Perché adesso c’è davvero bisogno del coaching

Rispetto a qualche anno fa, la professione del coaching sta diventando sempre più conosciuta e attuale, non più utilizzata soltanto dalle grandi aziende già di cultura internazionale ma anche dalle PMI e dai liberi professionisti interessati a lavorare sui propri obiettivi, sul proprio percorso di carriera o career coaching.

Il coaching nasce negli Stati Uniti nei primi anni ’70 e giunge in Europa a inizio anni ’90, prima nei paesi anglosassoni e successivamente in quelli di origine latina.

Vediamo insieme i fondamentali del ruolo del coach (termine purtroppo abusato e spesso riferito a professionalità molto diverse e variegate tra loro) e in cosa si distingua rispetto a quello del consulente tradizionale, col quale il coach può instaurare talvolta una collaborazione sinergica e complementare.

L’approccio metodologico del coaching è socratico, ha i suoi principi basilari nell’arte della maieutica che, grazie all’uso sapiente di domande cosiddette “aperte”, apre mondi possibili e fa esplorare risorse o strade non ancora tentate perché magari non visibili a causa della nebbia del quotidiano indaffararsi su routine e processi “urgenti” a volte inconsapevoli e non strategicamente orientati.

Un percorso di coaching lavora sulla consapevolezza, responsabilità e autonomia del cliente, sulle risorse e potenzialità ancora inespresse, focalizzandosi sulle possibilità future ed evitando di recriminare sugli errori del passato. Lavora su quello che sta funzionando e da incentivare e su quello che manca da creare, su cosa abbandonare perché ormai inutile o di peso e su cosa valorizzare che è ancora nell’ombra.

Il coach “sa di non sapere” ed è fondamentale che conservi questo sincero disincanto, non ha conoscenze tecniche dell’azienda dove va ad operare ma proprio per questo uno sguardo neutro, “out of the box”, riesce a smuovere abitudini consolidate non più attuali e a far riflettere su nuovi processi o percorsi.

È il facilitatore del cambiamento, innamorato dell’innovazione e del futuro, di ciò che ancora non è stato tentato per timore o per pigrizia, esperto in resilienza e flessibilità, utili per cogliere opportunità anche nei momenti duri o di smarrimento.

Non trasferisce conoscenze o informazioni specifiche, non dà consigli né pareri; non “informa ma forma”, scorgendo talenti e punti di forza anziché difetti e mancanze. Lavora con quello che c’è e con quello che potrebbe emergere, con le risorse disponibili che se allenate e incentivate possono moltiplicarsi e sorprendere positivamente. I suoi strumenti basilari sono l’ascolto empatico e il silenzio, deve avere un uso sapiente del ritmo e del tempo della comunicazione, saper astenersi dal giudizio e dagli stereotipi etichettanti che limitano e chiudono possibilità e nuovi comportamenti.

Davanti al “brutto carattere” come alibi per non chiedere a una risorsa qualcosa o per non alzare l’asticella della performance oltre una certa soglia, un coach non si rassegna, è allenatore nel profondo e continuerà fiduciosamente a scorgere oro anche nel bronzo chiedendosi semplicemente quale possa essere la mossa vincente per innescare la metamorfosi.

Non a caso molti imprenditori e sportivi hanno un coach da sempre al loro fianco, un partner con cui riflettere sulla motivazione, sui valori e sulla direzione o scopo, per orientare l’azione in modo strategico, individuando obiettivi a breve, medio e lungo termine.

Una leadership aggiornata conosce infatti le competenze dell’intelligenza emotiva per una comunicazione efficace che valorizzi le persone del proprio team, tirando fuori il meglio da ciascuno, esplicitando obiettivi comuni e senso di appartenenza al progetto. Perché nella frenesia e velocità dei continui cambi di rotta dovuti alle turbolenze globali, un capitano saldo al timone sa scorgere le stelle che indicano la rotta, rassicurando il suo equipaggio e orientando con fiducia e competenza.

Le competenze tecniche sono sempre più in costante revisione e aggiornamento, da sole non garantiscono come era in passato un percorso lavorativo soddisfacente; si rende quindi necessario un atteggiamento mentale, emotivo e comportamentale di grande equilibrio, propositivo e coerente sia con la preparazione tecnica che con il ruolo che si è chiamati a svolgere.

Il consulente e il coach svolgono dunque ruoli diversi e complementari: l’uno completa l’altro e l’azienda che si avvale della collaborazione di entrambi può trarne sicuramente dei vantaggi e un supporto concreto e duraturo.

In alcuni casi c’è infatti bisogno del consiglio tecnico, in altri è necessario lavorare sull’evoluzione e sul futuro, potenziando e valorizzando le risorse umane.

Il coaching favorisce l’evoluzione del singolo come dell’organizzazione, dell’istituzione o dell’azienda e l’evoluzione è qualcosa che emerge da dentro e che non può essere trasmessa dall’esterno o in modo prescrittivo. Sarebbe un cambiamento fittizio, di facciata e di breve durata, non un cambiamento profondo che sedimenta passo dopo passo nuovi processi e abitudini.

Per far emergere il nuovo in modo consapevole e duraturo, c’è bisogno di una leadership che lavori costantemente sui valori, esplicitandoli e allineandoli coerentemente allo scopo dell’organizzazione.

Questo rassicura e compatta la motivazione verso l’obiettivo comune, le persone si trovano all’interno di un ambiente di lavoro di cui conoscono e ri-conoscono obiettivi e azioni nel breve e nel lungo periodo, sentendosene parte, disposte a dare ciascuna il proprio contributo.

Il coaching lavorando sui valori e sulle scelte o decisioni che ne conseguono funge da catalizzatore dei processi, supportando il pensiero strategico che consente la velocità di adattamento alle incertezze esterne insieme con la visione sistemica: la macro visione ci fa elevare sopra i dettagli quotidiani stimolando il ragionamento ottimista che incoraggia l’assunzione di rischi ponderati.

Per creare questo approccio innovatore e aperto al futuro, c’è bisogno di una cultura che lo alimenti e la cultura ha nel linguaggio il suo specchio. Lo sa bene chi lavora nel campo dell’educazione come tutto passi attraverso le parole. Nel coaching l’uso sapiente e attento del linguaggio è fondamentale, anche un semplice formulario o protocollo di sicurezza esprime la cultura di provenienza e rappresenta il contesto di riferimento. Dal linguaggio si evincono educazione, tradizioni, usi e costumi e la congruenza tra il linguaggio e il comportamento è sinonimo di autenticità e credibilità.

Da qui discerne il tema importante dell’ attrarre e coltivare i talenti, per cui si richiede uno sforzo di comprendere la motivazione trainante di ciascuno che, nei giovani di oggi, vede spiccata la priorità dell’apprendimento continuo rispetto alla sicurezza del posto e alla remunerazione economica.

Anche in questo ambito il coaching può dare il suo contributo, evidenziando l’importanza di intercettare i bisogni grazie all’ascolto e all’interesse genuino, di comprendere le peculiarità di ognuno, innescando con l’esempio un modo etico e virtuoso di contribuire al progresso sociale con un sincero interesse per il benessere delle persone e dell’ambiente.

Per citare un proverbio maori: “Dall’ascolto nasce la conoscenza; dalla conoscenza viene la comprensione; dalla comprensione viene la saggezza; dalla saggezza il benessere”.

 

Articolo a cura di Raffaella Iaselli

Profilo Autore

Business, executive e personal coach PCC, Professional Certified Coach, Membro Comitato Etica ICF Italia Chapter italiano della Federazione Internazionale Coaching.
Trainer per aziende, manager e team sullo sviluppo delle competenze trasversali: leadership, comunicazione efficace e gestione emozioni, sviluppo dei talenti e motivazione per mantenere un alto livello di energia e benessere. Certificata EQ Assessor Six Seconds e nella metodologia CoachingbyValues che utilizza spesso anche nei change management delle fusioni aziendali e nei passaggi generazionali per dare senso di scopo e congruenza ai sistemi.
Direttrice della Fondazione Olly Onlus, attiva nel supportare i disagi giovanili con sede in Biella favorendo sinergia e rispetto dei ruoli tra docenti e genitori a favore della crescita costruttiva delle nuove generazioni.

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