Osservando il mondo del lavoro e la rapidità unita all’estrema flessibilità dei giovani a trasferirsi in città/stati diversi se attratti da una proposta di lavoro allettante, scaturiscono alcune consapevolezze che segnano un cambiamento evolutivo rispetto alla prassi abituale e ci danno spunti interessanti da cogliere.
Naturalmente, se superiamo la leva motivazionale estrinseca standard del tipo di contratto/remunerazione e scaviamo un po’ più a fondo, emergono leve motivazionali trainanti e ancora più incisive per orientarci nel cambiamento in atto.
Una volta la carriera era determinata da una serie di scelte, oggi si direbbe più orientata da una serie di cambiamenti trasformativi che possono avvenire e spesso avvengono anche all’interno della stessa realtà lavorativa. Gli individui sembrano più intrinsecamente motivati dalla crescita personale, sono alla ricerca costante di esperienze che portino sia ad apprendere nuove competenze sia a sperimentare nuovi approcci relazionali conseguenti alle variazioni nei ruoli.
Il restare a lungo in una società /organizzazione diventa quindi una questione di “Skyle” (skill + style, come tratteggiato in “Business Model for Teams” di Clark and Hazen). Quando i due aspetti sono affiatati e lavorano sinergicamente, quando faccio quello che so fare al meglio delle mie competenze e il mio stile di “consegna” è efficace, riconosciuto e apprezzato, sono nella “flow zone”, nella zona di flusso dove mi sento energicamente spinto a fare quello che mi appassiona e lo faccio al meglio dei miei talenti. Sono in uno stato di centratura, so di essere al posto giusto nel momento giusto.
Infatti, oltre alle competenze tecniche, conta moltissimo lo stile di delivery ovvero le cosiddette “soft skill, che vanno a definire il “come” svolgo quel ruolo, se sono in un ambiente in cui la mia personalità intesa come insieme di valori, convinzioni, bisogni è allineata e coerente con il team o il sistema di riferimento, se la mia intelligenza emotiva potrà creare valore, fornendo energia proattiva e dando un contributo creativo e innovativo o al contrario se, trovandosi in disallineamento o peggio in contrapposizione, inizierà a frenare l’apporto positivo, limitandosi alla routine e “spegnendosi” lentamente o peggio alimentando polemiche e trame trasversali a volte neanche così nascoste.
Per coltivare le risorse umane e far in modo di creare un ambiente sicuro, nel quale ciascuno sia stimolato a dare il meglio di sé, dobbiamo tener presente le 4 leve motivazionali intrinseche:
L’attenzione ai valori e agli stili comportamentali di ciascuno insieme con la gestione delle emozioni diventano quindi strategicamente essenziali per creare team affiatati ad alta prestazione che durino nel tempo. La leadership deve dare ampio spazio alla formazione continua e all’innovazione per fornire sempre nuovi stimoli. Deve ascoltare i bisogni e le aspirazioni dei collaboratori, anticipando eventuali scontenti.
A tal fine, sarebbe utile organizzare periodicamente dei momenti di confronto dedicati a riconoscere e valorizzare il contributo di ciascuno; uno spazio in cui i dipendenti possano effettuare una verifica individuale e poi collettiva esprimendo i loro obiettivi personali e vedere se sono allineati con quelli aziendali o con i team di riferimento.
Compilare una check list di competenze/conoscenze, valori, bisogni, emozioni, in cui anche i non detti possano emergere e, nell’esplicitarsi, diventare arricchimento collettivo e spinta propulsiva al all’evoluzione.
Da coach, sappiamo bene che sono le domande aperte quelle che fanno esplorare nuovi percorsi/direzioni, che aprono orizzonti prima invisibili e/o impensati.
Le seguenti 3 domande possono essere utili:
Se vogliamo creare ambienti professionalmente stimolanti in cui tutto questo sia prassi e non un esercizio teorico episodico, dobbiamo lavorare sull’attenzione all’altro, investendo tempo ed energia nella relazione umana che consente di passare dall’ ”io” al “noi”, nel sentirsi ciascuno riconosciuto peculiarmente per l’importante contributo che fornisce al tutto.
Un aiuto importante ce lo danno i giovani: grazie alle relazioni intergenerazionali in azienda possiamo ammirare la loro apertura mentale a tutto ciò che è nuovo, diverso dal solito, la loro flessibilità e il dinamismo, la velocità e la curiosità di apprendere metodi e approcci nuovi.
Dobbiamo uscire dalla fissità delle routine e guardare all’altro con interesse chiedendoci: ma tu stai bene qui? Cosa ti piacerebbe scoprire? Di cosa hai bisogno per esprimerti al meglio?
Perché al di là delle tecnologie e accanto e oltre l’intelligenza artificiale c’è e ci sarà sempre l’umanità a codificare e dare un senso al tutto e a rendere ogni ruolo e posto di lavoro una tappa importante per la crescita e lo sviluppo delle persone.
Articolo a cura di Raffaella Iaselli
Professional Certified Coach, PCC - ICF
Business, executive e personal coach PCC, Professional Certified Coach, Membro Comitato Etica ICF Italia Chapter italiano della Federazione Internazionale Coaching.
Trainer per aziende, manager e team sullo sviluppo delle competenze trasversali: leadership, comunicazione efficace e gestione emozioni, sviluppo dei talenti e motivazione per mantenere un alto
livello di energia e benessere. Certificata EQ Assessor Six Seconds e nella metodologia CoachingbyValues che utilizza spesso anche nei change management delle fusioni aziendali e nei passaggi generazionali per dare senso di scopo e congruenza ai sistemi.
Direttrice della Fondazione Olly Onlus, attiva nel supportare i disagi giovanili con sede in Biella favorendo sinergia e rispetto dei ruoli tra docenti e genitori a favore della crescita costruttiva delle nuove generazioni.
Una volta al mese riceverai gratuitamente la rassegna dei migliori articoli di Leadership & Management Magazine