suo incarico, non il prolungamento della sua presenza in azienda. Un atteggiamento mentale decisamente speciale… «lavorare per rendersi inutile il più presto possibile».

Si tratta, quindi, di un professionista poco incline a legarsi alle situazioni o alle persone, senza nulla togliere all’efficacia del suo operato. Bensì, proprio perché non può, né desidera contare su una permanenza a tempo indeterminato all’interno della struttura, dovrà agire bene e in tempi rapidi, senza mettere tra le sue priorità il ricoprire certe posizioni quanto, piuttosto, trovare soluzioni concrete ai problemi che deve risolvere.

Questo genere di distacco gli consente inoltre di conservare una preziosa indipendenza di giudizio, da cui poi egli trae la capacità di ascoltare le opinioni e i pareri delle risorse umane già presenti in azienda, senza però essere influenzato da visioni aziendali consolidate che, invece, il più delle volte è chiamato a modificare.

Per poter assumere il ruolo di attore del cambiamento, oltre alle competenze professionali ed alla vasta esperienza, deve possedere quei tratti caratteriali che gli consentano di sviluppare la propria leadership in maniera tanto autorevole da coinvolgere la proprietà, il management e il personale nelle nuove visioni aziendali che il cambiamento rende indispensabili.

Il Temporary Manager è un professionista alla ricerca di nuove sfide professionali, perché è motivato da risultati difficili da raggiungere, è curioso, ama far succedere le cose, trasmette la sua energia a chi lo affianca, non ama la routine e vive il cambiamento come stimolo, per questo è abituato a gestire lo stress senza subirlo.

Il conseguimento di risultati concreti in tempi rapidi richiede tenacia e coerenza, per avere successo. Il Temporary Manager è un professionista che vanta esperienza non solo in un unico comparto di mercato, ma anche in più di uno. Da questa conoscenza di prassi e mercati diversi tra loro attinge anche modelli alternativi, da trasferire all’interno delle realtà aziendali in cui è chiamato a intervenire, arricchendole.

Basti pensare all’esempio dei mercati europei, piuttosto che ai vari mercati regionali italiani, che si distinguono appunto per la mentalità e le abitudini che caratterizzano gli abitanti delle varie regioni d’Italia. Può sembrare banale, ma sono in realtà tutti mercati molto diversi tra loro. Anche solo per riuscire a esportare prodotti alimentari in un altro paese europeo che potrebbe apparire “domestico”, è fondamentale conoscere le abitudini alimentari degli abitanti di quel paese e, quindi, formulare un’offerta di prodotto adeguata, che soddisfi le loro abitudini alimentari e non quelle del paese dell’azienda produttrice. Possono sembrare dettagli, ma sono elementi che fanno, ad esempio, la differenza per un progetto di internazionalizzazione che sia autenticamente di successo.

Almeno per tutte queste buone ragioni il Temporary Manager non è un Consulente, né il temporary management può essere considerato una via alternativa alla consulenza, perché sono di fatto due professioni diverse. E sono professioni diverse perché richiedono competenze diverse ed un background diverso. Sono diverse le modalità di conferimento dell’incarico e gli obbiettivi che caratterizzano l’incarico. Sono diverse le attività svolte per l’espletamento dell’incarico, le motivazioni, la focalizzazione sugli scopi ultimi. È diverso il profilo psicologico necessario per operare con successo.

Essere stato un bravo permanent manager non vuol automaticamente dire essere anche un bravo Temporary Manager. Un manager che abbia alle spalle una carriera abbastanza lunga, costellata da buoni risultati, non ha necessariamente tutti i requisiti per poter diventare un buon Temporary Manager. Perché? Ad esempio, per il gusto e il desiderio di cambiamento e di nuove sfide. Un ottimo manager potrebbe essere tale senza avvertire necessariamente il bisogno di misurarsi con sfide diverse, in mercati diversi, su prodotti diversi e con interlocutori diversi. Il Temporary Manager, al contrario, si nutre di questi cambiamenti e si abbevera di nuove sfide. Abbiamo detto sopra che lui, il Temporary Manager, ha già svolto una carriera di tipo tradizionale, si sente già appagato da questo punto di vista, ed è alla ricerca di altri stimoli. Trovarsi ciclicamente confrontati con una situazione aziendale totalmente mutata, che si esplica in mercati diversi, che deve essere canalizzata e adeguata a prodotti diversi e calibrata su interlocutori diversi, comporta una tensione notevole che, mentre per un ottimo manager potrebbe essere semplicemente stressante, per un bravo Temporary Manager è invece stimolante, non c’è bisogno di “gestire” lo stress perché non lo si subisce, anzi, se ne trae motivazione: quello che per molti è un fattore negativo da gestire nel modo migliore possibile, per altri è un fattore propulsivo. Questo è ciò che fa del Temporary Manager l’autentico attore del cambiamento.

Quando utilizzare un Temporary Manager

Discontinuità dirigenziale:

  • Affiancamento della proprietà nella gestione aziendale.
  • Assenza contingente o allontanamento di un manager
  • Integrazione successiva a nuova acquisizione.
  • Passaggio generazionale.
  • Turnover di dirigenti o di responsabili aziendali.
  • Crisi aziendale, soft o hard turnaround.
  • Internazionalizzazione.
  • Apertura di nuove filiali produttive e commerciali.

Transizioni critiche (positive e negative):

  • Forte crescita e/o espansione.
  • Cambio di strategia aziendale.
  • Integrazione culturale e organizzativa post-acquisizione.
  • Modifica assetti finanziari.
  • Rilancio aziendale.
  • Gestione di filiale o consociata in situazione di crisi.

Progetti nel cassetto:

  • Start-up nuovi progetti, nuove attività, NewCo.
  • Sviluppo di nuovi canali distributivi.
  • Ideazione nuovo brand, nuovi prodotti, innovazione.
  • Riposizionamento dei prodotti brand
  • Delocalizzazione produttiva ed outsourcing di processi.

Vantaggi per l’azienda nell’utilizzo di un Temporary Manager

Il vantaggio principale, ovviamente, verte sulla flessibilità del contratto e sul poter iniettare in azienda alte capacità manageriali a tempo, a seconda del budget disponibile, senza costi aggiuntivi né oneri tipici dei contratti a tempo indeterminato, meglio specificati di seguito:

  • Costi: il Temporary Manager viene pagato a giornata effettiva svolta ed il suo contratto standard prevede normalmente un solo mese di preavviso per la rescissione dello stesso. Ecco perché i costi di un Temporary Manager non si ripercuotono sull’equità interna, sono chiari e prestabiliti; inoltre non hanno ulteriori aggravi tipici del contratto a tempo indeterminato, come i vari benefit, auto, cellulare, PC, o gli extra di allontanamento come i lunghi preavvisi, azioni legali ecc…
  • Rapidità: la rapidità di una svolta è spesso prioritaria rispetto all’entità del cambiamento stesso. In altre parole la mancata soluzione di un problema o il mancato avvio di un progetto comportano costi non evidenti, oltre al mancato nuovo fatturato, sempre superiori a quelli del Temporary Manager.
  • Flessibilità: il Temporary Manager consente al cliente di definire su misura la durata del contratto a progetto e/o il numero delle giornate; apporta innovazione, competenze di alto livello e permette di sviluppare progetti nel cassetto o nuovi piani di business, per i quali le risorse interne sono considerate inadeguate.
  • Efficacia: il Temporary Manager non è “viziato” dal modus operandi quotidiano, né dai paradigmi del mercato, quindi prospetta soluzioni altrimenti estranee all’azienda; è un soggetto abituato ad agire e può inserirsi nel tessuto aziendale in meno di due settimane perché, avendo già ricoperto ruoli di A.D. o D.G., conosce le dinamiche aziendali, in particolare sa comunicare con le risorse interne ed interagire con queste in tempi brevi.
  • Operatività: il Temporary Manager è intellettualmente indipendente, punta al risultato, si immerge da subito nella specifica realtà aziendale, è ben accetto dalla struttura, perché il suo intervento è rivolto alla crescita ed è limitato a un arco temporale ben definito.
  • Arricchimento: il Temporary Manager possiede esperienze e visione internazionali, conoscenza del mercato globale, ha accesso a risorse e collaborazioni eterogenee, sviluppa sinergie e… lascia tutto ciò come nuovo patrimonio in azienda.
  • Ottimizzazione: anche se l’attività di un’azienda non è in perdita, ci sono sempre grandi spazi di miglioramento, che si possono tradurre in un sensibile aumento del margine, ricercando di volta in volta soluzioni adeguate alla realtà aziendale di partenza.
  • Coaching: il Temporary Manager, svolgendo il suo compito, trasferisce know-how e competenze al management interno di riferimento (quadri o nuove generazioni), garantendo il consolidamento dei risultati conseguiti e la continuità al termine del suo intervento.
  • Trasferimento delle responsabilità: quando all’imprenditore spetta di compiere delle scelte “delicate”, il Temporary Manager può sostituirsi a lui per il tempo necessario a compierle. Un esempio pratico può essere dato dal caso di necessario ridimensionamento dell’azienda e conseguenti scelte dolorose di licenziamento. Il titolare, specie nelle PMI, conosce personalmente i dipendenti e spesso anche le loro famiglie, è a conoscenza dei loro investimenti privati come mutui-casa o figli all’Università, non se la sente quindi di farlo direttamente, ma potrà demandarlo a una persona esterna, che assumerà la parte del “cattivo”, sollevando in qualche modo l’imprenditore dalle implicazioni psicologiche di quelle scelte obbligate, ma difficili da gestire in prima persona.

Raffronto dei costi tra Temporary Manager e dirigente a tempo indeterminato (permanent)

Un punto particolarmente interessante è il costo del Temporary Manager che, in qualche modo, va raffrontato con quello di un dirigente permanent. Ogni imprenditore lo dovrà calare nella propria realtà aziendale e all’interno del proprio Contratto Nazionale, ma alcune considerazioni valgono per tutti, e vanno ben specificate, in modo da dedurne il giusto valore economico:

  • un dirigente lavora in media 10,5 mesi all’anno (togliendo ferie, malattia e permessi), ma percepisce 13 o 14 mensilità; quindi, nel raffrontare i costi col Temporary Manager che, come abbiamo detto, viene pagato a giornata effettivamente svolta, tutto ciò ha una forte incidenza economica; per esempio, a parità di trattamento, un permanent che guadagna 10.000 o più Euro lordi, ha un’incidenza reale – nel caso del contratto con 14 mensilità e rispetto ai 10,5 mesi effettivamente lavorati – di 13.333 Euro al mese, cioè un terzo in più del Temporary Manager su base annua, a parità di RAL!
  • un permanent, inoltre, ha di solito tutta una serie di benefit che costano molto all’azienda: auto, pc e cellulare aziendale in uso full time, programmi pensionistici, polizze vita ecc. .
  • in più vi sono i bonus, o premi di fine anno, che incidono molto. Il Temporary Manager invece difficilmente vi accede, soprattutto nei casi di missioni di durata inferiore a dodici mesi. Tutto ciò può incidere a favore della scelta del Temporary Manager, per un 10% o più sulla RAL totale annua.
  • in aggiunta un Temporary Manager è in “periodo di prova continuato”, infatti i contratti prevedono di solito un solo mese di preavviso per la rescissione dal contratto, il che significa che si prosegue contrattualmente solo se l’imprenditore è pienamente soddisfatto; cosa molto più difficile o molto costosa da realizzarsi nel caso del permanent, superati i primi sei mesi canonici.
  • di conseguenza entrano in gioco i costi eventuali del preavviso e delle cause legali della ditta con i dirigenti. È evidente che i costi medi di una causa di lavoro (dagli 8 ai 24 mesi di stipendio), devono essere conteggiati come possibile rischio dal datore di lavoro con un manager permanent, mentre nella valutazione del costo totale reale del Temporary Manager questo rischio, semplicemente, non esiste.
  • inoltre negli intangible assets di un Temporary Manager professionale ci sono due aspetti importanti da considerare: il primo è che il Temporary Manager lavora per rendersi “non necessario” nel più breve tempo possibile; il secondo è il valore del trasferimento di conoscenze e capacità. Al contrario del permanent che, lavorando per rimanere in azienda, in taluni casi, tende a rendersi necessario o, anche, a tesaurizzare i propri “segreti” professionali.
  • last but not least, un ulteriore vantaggio per l’imprenditore nell’utilizzo di un Temporary Manager, sarà il suo ruolo di consigliere su tutte le scelte aziendali strategiche. Infatti, anche se la specificità della missione è concentrata in quel momento su aree ben definite – ad esempio quella della riorganizzazione commerciale –, l’esperienza del Temporary Manager esperto e che ha già gestito aziende in prima persona come A.D. o D.G., potrà essere usata a tutto tondo dal titolare, in sede di confronto per nuove acquisizioni, acquisti di immobili, investimenti in tecnologia o macchinari, tutela del brand, aspetti legali ecc.

A questo proposito, val la pena ribadire che, molto probabilmente, in precedenti missioni il Temporary Manager avrà già affrontato problematiche di questo tipo e, quindi, le sue esperienze potranno rivelarsi preziose per l’imprenditore, perché fornite a costo sostanzialmente zero e con l’ulteriore vantaggio della freddezza ed equidistanza nelle opinioni che vengano condivise nel solo interesse dell’azienda e senza coinvolgimenti affettivi e di “innamoramento per il prodotto”.

Sarà difficile, peraltro, imbattersi nelle stesse capacità col dirigente che sia stato assunto, ad esempio quale direttore commerciale, senza esperienze di gestione d’azienda e che abbia gli stessi coinvolgimenti emotivi del titolare sui prodotti o, ancora peggio, quando sia condizionato dal desiderio di preservare quel proprio “orticello aziendale” che nuove iniziative potrebbero inquinare o destabilizzare.

Video intervista: https://vimeo.com/258244978

Link utile: http://www.passaggiogenerazionale.info/metodo-4p/

Fonte: “Come gestire il passaggio generazionale nelle PMI italiane” di Gian Andrea Oberegelsbacher & Leading Network, Wolters Kluwer Italia (Ipsoa) 2017

A cura di: Gian Andrea Oberegelsbacher

Profilo Autore

Gian Andrea Oberegelsbacher, nato a Verona nel 1964, dal 2005 nella veste di Executive Temporary Manager, può contare su 25 anni di esperienza a livello direttivo, in multinazionali statunitensi e tedesche, come Gore-Tex® e Quelle Schikedanz Group; è stato Amministratore Delegato di Air Machine e di Zippo Fashion Italia. Manager dal taglio operativo, esperto nel "far succedere le cose", nella gestione del cambiamento, in start-up di nuovi business ed in M&A, in implementazione strategica di business esistenti e in ottimizzazione, riorganizzazione e rilancio aziendale, anche in veste di Consigliere indipendente nei C.d.A. in situazioni delicate, conflittuali o con passaggi generazionali in fieri. Dal 2010 è Vice-presidente di Leading Network, dal 2003 al 2005 è stato Consigliere di A.I.M.P.E.S. (Associazione Italiana dei Produttori di Pelletteria e Succedanei); è socio fondatore di Studio Temporary Manager e di Leading Business School.

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