Mettere al centro le persone, per rilanciare le aziende

Negli ultimi anni nell’organizzazione delle imprese la logica gerarchica tradizionale sta subendo duri colpi. Controlli continui, regole, iter burocratici farraginosi sono diventati sempre più inconciliabili con l’idea di riconoscere alle persone che lavorano nelle aziende fiducia e rispetto, con l’intento di favorire in ognuno il proprio senso di responsabilità, autonomia, spirito collaborativo.

D’altra parte, si è sempre più convinti che un nuovo modo di lavorare, che mette al centro le persone è il sistema più efficace per ottenere soddisfazione e crescita personale nei collaboratori e, contemporaneamente, performance sempre migliori per le stesse imprese.

Molte sono le aziende, piccole e grandi, che stanno cercando di compiere il “grande salto” passando da metodi gerarchici e piramidali a strutture organizzative più snelle e, in alcuni casi, impostate sul self-management. Alcune ci sono riuscite, altre ci stanno provando. Non c’è un modello standard che vada bene per tutte.

D’altra parte, una rivoluzione “copernicana” di questa portata richiede tempo, tentativi, sforzi, fallimenti anche. Ma la strada è tracciata e questo è un segnale positivo per tutti coloro che hanno sempre sperato in un’organizzazione più umana, un lavoro più ricco di significato per i collaboratori che vi operano e un servizio migliore per i clienti.

L’importanza delle persone: i collaboratori e i clienti

Lo snello ma denso libretto di Edoardo Turelli, intitolato “Human – Centered work” – pagg.158, edizioni Egea, tag book,  euro 9,90 – fornisce un eccellente contributo a questa nuova filosofia e lo fa non utilizzando argomenti astratti ma mettendo in evidenza le esigenze pratiche che stanno dietro ad organizzazioni che si pongono finalità di questo tipo, dopo aver raccolto e testato conoscenze ed esperienze diverse, anche attraverso consigli pratici, suggerimenti, idee da verificare sul campo, che riguardano alcuni temi fondamentali.

Dai nuovi modi di organizzare le riunioni, che siano proficue e in grado di sviluppare nuove idee, a un’attenzione ai luoghi di lavori, che favoriscano incontri, scambi di idee, riflessioni. Dal lavoro remoto all’attenzione al cliente, dalla condivisione, favorita dalla tecnologia, all’autonomia, per far emergere le doti imprenditoriali di ogni collaboratore. Dall’apprendimento all’allenamento calibrato, alla coltivazione del talento, ai valori aziendali, senza dimenticare l’approccio hacker, intuitivo, creativo, senza vincoli.

E, infine, la leadership, un modo diverso per dedicare tempo ed energie alle persone, ispirandole a fare sempre meglio. Ma anche un modo diverso di rapportarsi agli altri e di prendere decisioni, oltre al comando, attraverso il consenso e la collaborazione. Idee affascinanti che preludono a un cambiamento di vasta portata, che è soprattutto culturale e personale.

La nuova azienda cambia perché cambia il mondo del lavoro

Per saperne di più, abbiamo posto all’Autore, Edoardo Turelli, imprenditore hi-tech, top-manager e coach internazionale, alcune domande.

La nuova azienda tenderà sempre più a liberarsi dalla gerarchia, intesa come struttura piramidale con una catena di comando che parte dall’alto. Facciamo un po’ di chiarezza su cosa si intenda per azienda Human-Centered Work, anche in relazione al fenomeno Holocracy.

Vorrei fare una premessa. L’approccio che propongo ha nell’autonomia uno dei suoi cardini fondanti, ma è sostanzialmente diverso da Holocracy. Holacracy è indubbiamente un tentativo affascinante per un modello alternativo di gerarchia, basata su cerchie di gerarchie di ruoli invece che piramidi di persone, ma la sua efficacia su larga scala rimane ancora tutta da dimostrare.

Quindi comunque di gerarchie stiamo parlando. Personalmente non credo che la gerarchia attuale debba scomparire, almeno per ora. Piuttosto ritengo sia necessario rivisitare come ciascuno contribuisca in questo modello e la leadership è la prima cosa che va ripensata sostanzialmente. Certo non vanno fermati esperimenti su modelli alternativi, ma mentre si sperimenta, facciamo un passo sostanziale in avanti con la leadership alla Human-Centered Work.

La responsabilità del leader non è quella di essere il migliore del gruppo ma quella di identificare e comunicare l’obiettivo da raggiungere

In cosa è diversa l’azienda basata sull’autonomia dal modello di delega? In cosa differisce da certi sistemi di decentralizzazione? Si può parlare come fa qualcuno di delega alla rovescia[i]?

Il modello di delega rischia di esprimere un concetto di inferiorità, in cui il “capo”, ritenuto solitamente il migliore a fare una determinata cosa, per limitazioni di tempo, ne delega l’esecuzione a qualcun altro, spesso sottintendendo “meno capace”. Il modello basato sull’autonomia invece prevede ruoli sostanzialmente diversi: la responsabilità del leader non è quella di essere il migliore del gruppo ad eseguire una certa cosa, ma quella di identificare e comunicare l’obiettivo verso cui andare, la destinazione finale. Compito del team è invece quello di raggiungere l’obiettivo, realizzando nella pratica tutto ciò che è necessario per arrivare a destinazione. In pratica il compito del leader è individuare, fra tutte le montagne, quale bisogna scalare. Compito del team è portare tutti in cima alla montagna, scegliendo in autonomia strumenti e modi per superare ostacoli e mitigare i rischi.

La delega alla rovescia potrebbe invece essere rischiosa perché confonde il concetto di libertà con quello di autonomia. Libertà totale significa assenza di vincoli e limitazioni, ed è una strada impraticabile per le caratteristiche intrinseche del nostro mondo, a meno che non si lavori con finanziamenti a perdere o si disponga di risorse illimitate.

Sull’azienda che si autogestisce ci sono però anche altri pregiudizi. Come si può superare il problema della gerarchia senza finire in un modello di anarchia incontrollabile?

Come ho spiegato, credo che il modello gerarchico vada ripensato e inteso in altro modo, almeno per ora.  Pensiamo prima di tutto a come rappresentiamo oggi un organigramma, con l’amministratore delegato all’apice e tutti gli altri che ne dipendono. Immaginiamo di girarlo sottosopra: l’amministratore delegato che sta sotto tutti, con all’apice quelli che oggi consideriamo la “forza lavoro”. Ecco che in questa prospettiva il compito dell’amministratore delegato sarà quello di rendere il lavoro facile agli altri, non viceversa. Così come lo è quello dei dirigenti e dei capisquadra che stanno in mezzo.

L’importanza strategica del coaching

Lei dice che la leadership non è destinata a scomparire ma dovrà cambiare pelle. Possiamo dire che i compiti del nuovo manager siano sostanzialmente due: costruire un contesto aziendale nel quale tutti siano liberi di prendere delle decisioni e verificare che tutti capiscano la visione aziendale, che se ne approprino e cerchino di realizzarla?

Assolutamente sì, questi sono due compiti caratterizzanti del manager moderno: creare un contesto nel quale tutti siano autonomi (il concetto di “liberi” presuppone un contesto ad oggi impraticabile come ho spiegato sopra) e nel quale la cultura aziendale sia respirata e allineata ai credo personali. A questi due aggiungerei un terzo pilastro: il coaching. Un leader è una figura che deve far uscire il meglio dagli altri. E questo può voler dire: far venire a galla l’idea migliore (attenzione, non avere l’idea migliore, ma farla emergere dal gruppo); guidare un gruppo nel prendere in modo efficace una decisione difficile; essere, per quanto riguarda i singoli individui, una voce esterna che incoraggia e guida nei momenti di difficoltà o che pone un freno quando si travalicano certi limiti.

L’azienda che si è liberata dalla gerarchia, deve fare in modo che i suoi collaboratori adottino un sistema di autodisciplina. L’elemento che garantisce questa autodisciplina dei collaboratori è la visione comune dell’azienda. L’unicità dei valori. Cosa si intende con questi termini? In che modo questi valori che stanno alla base della visione aziendale possono creare quella che qualcuno ha chiamato “intelligenza collettiva”?

Più che liberata, direi l’azienda che ha ripensato a come gli individui possano contribuire nella gerarchia.  Premesso ciò, va detto che la visione aziendale, idealmente, è qualcosa in cui si crede profondamente, non solo che si comprende. Se un gruppo che lavora insieme crede negli stessi principi e negli stessi valori, la necessità delle regole diminuisce e la fiducia individuo-azienda e individuo-individuo aumenta. Un gruppo di persone frugali, per esempio, che crede profondamente nel minimalismo materiale, non avrà bisogno di regole scritte per evitare di sperperare soldi in oggetti inutili, perché, verosimilmente, tenderà naturalmente a organizzarsi per evitarlo!

Inoltre, il fatto di trattare le persone come adulti, responsabilizzandoli sulla base di principi condivisi invece che su regole rigide, porta a un’immensa spinta all’auto-regolazione. C’è un interessantissimo studio a questo proposito, condotto in una scuola di Haifa: alcuni genitori arrivavano spesso tardi a prendere i figli a fine giornata, obbligando gli insegnanti ad aspettarli oltre gli orari stabiliti. Per cercare di risolvere il problema la scuola ha introdotto una multa (bassa) per chi si fosse presentato oltre l’orario. Risultato? I genitori ritardatari sono raddoppiati. Assurdo? Non troppo.

Se ci pensate le regole formali ci danno una scusa per potere considerare gli effetti dei nostri comportamenti come delle semplici transazioni (in questo caso, pago la multa) invece di seguire dei principi etici di base, come il rispetto, nei confronti degli altri (in questo caso gli insegnanti che dovevano aspettare i genitori). Questo esempio porta a galla uno degli aspetti più insidiosi di quando si ha a che fare con un gruppo di persone che lavora insieme: le reazioni e i comportamenti collettivi sono spesso controintuitivi. Quindi, anche in un contesto con strutture gerarchiche meno rigide, la leadership rimane una forte tutela affinché il gruppo non si faccia del male da solo!

[i]In pratica, l’idea che consente ai lavoratori di prima linea di decidere da sé di quale pezzo di autorità hanno bisogno per fare il loro lavoro, prima che coloro che stanno ai livelli superiori lo possano fare.

A cura di Ugo Perugini

 

Profilo Autore

Ugo Perugini. Giornalista, blogger, collaboratore di “Vendere di più”- https://www.venderedipiu.it/, “Az Franchising” - https://azfranchising.com/az-franchising-magazine/ -, DM&C - http://www.dmcmagazine.it ; HR on line - www.aidp.it/riviste/indice-hronline.php. In passato, ha collaborato con “Beesness”- www.beesness.it ; Together HR, blog di Sky Lab http://www.togetherhr.com/bloghr-blog-risorse-umane/- “Senza Filtro” https://www.informazionesenzafiltro.it e altre pubbllicazioni
Il blog che cura è https://capoversonewleader.wordpress.com/

Condividi sui Social Network:

Articoli simili