Il progetto “RI-FORMARE LA PA”: occasione da non perdere

Lao Tzu sostiene che “Anche un lungo viaggio comincia con un passo”.

Ecco allora che il consiglio del filosofo cinese, vissuto nel VI solo a. C., fondatore del Taoismo, ben si presta a essere sprone alle iniziative da mettere in campo, soprattutto con riferimento alla pubblica amministrazione, per assicurare il successo delle “missioni” esposte nel documento che il Governo nazionale ha presentato alla Commissione europea, in merito alla utilizzazione dei fondi che il programma Next generation Eu ha assegnato all’Italia.

Si tratta, infatti, di intraprendere un “viaggio” che, nella consapevolezza dei molteplici limiti che condizionano l’auspicato (da tempo) rinnovamento dei pubblici uffici italiani, deve iniziare al più presto e… (si spera) nel migliore dei modi avendo conoscenza degli ostacoli che vanno rimossi.

Guardando alle azioni possibili per digitalizzare la pubblica amministrazione, costituisce un concreto riferimento la indagine “L’Informatizzazione nelle Amministrazioni locali”, presentata nel corso del mese di gennaio appena trascorso dalla Banca d’Italia[1].

Si tratta di un accurato lavoro di ricerca che, partendo dalla consapevolezza che il percorso finalizzato al cambiamento del Paese è direttamente connesso (appunto) alla digitalizzazione e alla riduzione dei costi della pubblica amministrazione, pone l’accento sia sulla carenza di figure professionali adeguate (in almeno il 58% delle amministrazioni oggetto di analisi) sia sulla limitata realizzazione di iniziative di formazione, soprattutto quelle riferite ai percorsi di digitalizzazione. Nel 2021, in effetti, solo due terzi degli enti locali considerati risulta avere previsto formazione in materia di digitalizzazione; quella espletata, inoltre, ha interessato meno del 20% del personale.

Ancora più preoccupante è l’evidenza che il 45% degli enti locali non procede alla rilevazione dei fabbisogni formativi dei propri dipendenti (in generale e meno che mai nelle materie relative alla digitalizzazione); di quel che resta, poi, solo il 20% lo fa periodicamente mentre il 35% opera in maniera sporadica[2].

Ma c’è di più: nell’anno preso a riferimento nel 77% degli enti locali a cui si è rivolta la ricerca la formazione dei dirigenti ha raggiunto la soglia (modesta) di un 20% e ciò in barba all’ammonimento del Presidente USA J.F. Kennedy che era uso affermare: “la leadership e il desiderio di apprendere sono indispensabili l’una all’altro…” (sic!).

Il quadro rappresentato nel Rapporto della Banca d’Italia, dunque, attesta il persistere nella pubblica amministrazione italiana di una cultura amministrativa burocratica che osteggia e ritarda la efficienza e la semplificazione connesse alla modernizzazione fortemente auspicata della Unione Europea[3].

Questa situazione deficitaria è confermata dal DESI 2021 che, per quanto riguarda i fattori abilitanti la trasformazione digitale, colloca il nostro Paese appena alla 17esima posizione tra i 27 Stati dell’Unione Europea: solo in 23esima posizione per effettivo livello di digitalizzazione registrando così un significativo divario rispetto alla media europea, in particolare nel capitale umano[4].

Da quanto esposto si ricava che per un cambio di rotta occorre ricorrere sollecitamente a manovre incisive che consentano di dotare le amministrazioni pubbliche delle professionalità e delle competenze che occorrono per superare i limiti di conoscenze delle persone al lavoro puntando sull’incremento delle stesse, grazie all’impiego delle risorse previste nel “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (PNRR), che destina a iniziative di digitalizzazione oltre 65 miliardi di euro nelle sue sei missioni (ben di più dei 40 miliardi di euro della sola missione 1, specificamente dedicata alla transizione digitale) di cui almeno il 60% da distribuire tra pubbliche amministrazioni centrali, locali o imprese pubbliche[5].

Come si è avuto modo di segnalare anche in precedenti interventi su questa Rivista, infatti, la scommessa per digitalizzare adeguatamente l’Italia deve passare attraverso un percorso che coniughi diligentemente una consapevole azione formativa (che coinvolga necessariamente anche il management) e il reclutamento di nuovo personale (a tutti i livelli) individuato in ragione delle effettive competenze che oggi difettano alla pubblica amministrazione[6].

A soddisfare il bisogno formativo sembra ben prestarsi il progetto “RI-FORMARE LA PA – Persone qualificate per qualificare il Paese”, presentato il 10 gennaio scorso dal Dipartimento della Funzione Pubblica, che si sostanzia in una proposta di “Piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano della Pubblica amministrazione”, rivolto ai 3,2 milioni di dipendenti pubblici[7]. Il Programma, che colloca la formazione al centro delle strategie della pubblica amministrazione, si prefigge, da un lato, di accrescere le competenze individuali dei singoli dipendenti e così valorizzare il “capitale umano della PA”, dall’altro, di rafforzare strutturalmente le amministrazioni pubbliche per sostenere le transizioni previste dal PNRR, a cominciare da quella digitale. Per assolvere a questo impegno sono stati chiamati partner pubblici e privati, nazionali e internazionali e, nell’ottobre dello scorso anno, i Ministri per la Pubblica amministrazione e dell’Università e della Ricerca hanno sottoscritto un “Protocollo d’intesa” che apre la strada alla ipotesi di percorsi di studio a livello universitario per le persone al lavoro nella pubblica amministrazione[8].

Il conseguimento della meta di accrescere il numero dei pubblici dipendenti in possesso di titoli di studio superiori al diploma di secondo grado sarà sostenuto attraverso l’utilizzazione del Fondo per la formazione dei dipendenti dei dipendenti della PA, che ha una dotazione iniziale di 50 milioni di euro annui – a decorrere dall’anno 2022 – destinabili anche al rimborso di un terzo del costo di iscrizione ai corsi universitari scelti; le università, dal canto loro, sono sollecitate ad ampliare la propria offerta formativa con percorsi di studio coerenti con le effettive necessità di conoscenza dei pubblici uffici[9].

RI-FORMARE LA PA” ripropone al management pubblico anche l’utilizzo della piattaforma Syllabus, realizzata per consentire delle persone al lavoro, individuate dalle singole amministrazioni di appartenenza in ragione dei progetti di sviluppo e di cambiamento che occorre adottare, di procedere all’autovalutazione delle proprie competenze digitali con la conseguente fruizione dei moduli formativi idonei a colmare, in linea con un auspicato “coinvolgimento consapevole” degli individui interessati[10], le lacune tecniche rilevate.

In questa ottica davvero si può parlare di “Piano strategico” vieppiù in quanto esso risulta coerente con la tesi che apprendere nelle organizzazioni significa acquisire capacità di selezionare conoscenze ancora valide da altre che non lo sono più, per affrontare e risolvere problemi e situazioni non del tutto predeterminabili[11].

Allo stesso tempo, “RI-FORMARE LA PA” prova che la formazione delle persone al lavoro va sostanziata in un percorso -vale a dire una successione di fatti o fenomeni aventi tra loro un nesso più o meno profondo – che, prendendo le mosse dall’analisi dei bisogni di conoscenza porti alla progettazione di iniziative specifiche, gli esiti delle quali, valutati rispetto ai benefici prodotti con riferimento alle attese, siano prodromo di ulteriore, nuova progettazione di altre attività formative nel quadro di un movimento dinamico e ininterrotto[12].

Poiché espressamente in esso si riconosce che “sulle persone si gioca il successo non solo del PNRR, ma di qualsiasi politica pubblica indirizzata a cittadini e imprese”, il “Piano” in disamina può rappresentare la opportunità da non perdere per offrire risposte concrete ai bisogni di efficienza della pubblica amministrazione nazionale e per fornire, al contempo, soddisfazione alle aspettative di conoscenza delle persone al lavoro così da rafforzare in esse il desiderio di costruire consapevolmente sia il proprio sviluppo professionale (con pieno benessere dell’individuo interessato) sia il successo dell’organizzazione e contribuire al bene dell’ Italia[13].

Note

[1] Il Rapporto (VII Indagine) è stato condotto nel 2020 su un campione di circa 550 enti locali ed è finalizzato a rilevare il grado di propensione alla digitalizzazione delle amministrazioni locali italiane.

[2] Gli enti che non procedono alla rilevazione del fabbisogno sono collocati per la maggior parte nelle regioni del Meridione (15 % del totale). La disponibilità di un portale per la formazione o di una piattaforma e-learning è segnalata solo dal 14 % degli enti, prevalentemente coincidenti con Regioni e ASL, mentre solo il 7 % dei Comuni e l’11 % delle Province ne indica la presenza.

[3] Di Sabato Tommaso, “La digitalizzazione del nostro Paese: perché e come”, Leadership & Management, 14 luglio 2021.

[4] I Digital Maturity Indexes elaborati dall’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano sono stati presentati al Convegno “Il digitale per la ripresa e la resilienza: connecting the dots“, Milano 1febbraio 2022.

[5] Gli investimenti del PNRR destinati specificatamente alla trasformazione digitale della PA ammontano a 9,72 miliardi di euro, di cui 6,14 per la digitalizzazione della PA stessa, 1,27 miliardi per l’innovazione della macchina pubblica, 2,31 miliardi per l’innovazione della giustizia.

[6] Si veda per tutti: “Per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana occorrono anche formazione appropriata e reclutamento di nuovo personale”, Leadership & Management, 19 gennaio 2022.

[7] Il programma tiene conto del “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale“, sottoscritto il 10 marzo 2021, alla presenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e dai Segretari generali delle confederazioni sindacali CGIL, CISL e UIL, che attesta come l’occasione per “curare le ferite nuove legate allo shock della pandemia e dare risposte efficaci ed efficienti al sistema Paese” fonda anche sulla semplificazione dei processi che caratterizzano le attività dei pubblici uffici italiani e su un massiccio investimento in capitale umano (anche in termini di reclutamento qualificato) in quanto opportunità irripetibile di impiegare le risorse del PNRR per “aiutare ad attenuare le disparità storiche del dualismo tra settore pubblico e settore privato”.

[8] Con l’“ObiettivoPA110eLode“, che coinvolge la Conferenza dei Rettori delle università italiane (CRUI), il programma fissa il target di formare e riqualificare almeno 750.000 dipendenti delle PA, di cui 350.000 delle PA centrali entro l’anno 2026 e di conseguire la certificazione dei risultati della formazione per almeno 50.000 dipendenti della PA centrale e 60.000 dipendenti della PA locale.

[9] Lo sviluppo del capitale umano della PA secondo il Progetto dovrebbe riguardare oltre gli ambiti di conoscenza per l’attuazione del PNRR pure lo sviluppo di competenze manageriali e organizzative investendo su temi come: Transizione amministrativa e transizione digitale; E-procurement; Utilizzo delle banche dati pubbliche in un’ottica di interoperabilità per la semplificazione; Processi e strumenti di comunicazione; Project management; Modelli di management e di leadership; Transizione ecologica e innovazione sociale.

[10] De Giosa V., Di Sabato T., “La formazione come volano per il miglioramento lavorativo”, Leadership & Management, 25 marzo 2020.

[11] Bochicchio F., Di Sabato T., Apprendimento e cambiamento nelle organizzazioni, Libella, Tricase, 2018

[12] Cfr. Guidolin E., (a cura di) L’esperienza formativa. Aspetti, problemi e prospettive, Imprimatur, Padova, 2002.

[13] De Giosa V., Di Sabato T., Le organizzazioni di successo, Youcanprint, Lecce, 2020.

 

Articolo a cura di Tommaso Di Sabato

Profilo Autore

Docente presso la Scuola di Alta Formazione della UNINT- Roma e Collaboratore del Consorzio Interuniversitario sulla Formazione – Torino.
Già Direttore vicario della Ripartizione Risorse Umane di UNISALENTO e Professore a contratto dei Corsi di Laurea in Scienza dell'Amministrazione - Facoltà di Giurisprudenza di UniTELMA – Roma.

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