Come gestire il passaggio generazionale – l’importanza della formazione delle nuove generazioni

Il ricambio generazionale è un processo complesso che va programmato per tempo, così da evitare che, da opportunità, si trasformi in problema. Esso deve quindi essere preparato col tempo, nel rispetto delle attese famigliari, delle aspirazioni e delle capacità della nuova generazione, in funzione di esigenze e prospettive aziendali.

Le dimensioni da affrontare nell’ambito del passaggio generazionale sono molteplici. Vogliamo qui soffermarci su un aspetto fondamentale: la formazione.

Il tema della formazione va visto nella duplice accezione, esterna ed interna. Con riguardo agli aspetti esterni, parliamo sia del percorso formativo vero e proprio – quindi degli studi effettuati o da effettuarsi –, che della formazione derivante da esperienze lavorative presso aziende terze.

La formazione interna, invece, è intesa come quel percorso graduale che le nuove leve devono compiere all’interno dell’azienda famigliare mediante meccanismi di job rotation, di affiancamento (ad esperti esterni o a dirigenti interni) al fine di conoscere al meglio la complessità aziendale.

L’insufficiente preparazione degli eredi rappresenta uno dei principali fattori di rischio. Obiettivo principale della formazione, quindi, dev’essere quello di minimizzare i rischi di insuccesso del passaggio generazionale, ma, anche, di evitare il sorgere di false aspettative all’interno della famiglia.

L’ingresso delle nuove generazioni: considerazioni generali

L’ingresso delle nuove generazioni dovrebbe normalmente avvenire secondo un piano che precisi le modalità ed i tempi di ingresso. Tale programma deve fondarsi su un processo ben definito. Tale processo risulta composto sostanzialmente di tre fasi (Tavola 1).

Tavola 1 le fasi di inserimento

Le variabili che potenzialmente influenzano l’entrata delle giovani generazioni nell’impresa famigliare possono essere di tipologia diversa. Tra queste possiamo evidenziare le capacità e le competenze (attuali e future), le inclinazioni, gli interessi e le aspirazioni personali delle nuove leve.

È fondamentale, per la buona riuscita del processo di ricambio generazionale, tenere in considerazione tutte le possibili variabili che lo possono influenzare,
così da evitare tensioni all’interno della famiglia o, cosa ben più grave, l’insuccesso del progetto.

Gli studi e il passaggio generazionale

Oggi, rispetto al passato, le giovani generazioni hanno sicuramente maggiori opportunità di portare a compimento un percorso scolastico molto lungo. Purtroppo, però, ancora oggi e soprattutto nelle PMI, accade che si privilegi l’esperienza sul campo a discapito degli studi.

Fino a ieri la frequenza di un corso di laurea poteva non ritenersi indispensabile, anche alla luce dell’esempio dato da molti imprenditori di successo non laureati.

La rapida e continua evoluzione dei mercati, invece, impone oggi alle nuove generazioni di seguire un percorso di studi significativo che sfoci, possibilmente, in una laurea. La scelta del tipo di percorso è, normalmente, frutto delle proprie aspirazioni e, in alcuni casi, queste nulla hanno a che fare con il potenziale ruolo di successore nell’impresa di famiglia.

Ancora oggi è possibile che il percorso di studi venga programmato all’interno della famiglia tenendo in considerazione, non tanto le aspirazioni dei figli, quanto piuttosto le future necessità aziendali.

È altresì possibile che i figli decidano di abbandonare il percorso di studi o, in alternativa, di iniziare un percorso molto più complesso, rappresentato dalla decisione di frequentare un corso universitario e, contemporaneamente, lavorare presso l’azienda di famiglia o, in altri casi ancora, presso un’azienda esterna.

Alcuni percorsi possibili

  • Nel rapporto tra studio e lavoro è possibile trovare diverse modalità di inserimento in azienda rappresentate da:
  • l’ingresso in azienda in giovane età;
  • la scelta di svolgere contemporaneamente l’attività lavorativa e di studio;
  • il completamento del percorso di studi prima dell’ingresso in azienda.

Per quanto riguarda la prima opzione, questa si presenta quando il figlio decide di abbandonare precocemente il percorso di studi e, anche in assenza di un diploma, questi scelga di entrare nell’azienda di famiglia. Normalmente questo porta a svolgere inizialmente, attività di basso profilo (operaio, magazziniere) con mansioni prevalentemente operative.

Questo genere di ingresso comporta aspetti positivi come la possibilità, attraverso una lunga gavetta, di conoscere nel dettaglio tutti gli aspetti operativi aziendali e di stabilire un forte rapporto con le maestranze aziendali, ma presenta anche evidenti aspetti negativi. Il pericolo principale è rappresentato dal fatto di formare un successore non adeguatamente preparato, sotto il profilo gestionale, e con scarso orientamento al futuro.

In questo caso è opportuno limitare la gavetta e creare le condizioni affinché il potenziale erede segua corsi di formazione specifici in campi diversi da quelli operativi (produzione o logistica) in cui presumibilmente viene occupato. Siccome l’acquisizione di solide competenze manageriali diventa molto difficile e rappresenta, comunque, un percorso piuttosto lungo, oltre alla frequentazione di corsi di formazione, è fondamentale l’affiancamento di soggetti esterni alla famiglia in grado di trasmettere conoscenza e competenza (dirigenti interni, Temporary Manager, consulenti).

La seconda modalità è rappresentata dalla scelta di svolgere contemporaneamente l’attività lavorativa e quella scolastica. In questo caso, spesso, ci troviamo di fronte a una persona che, da una parte, decide di iscriversi a una facoltà universitaria coordinata alle aspirazioni per il futuro lavoro; dall’altra parte e quasi in contemporanea, la stessa persona decide di avviare anche il proprio percorso dentro l’azienda.

I soggetti che si decidono per questo genere di approccio sono spesso persone dotate di forte motivazione e notevole forza di volontà. Alternare scuola ed azienda può sicuramente agevolare l’applicazione concreta di quanto gli studi propongono. Purtroppo riuscire a conciliare questi due ambiti così diversi risulta molto difficile e impegnativo. Ciò vale soprattutto quando in azienda si iniziano a ricoprire funzioni non più solamente operative, ma in posizioni che richiedono maggiori responsabilità. In queste situazioni è possibile che lo studio ne risenta e quindi si corra il rischio, o di abbandonare gli studi, o che questi richiedano tempi molto lunghi per il loro completamento.

La terza ed ultima scelta è invece rappresentata da coloro che decidono di proseguire gli studi per conseguire una laurea e, se possibile, anche un master. In questa situazione possiamo trovare tre ulteriori situazioni:

  • la prima è rappresentata da coloro che, dopo aver deciso di proseguire gli studi, decidano per diverse ragioni di abbandonarli;
  • la seconda è invece rappresentata da quanti decidono di iscriversi a facoltà che nulla hanno a che vedere con il potenziale ruolo di erede;
  • la terza opzione è invece quella che riguarda coloro che decidono di seguire un percorso finalizzato al futuro inserimento in azienda.

La scelta di coloro che abbandonano il percorso universitario iniziato, ha spesso cause legate al condizionamento famigliare. Molti infatti sono i casi in cui la famiglia cerca di “obbligare” i propri figli a frequentare corsi di laurea per cui non hanno alcun interesse né motivazione. Il fatto, quindi, di essersi lasciati condizionare può, in un momento successivo, provocare atti di ribellione che sfocino naturalmente nell’abbandono degli studi.

In queste situazioni la scelta di impegnarsi in azienda è comunque successiva all’abbandono degli studi e ciò può comportare anche il verificarsi di forti tensioni all’interno della famiglia. Non è raro, inoltre, che queste tensioni si traducano anche nella difficile convivenza tra genitori e figli in ambito aziendale.

È possibile, comunque, che gli studi vengano ripresi in un secondo momento, quando se ne comprenda l’importanza.

Vi sono, purtroppo anche situazioni improvvise ed impreviste che obbligano i figli ad abbandonare gli studi per curare gli interessi famigliari. In questi casi particolari essi si trovano ad affrontare situazioni e problemi con cui non hanno molta familiarità. Queste sono situazioni in cui è importante avere soggetti esterni alla famiglia in grado di affiancare i figli, al fine di poter affrontare con successo le difficili sfide determinate sia da tragici eventi, sia da situazioni di mercato complesse e sfavorevoli.

In caso di scelta di percorso di studi non attinente al ruolo che si è chiamati a svolgere, è evidente che il figlio decida di privilegiare i propri interessi e di assecondare le proprie inclinazioni.

Chi, nonostante un percorso incoerente, decida ugualmente di entrare in azienda, deve possedere una forte motivazione ed un forte attaccamento ai valori famigliari. Bisogna infatti ricordare come la frequenza di qualsiasi corso universitario, se fatto con serietà, porta all’apprendimento di un metodo che può rivelarsi comunque utile.

Dopo una breve esperienza in azienda è utile frequentare un master part-time (ad esempio per giovani imprenditori) che permetta di acquisire quelle competenze in ambito gestionale sempre utili per poter aspirare a funzioni via via più importanti.

Il terzo e ultimo caso è rappresentato da chi ha svolto un percorso di studi ad hoc, nell’ottica di entrare nell’azienda di famiglia e acquisire future responsabilità.
In questo contesto entrano in gioco sia le aspettative dei genitori che quelle del figlio che, se ambizioso, aspira a grandissimi risultati in tempi molto brevi.

È opportuno, quindi, che l’imprenditore in una prima fase mostri molta cautela nell’inserimento del figlio, senza fargli assumere responsabilità che spesso non è in grado di sopportare. Provarne l’umiltà e la pazienza è elemento fondamentale.

La scelta di entrare in azienda senza altre esperienze lavorative, inoltre, può rappresentare un problema anche nei rapporti interpersonali. La laurea ed il conseguimento di un master vanno considerati come punti di partenza, non di arrivo. Con questi antefatti è utile avviare un percorso formativo interno che porti il nuovo arrivato ad apprendere tutto ciò che è necessario per poter, in un prossimo futuro, gestire l’azienda di famiglia.

Il percorso più strutturato per l’inserimento di un figlio nell’azienda famigliare è ovviamente quello più raro. Esso comporta, non solo la frequentazione di un corso universitario, ma anche il completamento della propria formazione grazie ad esperienza lavorativa svolta al di fuori dell’azienda di famiglia.

Se realizzato, i vantaggi sono diversi in quanto è possibile valutare in modo obbiettivo le capacità e le competenze acquisite in contesti completamente differenti. L’esperienza maturata consente, inoltre, di accelerare il percorso che porta i figli all’ottenimento di incarichi di responsabilità nell’azienda famigliare.

Il percorso formativo presso un’azienda terza, in più, permette di ampliare e strutturare meglio la formazione teorica ricevuta, di acquisire maggiore credibilità una volta entrati e di avere spesso una visione più ampia dei contesti in cui il giovane si trovi ad operare. Oltre a ciò, rivestire la posizione di dipendente dona una maggiore consapevolezza circa il futuro ruolo di responsabile o leader.

Chiaramente entrare nella propria azienda dopo aver seguito un percorso esterno, sia di studi che, inizialmente, professionale, impedisce di conoscere nei dettagli le caratteristiche dell’impresa famigliare. Ciò comporta che, una volta avvenuto l’ingresso, il figlio sia opportunamente affiancato da figure di spicco dell’azienda che siano in grado di trasmettergli velocemente tutte le necessarie informazioni per comprendere il funzionamento aziendale.

Ovviamente i percorsi di formazione ed inserimento dei figli in azienda non sempre sono così lineari come descritto nel presente paragrafo. Nella realtà, purtroppo, si presentano molteplici situazioni che determinano la necessità di nuovi inserimenti. Può trattarsi di eventi come dimissioni o pensionamenti,
di personale che rivesta incarichi cardine nell’organizzazione aziendale, e, quando i fatti succedono senza preavviso, portano ad accelerare di molto l’ingresso
del figlio.

In questo link è possibile vedere per esteso le classifiche aggiornate al 2016 di tutte le migliori Università italiane e del mondo: http://www.passaggiogenerazionale.info/classifica-universita/

Video intervista: https://vimeo.com/258244978

Link utile: http://www.passaggiogenerazionale.info/metodo-4p/

Fonte: “Come gestire il passaggio generazionale nelle PMI italiane” di Gian Andrea Oberegelsbacher & Leading Network, Wolters Kluwer Italia (Ipsoa) 2017

A cura di: Gian Andrea Oberegelsbacher

Profilo Autore

Gian Andrea Oberegelsbacher, nato a Verona nel 1964, dal 2005 nella veste di Executive Temporary Manager, può contare su 25 anni di esperienza a livello direttivo, in multinazionali statunitensi e tedesche, come Gore-Tex® e Quelle Schikedanz Group; è stato Amministratore Delegato di Air Machine e di Zippo Fashion Italia. Manager dal taglio operativo, esperto nel "far succedere le cose", nella gestione del cambiamento, in start-up di nuovi business ed in M&A, in implementazione strategica di business esistenti e in ottimizzazione, riorganizzazione e rilancio aziendale, anche in veste di Consigliere indipendente nei C.d.A. in situazioni delicate, conflittuali o con passaggi generazionali in fieri. Dal 2010 è Vice-presidente di Leading Network, dal 2003 al 2005 è stato Consigliere di A.I.M.P.E.S. (Associazione Italiana dei Produttori di Pelletteria e Succedanei); è socio fondatore di Studio Temporary Manager e di Leading Business School.

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