Anatomia di una crisi

Sappiamo tutti bene cosa comporti una crisi e come impatti sui nostri business, ma imparare a lavorare sui suoi effetti non significa sapere con cosa si ha a che fare e come relazionarcisi.

Qualcuno ha il mal di testa e dice di essere in crisi; avviene un terremoto e si istituisce un’unità di crisi; un governo non ottiene la fiducia e si apre la crisi; una fidanzata risponde “no” alla proposta di matrimonio di uno spasimante e lui va in crisi; il mercato globale si contrae ed ecco la grande crisi economica; il fatturato un’azienda si contrae ed è crisi… qualunque cosa indesiderabile succeda, subito si parla di crisi. Sfido che, al solo sentire il suono di questa parola, alla maggior parte delle persone vengano i brividi!

La parola crisi evoca situazioni di dolore, di guai, di paralisi, di perdita, cioè tutto l’arsenale di negatività possibile: non c’è da meravigliarsi che se ne abbia così tanta paura. In realtà, si attribuiscono a questa parola connotazioni e significati che essa non ha. Il mal di testa, il terremoto, la sfiducia al governo, il rifiuto della partner, la recessione sono solo più o meno semplici eventi che vanno risolti, tutto qui: se hai mal di testa prendi una pastiglia, se avviene un terremoto intervieni per i primi soccorsi, se il fatturato scende devi mettere a punto nuove strategie, se cade il governo occorre rifarne un altro, se lei ti dice “no” te ne fai una ragione… ma cosa c’entra tutto questo con una crisi?

Lo scopo dell’articolo non è tanto spiegare come risolvere una crisi (anche se in parte lo si fa), bensì come affrontarla con consapevolezza, partendo dal capire cosa essa sia veramente e quale sia la sua funzione da un punto di vista sistemico. Infatti, finché non se ne comprendono le dinamiche, ricorrendo a qualche ritocco per superarla, che è ciò che succede quasi sempre, si riuscirà forse ad alleviarne i sintomi, ma la crisi in quanto tale rimane e si ripresenterà più in là nel tempo con caratteristiche solo apparentemente diverse, dando l’impressione che si tratti di qualcosa di totalmente nuovo. La maggior parte delle crisi che stiamo affrontando oggi a qualsiasi livello non sono che riedizioni di crisi passate e, quanto più si passa dal micro (crisi che ci toccano più da vicino) al macro (a livello globale), tanto più indietro nel tempo occorre andare per ricercarne la reale causa, che può risalire anche a diversi decenni prima.

Cosa sono le crisi

Come ho già avuto modo di spiegare in precedenti articoli, cadiamo tutti nell’errore di pensare che quella che chiamiamo realtà (personale, aziendale, sociale, globale) nella quale siamo immersi e in cui operiamo sia sostanzialmente neutra e che si possa, quindi, piegare a nostro piacimento. In effetti, questa realtà non solo è governata da rigide leggi e principi, ma persegue due scopi molto precisi e, soprattutto, non negoziabili: crescere e contribuire. Tutto ciò che esula da questi scopi innesca inevitabilmente dinamiche che culminano in ciò che definiamo crisi, la cui finalità è indurci a rimetterci in carreggiata.

Capisco che possa sembrare molto filosofica, come spiegazione, ma questo perché facciamo fatica a uscire da una concezione meramente tecnica e operativa di questa realtà.
Entrando nel merito del business, quali sono le due finalità che un’azienda – o attività lavorativa – persegue? Da una parte fornire un prodotto/servizio che il mercato richiede (contributo) e, dall’altra, produrre fatturato per consentire all’attività di rafforzarsi sul mercato e diventare sempre più capace di fornire ciò che ha da offrire (crescita). O sbaglio? Senza rendercene conto, facciamo esattamente ciò che la realtà in cui operiamo ci chiede di fare e, fintantoché perseguiamo questi due scopi in modo etico ed equilibrato, favorirà i nostri sforzi in tal senso; in caso contrario, essa si opporrà tartassandoci di crisi, in ogni ambito e a ogni livello.

Posto che quanto appena scritto riguarda ogni singola area della nostra esistenza (personale, familiare, sociale, economica, salute, ecc.) e che meriterebbe uno spazio decisamente più importante per scendere nel particolare di situazioni tra le più disparate, focalizziamoci un po’ di più nella sfera aziendale perché un leader non può permettersi di ignorare cosa stia veramente accadendo a livello sistemico quando si trova (in prima persona e/o rispetto all’azienda che sta guidando) in difficoltà.

Per prima cosa, vediamo di capire meglio di cosa parliamo quando diciamo “crisi”.

Tanto per cominciare, la parola “crisi” deriva dall’etimo greco krisis, che significa scelta, decisione. Pertanto, un problema diventa crisi solamente quando ci troviamo davanti a una scelta e questo va sempre tenuto presente quando sorge una difficoltà. La seguente figura illustra le tre fasi di un problema.

Crisi

Dinamiche delle crisi

Esistono due tipi di problemi: quelli che capitano fra capo e collo senza alcun legame con precedenti eventi (calamità naturali, crisi globali di vario genere, leggi, ecc.) e quelli che invece si trascinano da tempo e che sono stati ignorati o magari affrontati, ma mai veramente risolti a livello di cause reali. Per questo motivo, il più delle volte, un problema si presenta come una crisi che, per quanto ne faremmo volentieri a meno, è la migliore situazione possibile perché offre sempre una scelta e una o più possibili soluzioni.

Ricordiamoci che siamo sempre spinti verso la crescita e crescere significa cambiare: non può esservi uno senza l’altro. Inoltre, la stessa azione di scegliere presuppone che tutto ciò che si farà in seguito comporterà un cambiamento… o meno (vedremo meglio in seguito). Laddove un problema, ovvero una crisi, venisse invece ignorato, minimizzato o non capito nella sua essenza, quindi cosa ha veramente generato la crisi, arriva il momento in cui non viene più data alcuna scelta e a quel punto la crisi diventa emergenza.

In questa situazione, o si trova la soluzione – che comporterà inevitabilmente un cambiamento – o si scivola alla terza fase terminale che è quella del punto di rottura, dove non si ha più né scelta né possibile soluzione: fine dei giochi.

Ora, mettiamo tutte queste informazioni insieme in modo da trarne una visione più articolata di come ci comportiamo davanti ad una crisi.

Crisi

Come mostra la figura, una crisi ci mette davanti a una scelta. Sebbene sul piano operativo possa prevedere più soluzioni, nel concreto essa si distingue tra un sostanziale rifiuto all’idea di cambiare, da una parte; e accettare l’inevitabile cambiamento, dall’altra. Optando di non cambiare, vi è una sostanziale reiterazione dei modelli di pensiero dominanti che in concreto si traduce in una replica degli stessi comportamenti/atteggiamenti che porta ad uno stato di sostanziale stagnazione.

A quel punto, i possibili sbocchi sono due: o si riapre una crisi, solitamente diversa nella manifestazione, ma identica nella causa; oppure, a un certo punto si verifica quel cosiddetto evento di rottura che decreta la fine materiale di ciò che si trovava in uno stato di crisi: il fallimento di un’azienda, un divorzio, la caduta di un ideale… perfino la conclusione di un’esistenza, nei casi più estremi.

La sola cosa che non può fallire, finché resta in vita, è l’individuo, proprio perché siamo tutti “lavori in corso”, siamo tutti incanalati in un percorso di crescita, volenti o nolenti, ed il fallimento è parte integrante e ineluttabile del processo. Pertanto, non importa quanti eventi di rottura incontriamo lungo il cammino, possiamo tornare in carreggiata nel momento in cui decidiamo di cambiare.

Il cambiamento è la sola via d’uscita da una crisi. Non è mai la decisione presa a metterci in crisi, ma il trovarci davanti ad una scelta che non ci decidiamo a fare. Una volta presa la decisione che “rompe” con ciò che si è sempre fatto in passato, giusta o sbagliata che sia, si esce di fatto dalla crisi, poiché quella rottura comporta la messa in discussione di vecchie convinzioni e la creazione di nuove, modificando così la nostra cultura di base.

A sua volta, questo andrà a promuovere nuovi comportamenti/atteggiamenti che determineranno una nostra crescita. Non posso non far notare che, a conferma di quanto anticipato, la finalità di tutto questo è, in ultima analisi, la nostra crescita.

Beninteso, il fatto che il cambiamento determini l’uscita da una crisi non significa che allora la scelta fatta, qualunque essa sia, porterà automaticamente a un successo. L’azione stessa di scegliere strategie associate ad un diverso modello di pensiero (paradigma) che è andato maturando, vaporizza effettivamente la crisi che ci stava paralizzando; ma se, come detto, anche il nuovo modello di pensiero continua a contrastare o addirittura violare le leggi e gli scopi di questa realtà, che sono finalizzati alla crescita e al contributo, si apriranno inevitabilmente nuovi fronti di crisi.

Ma questo fa parte del processo, che occorre seguire con serenità e consapevolezza. Scendere nei particolari delle leggi da osservare per restare allineati con la realtà in cui si opera esula dagli scopi dell’articolo; ma senza entrare troppo nello specifico, per limitare il verificarsi delle crisi nel tuo business, assicurati di calibrare le tue strategie sulle due finalità che di fatto dovrebbero costantemente guidare le tue intenzioni: elevare le condizioni e la qualità di vita di coloro a cui sono destinati i tuoi prodotti/servizi (contribuire) e rendere il processo di miglioramento continuo dentro e fuori l’azienda una prerogativa irrinunciabile della tua attività (crescere).

Questo non eliminerà del tutto le crisi che dovrai affrontare, perché tradurre questa mission in realtà non è cosa banale, tenendo conto del nostro modo meccanicistico e utilitaristico di pensare; ma non c’è dubbio che renderà molto più morbido ed entusiasmante il cammino del tuo business.

Bibliografia

Se vuoi saperne di più su questo argomento o su altri temi che riguardano le dinamiche dei sistemi, puoi consultare i seguenti libri:

I 5 principi del successo aziendale – A. Carli, ed. Franco Angeli – 2003
E la borsa e la vita! – A. Carli, ed. Franco Angeli – 2008
La Quinta Disciplina – Peter M. Senge, ed. Sperling & Kupfer – 2006
La leadership centrata sui principi – Stephen R. Covey, ed. Franco Angeli – 2009
Leadership e visione creativa – Robert Dilts, ed. Guerini Next – 2016

o consultare il mio sito, ricco di risorse che vertono su questo tema: www.alessandrocarli.it.

 

Articolo a cura di Alessandro Carli

Profilo Autore

Alessandro Carli è un trainer e coach italocanadese che da trent’anni opera nel settore del personal development.
Durante questo arco di tempo ha avuto modo di lavorare molto da vicino con qualche migliaia di persone tra imprenditori, dipendenti, privati e studenti, che gli ha permesso di farsi un’idea piuttosto chiara sul funzionamento della realtà in cui tutti operiamo, individuando degli schemi che si ripetono nei diversi contesti delle nostre vite.
Dal 2012 si è dedicato allo sviluppo di un vero e proprio “studio” che riguarda le dinamiche dei sistemi, che ha poi codificato nella cosiddetta Intelligenza Sistemica. Applicata al coaching e/o alla formazione in senso lato, questo studio può consentire a chiunque di scendere alla radice delle problematiche che ci troviamo tutti ad affrontare quotidianamente e risolverle a quel livello.

Condividi sui Social Network:

Articoli simili