Condividere il potere è segno di forza non di debolezza

A gennaio è uscito anche in Italia il libro “Tu sei il potere”, di Julie Battilana e Tiziana Casciaro (edizioni Rizzoli). La prima insegna Business Administration alla Harvard Business School, la seconda Organizational Behavior e HR Management alla Rotman School di Toronto.

Il libro affronta un tema fondamentale e contraddittorio come quello del potere, che, come si dice nel risvolto di copertina, ci affascina e ci disgusta al tempo stesso e, come il fuoco, ci ammalia ma ci divora, se ci avviciniamo troppo.

In estrema sintesi, cosa sostengono le due Autrici? Il potere, secondo loro, è la capacità di influenzare gli altri, avvalendosi del fatto che si dispone di risorse che l’altra parte considera importanti, di cui ha bisogno, ma che non ha e che aspira in qualche modo ad avere. E per averle è disposta a cedere in parte il proprio potere.

Il potere, quindi, ha prevalentemente un significato relazionale. Tutti ce ne avvaliamo e lo utilizziamo o ne siamo soggetti, a seconda delle circostanze.

Un conto, però, è il potere individuale, un conto quello collettivo, costituito da istituzioni sociali, strutturate gerarchicamente, che si sono radicate nel tempo e che possono esercitarlo in forme di cui spesso non possiamo nemmeno rendercene conto.

Come agisce il potere e come si può controllarlo

Eppure, secondo le Autrici – alle quali non possiamo negare una ampia dose di ottimismo e soprattutto di pragmatismo – anche questo “potere sociale” sottostà alle medesime regole e condizioni di quello individuale e, quindi, è possibile che le persone, organizzandosi adeguatamente, possano modificare tali strutture, riuscendo così a influenzarle in senso più democratico.

Il primo passo, però, è rendersi conto di come agisce il potere, delle sue dinamiche interne, spogliandolo di quell’aura un po’ sulfurea che lo ammanta e che ne nasconde le reali dimensioni, facendolo apparire più bieco e minaccioso di quanto non sia.

Insomma, le Autrici cercano di riportare il potere sulle sue gambe, che sono quelle degli esseri umani che se ne avvalgono in tutte le sue forme, evitando di attribuirgli valori superiori o nascosti che non possiede.

E’ un’operazione, quindi, per così dire, antropologica che nulla ha a che vedere con aspetti strettamente ideologici. E di questo occorre dare merito alle Autrici: aver raggiunto cioè l’intento di disinnescare il potere, smontarlo, ridurlo ai minimi termini per poterlo comprendere e controllare.

Qualche esempio

D’altra parte, gli esempi che le Autrici ci propongono, hanno l’efficacia delle storie che possono vantare un “lieto fine”(anche se non tutte !) e  servono a confermare le loro teorie.

Si citano, infatti, personaggi noti e meno noti. Da Lia, una donna senza tetto, con la sua iniziativa vincente “Up With Women” a favore delle donne in disagio sociale, alle scelte strategiche di una società come la De Beers che opera nel settore dei diamanti.

Dalla storia del Presidente Lyndon Johnson, la sua abilità e il suo declino, a conferma che nessuno può dire di possedere il potere una volta per tutte, al lavoro organizzativo di uno sconosciuto addetto al call center fino alla storia di Donatella Versace, da cui si evince come talora l’autorità non coincida con il potere. E tanti altri esempi che potrete scoprire nel libro, ricchissimo di spunti.

Inoltre, vengono affrontati anche temi come i rischi del potere e i suoi antidoti, empatia e umiltà; l’importanza della consapevolezza dell’interdipendenza e della caducità del potere; né mancano suggerimenti su come, ad esempio, costruire una rete forte e variegata di conoscenze; e si scopre quale debba essere il ruolo dell’innovatore, o è possibile approfondire la teoria del “trasporto” e l’importanza delle storie, oltre a valutare il ruolo delle tecnologie e la possibilità di limitarne il potere, ecc.

Insomma, un libro che ribalta certe interpretazioni del potere e ci aiuta a scoprirne aspetti positivi e negativi senza pregiudizi o generalizzazioni.

L’intervista

Per chiarirci meglio le idee abbiamo intervistato Tiziana Casciaro.

Se il potere è “la capacità di influenzare il comportamento degli altri, determinata dalle risorse che una parte ha da offrire all’altra e dal livello di interesse che è in grado di suscitare”, gioca un ruolo essenziale la capacità di comunicare le proprie risorse affinché possano essere apprezzate e diventino importanti per l’altra parte. Ma questo è possibile solo se esistono le stesse opportunità di comunicazione (uguaglianza di base). Spesso una parte le ha, l’altra no. Cosa ne pensa?

Avere controllo su risorse a cui altri danno valore è la base del potere. L’opportunità di comunicare questo valore è però essenziale. E’ indispensabile a tale scopo costruire una mappa del potere nel proprio contesto per rispondere a queste domande: Chi intorno a te ha influenza? Quali reti di conoscenze possono darti accesso alle persone influenti e quindi darti un canale per comunicare il valore delle tue risorse? Nel libro raccontiamo di manager, attivisti, giovani professionisti, leader politici e cittadini che hanno osservato il contesto intorno a loro con tale attenzione e profondità da creare canali per acquisire risorse e opportunità per comunicarne il valore. Un’accurata mappa del potere soddisfa entrambe le esigenze.

La vostra visione sembra in qualche modo riduzionista perché mette in secondo piano fattori psicologici che svolgono un ruolo importante nell’uso del potere degli individui. Cosa ne pensi?

Uno dei grandi limiti di molti trattati sul potere è la tendenza a concentrarsi o sulla psicologia del potere o sulla sua struttura. Ma è impossibile capire pienamente il potere se i suoi effetti sulla psiche umana sono analizzati in modo avulso da come il potere si struttura intorno a noi. Le due cose vanno insieme. Non puoi capire il potere nella tua vita personale e professionale se non capisci le forze economiche, culturali e sociali che ne sottendono la distribuzione e concentrazione in senso lato. E’ per questo che una delle nostre motivazioni nello scrivere “Tu sei il potere” è stata offrire una visione di ampio raggio sul potere, unendo lo psicologico allo strutturale, l’individuale al sociale, le piccole dinamiche interpersonali alle grandi dinamiche economiche e culturali. Il potere è tuo solo se vedi “the trees and the forest”, come dicono gli americani. “Tu sei il potere” aiuta il lettore a vedere i tasselli del mosaico percependone allo stesso tempo anche il disegno d’insieme.

Siamo d’accordo sul fatto che laddove fosse possibile una visione del potere come auspicata dalla vostra teoria, si potrebbe raggiungere una maggiore autonomia da parte dei dipendenti dell’azienda; il potere sarebbe distribuito meglio, in modo più democratico, e favorirebbe anche lo sviluppo di aspetti legati all’etica. Ci chiediamo: questa idea è un’utopia o possiamo sperare che venga resa operativa e in che modo?

La nostra visione del potere può apparire utopistica di primo acchito, ma è invece realista e altamente pratica, perché ancorata in una comprensione profonda delle meccaniche di potere e di come, nel corso della storia umana, singoli individui siano riusciti a controbilanciare rapporti di potere in cui erano inizialmente svantaggiati. Per non parlare di gruppi di persone che hanno saputo unire le loro forze e ridistribuire il potere più democraticamente laddove era concentrato in sistemi oligarchici se non tirannici. Quello che offriamo in “Tu sei il potere” è una spiegazione di come questi riequilibri siano possibili, illustrata con storie da diverse epoche e parti del mondo che ci rassicurano che le leggi del potere sono universalmente applicabili.

Nel documentare come sia possibile democratizzare il potere rendendolo più comprensibile ed accessibile a coloro che ne sono spesso privati, siamo anche realiste nel riconoscere che il potere, quando lasciato evolvere senza vincoli, tende a concentrarsi nelle mani di pochi, che poi faticano a condividerlo al punto tale da diventare ossessivi nel loro desiderio di controllo e senso di superiorità. Per questo gestire il potere richiede di comprendere i suoi devastanti effetti sulla psiche umana e contrastarli non solo con uno sviluppo emotivo e morale della persona, ma anche con strutture che aiutino sia il singolo individuo che le masse a tenere il potere “sotto controllo”.

Chi si occupa di aziende si chiede come la vostra visione del potere possa o non possa favorire soluzioni gestionali alternative, dal punto di vista organizzativo, come, ad esempio, i sistemi olocratici (Robertson), dove il potere non sembra assumere la forma gerarchica ma è distribuito su diversi centri di interesse che si equilibrano tra loro. Quali sono le vostre idee su questo tema?

Manager e capitani d’azienda hanno di fronte a sé una scelta fondamentale: concentrare potere nelle loro mani perché spaventati all’idea di perdere il controllo sui propri subordinati, oppure dare ai subordinati il potere di prendere decisioni e agire con autonomia. Quale approccio dà migliori risultati nel lungo termine? Indiscutibilmente la condivisione del potere, perché consente a tutti di contribuire pienamente con tutte le proprie capacità, invece di schiacciarle dall’alto sotto il peso dell’autorità del capo. Il problema è che, nel breve termine, tenere uno stretto controllo sui subordinati rassicura; e più insicuro è il leader, più fa fatica ad allentare la stretta.

Un utilizzo costruttivo del potere richiede quindi lo sviluppo personale del leader, inclusa la consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti. E richiede anche di abbandonare l’idea del potere come un gioco a somma zero, in cui dare potere ad altri significhi automaticamente diventare meno potente. Non è così. Posso darti autonomia e libertà di movimento senza per questo perdere la mia influenza su di te. Le due cose sono compatibili. E, a lungo andare, il nostro successo collettivo aumenta quando il potere è più condiviso, perché mette tutti in condizione di contribuire pienamente con le proprie risorse a un obiettivo condiviso. Manager e leader aziendali, ascoltate: Condividere il potere è segno di forza, non di debolezza.

 

Articolo a cura di Ugo Perugini

Profilo Autore

Ugo Perugini. Giornalista, blogger, collaboratore di “Vendere di più”- https://www.venderedipiu.it/, “Az Franchising” - https://azfranchising.com/az-franchising-magazine/ -, DM&C - http://www.dmcmagazine.it ; HR on line - www.aidp.it/riviste/indice-hronline.php. In passato, ha collaborato con “Beesness”- www.beesness.it ; Together HR, blog di Sky Lab http://www.togetherhr.com/bloghr-blog-risorse-umane/- “Senza Filtro” https://www.informazionesenzafiltro.it e altre pubbllicazioni
Il blog che cura è https://capoversonewleader.wordpress.com/

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