Smart working, un’opportunità divenuta un’esigenza impellente

L’innovazione tecnologica, ma anche le esigenze sociali legate ad un corretto sviluppo sostenibile, hanno dato il via a progettualità che impattano sull’intera società, coinvolgendo quattro fondamentali attori:

  • Ict Manager;
  • Facility Manager;
  • Hr Manager;
  • Business Analyst;

che nella revisione dei prodotti, delle strategie e dell’intero processo aziendale devono indispensabilmente interagire, considerando che l’evoluzione tecnologica (ICT) comporta ricadute sul capitale umano (HR), hard e soft skills, con ricadute nella gestione delle strutture (Facility Management). Una complessità che dovrà essere condotta da un innovativo Business Analyst (nel ruolo del direttore d’orchestra).

Progettualità che ha visto negli ultimi 10 anni numerose aziende e Università, quali dal 2016 i progetti Interreg, a cui hanno collaborato attraverso un modello organizzativo che ne valorizza ruoli e sinergie, rappresentato nella clessidra:

confluiti nel mio Webinar in SUPSI del febbraio 2019 (https://www.youtube.com/watch?v=6z4u1HPZN6w&feature=emb_logo).

Spesso occorrono emergenze per accelerare i processi, e oggi lo Smart Working è divenuto una impellente necessità, che ha portato le aziende impegnate nello sviluppo delle tecnologie e dell’assessment a organizzare una urgente comunicazione per le aziende svizzere e lombarde:

“Innovazione e Ricerca sono un fattore assolutamente indispensabile per la crescita e la sopravvivenza delle aziende, e la situazione contingente mai come ora, ne accelera l’esigenza. Questa “crisi” può essere anche tradotta, come per l’ideogramma giapponese, in opportunità.
Si tratta di innescare un processo d’innovazione che prevede la riorganizzazione del modello industriale e sociale, in cui Smart Working, Innovazione, Organizzazione Agile e Soft Skills sono elementi trainanti.
Un processo che genera opportunità, ma anche competenze e criticità, che possono essere superate con una corretta ERM (Enterprise Risk Management) e grazie anche al supporto delle Università e da partners quali: Johnson Controls, Cisco, HEMARGROUP, IBC, ISSA ed il Laboratorio della Sostenibilità.
Un processo che anche in Svizzera può essere supportato da finanziamenti, nella sua correlazione con le strutture italiane”.

“Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni”
Eleonor Roosevelt

La consapevolezza è un elemento fondamentale per la propria sopravvivenza, e quella della propria azienda. Consapevolezza in ciò che si è ed in ciò che si fa. Ognuno dovrebbe riflettere ed essere consapevole di ciò che si vuole, per pianificare i propri obbiettivi, dei propri limiti, per costruire le necessarie alleanze, delle competenze, per un assessment mirato. Ignorare la consapevolezza può condurre su percorsi pericolosi, semmai supportati dalla presunzione di “Sapere”. Consapevolezza della necessità di integrare attori per far eccellere i singoli elementi e ed i singoli processi. Consapevolezza nella necessità di sinergie nella ricerca di elementi comuni alle produzioni dei singoli, per massimizzarne i benefici. Quindi, consapevolezza è anche scomporre il processo e fiducia nei singoli attori. Questa la soft skill alla base di una eccellente Business Analysis nello sviluppo di un corretto Business Model con l’ausilio del modello svizzero di Business Model Canvas.

Smart Working, un complesso d’Innovazioni che pone l’uomo al centro

Smart Working non è lavoro a casa ma innovazione complessiva, dal posto di lavoro alla riorganizzazione generale. Smart Working coinvolge l’ambito tecnologico/digitale, il Capitale Umano, il Facility e la gestione degli spazi, la Business Analysis e i modelli di Business.

Un corretto approccio, emerso dai principali tavoli e forum internazionali, ha fatto emergere il valore di fare rete, sia in filiere che in aree, condividendo il progetto e le infrastrutture, in coworking e incubatori, o in aree rurali.

Smart Working da intendersi anche come approccio a questa rivoluzione sociale in corso, a cui dobbiamo partecipare anche per salvare il “pianeta che ci ospita”, ove “le persone sono al centro”mind changement – in un processo di innovazione sostenibile: people strategyfiducia. un percorso che non deve trascurare le persone e la comunicazione, per il loro coinvolgimento, sia nei meeting (utilizzando le tecnologie) sia verso la popolazione, per i risultati.

Progetti che necessitano di professionisti competenti (Commercialisti, Innovation Manager, Consulenti, Direttori di Organizzazioni ed Associazioni, Architetti, Amministratori/Gestori di Immobili, …..) che dovranno essere supportati da un’appropriata formazione universitaria quali i Corsi di Alta Formazione.

Progetti che permettono di generare benefici per numerosi soggetti (dettagli nel paragrafo I 4 Attori nel processo d’Innovazione ed il ruolo del Business Analyst quale “Direttore d’Orchestra” https://webooksmartinnovation.blogspot.com/2004/01/i-4-attori-nel-processo-dinnovazione-ed.html )

La quarta rivoluzione industriale non causerà la fine del lavoro e non renderà “definitivamente inutile il lavoro umano”che, se sapremo valorizzarlo, “continuerà ad avere campi amplissimi nei quali esprimersi, rispondendo ad esigenze vitali delle singole persone e della società. E sarà la stessa disponibilità di lavoro umano, generata dalla scomparsa dei vecchi mestieri, a stimolare la capacità di inventarne di nuovi“. Sono le conclusioni dell’indagine conoscitiva svolta dalla 11a Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato intitolata “L’impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale”. L’indagine è stata svolta attraverso l’audizione di attori appartenenti al mondo dell’impresa, delle organizzazioni sociali, delle istituzioni civili e religiose che stanno affrontando le sfide della digitalizzazione del lavoro da diversi punti di vista.

Le conseguenze possono riguardare sia i modelli di business che i processi produttivi che, soprattutto, una nuova modalità di relazione con i consumatori e con i mercati, attraverso percorsi di coordinamento più efficienti, personalizzati e immediati, resi possibili dalla tecnologia. La sua caratteristica è l’integrazione tra i processi fisici e le tecnologie digitali secondo un rinnovamento dei modelli organizzativi. O meglio, il divenire intelligente della produzione sta seguendo una molteplicità di strade, in linea di discontinuità o continuità con il passato. Le grandi fabbriche affrontano il superamento delle linee e la loro sostituzione con “isole” autonome dove convivono uomini e macchine, team di lavoratori e robot.

Anche il nuovo rapporto con i consumatori sconvolge l’organizzazione del lavoro, tanto che alcuni studiosi affermano che la fabbrica intelligente sta alla personalizzazione di massa come la fabbrica taylorista stava alla produzione di massa. Il pensiero manageriale non può avere oggi lo sguardo rivolto al passato, ma deve produrre lo sviluppo di soluzioni innovative e sperimentali per favorire l’emergere di principi organizzativi rivoluzionari in grado di rendere fluido, competitivo e “umano” l’ambiente produttivo.

Troppo spesso però il tema viene affrontato unicamente dal punto di vista delle novità tecnologiche e declinato nei capitoli degli investimenti e della politica industriale, lasciando in secondo piano l’enorme impatto sul mercato del lavoro. La recente indagine conoscitiva della Commissione Industria della Camera ha osservato che “…Industria 4.0, a differenza della precedente rivoluzione industriale nella quale la tecnologia si affiancava all’uomo per migliorare e rendere più produttive le attività umane, si propone come paradigma che, sebbene parzialmente, non si limita ad affiancarsi ma per talune attività si sostituisce all’uomo”.
Il cambiamento tecnologico non appare peraltro neutrale negli effetti che potrà avere sui rapporti sociali ed economici.

Il tessuto produttivo e il mercato del lavoro sono quindi destinati a cambiare con velocità, pervasività e profondità, facendo venire meno i caratteri dominanti nel secolo passato in relazione ai quali il nostro diritto del lavoro si è strutturato.

Uno dei maggiori impatti della quarta rivoluzione industriale sul mercato del lavoro sarà quindi quello relativo ai nuovi fabbisogni di competenze e quindi alla preparazione dei lavoratori. Si tratta di un profilo trasversale alle diverse conseguenze del salto tecnologico.

Il riferimento è sia alle competenze di tipo tecnico-specialistico, che ruotano principalmente intorno alla componente digitale, applicata ai processi di produzione, come alle attività di progettazione degli stessi, sia alle competenze trasversali (soft skills) che possono consentire ai lavoratori un miglior approccio a scenari mutevoli e complessi, inclusa l’attitudine all’autoimprenditorialità e alla resilienza. Sullo sfondo si esaltano l’educazione morale e le conoscenze di base che generano le capacità di selezione delle fonti, di comprensione, di calcolo, di accesso alle tecnologie. Per la prima volta le fonti di apprendimento informale prevalgono su quelle formali, sollecitando adeguati strumenti critico-riflessivi per un necessario discernimento.

Consegue a quanto detto l’impossibilità di fissare una trasformazione continua e complessa in figure e professioni decise a tavolino. Più utile è invece rendere le imprese capaci di valutare in modo costante i fabbisogni di competenze, senza la pretesa di una previsione a lungo termine e senza adattare la produzione ai modelli professionali esistenti, bensì con l’onere di costruirne sempre di nuovi.

Il mercato del lavoro non potrà rimanere lo stesso alla luce della nuova rivoluzione industriale. Nel corso degli ultimi anni abbiamo già assistito ad una forte riduzione della durata media dei contratti di lavoro e la transizione da un posto di lavoro a un altro è sempre più statisticamente una normalità. Il numero dei contratti a termine è cresciuto ampiamente a partire dai primi anni 2000 e abbiamo raggiunto nel 2015 la media europea del 14% sul totale. A ciò si aggiunge come negli ultimi anni si sia ridotta considerevolmente anche la durata media dei contratti a tempo indeterminato. I dati europei mostrano come, in particolare per le nuove generazioni, la tendenza alla transizione, anche tra contratti a tempo indeterminato, sia frequente. Se nel 1995 il 29% dei lavoratori tra i 25 e i 39 anni avevano un tempo di permanenza media in un posto di lavoro superiore ai 10 anni, nel 2015 questa percentuale si è ridotta al 18%, con un parallelo aumento di coloro che hanno tempi di permanenza tra 1 e 4 anni.
Lo scenario di Industria 4.0, fortemente legato ai processi di innovazione, non potrà che accentuare il trend di transizione costante; è anzi possibile immaginare che ne amplierà e arricchirà i contenuti.

Come per i consulenti ICT, i Business Analyst e gli Human Resources, anche i Facility Manager devono armonicamente partecipare alla creazione, avvalendosi delle piattaforme tecnologiche, di nuovi modelli organizzativi smart per raggiungere traguardi d’eccellenza e vincere le sfide del futuro.
Il Facility Manager, in questa quarta rivoluzione, riveste un fondamentale ruolo, per tutto ciò che esiste, o si adatta/realizza al servizio di ciò che ha già vita, nel processo d’innovazione, in stretta correlazione con gli altri attori.

La diffusione dello Smart Working rappresenta, allora, la principale sfida nella gestione delle Risorse Umane, con forti ricadute economiche:

  • riduzione delle infrastrutture edili e servizi correlati;
  • necessità d’innovazione nelle attività di Facility Management;
  • potenziale incremento della competitività;
  • recruiting senza limiti territoriali.

Nuovi modelli organizzativi: piattaforme informatiche (digitalizzazione aziendale, larga banda, cyber security, GDPR, Algoritmi per il monitoraggio del lavoro, ecc.).

La principale sfida nella gestione delle Risorse Umane, con forti ricadute sociali sulle persone:

  • qualità della vita;
  • rimodulazione dei benefit;
  • tempo libero e salute;
  • migliori rapporti familiari.

La principale sfida nella gestione delle Risorse Umane, con forti ricadute sociali pubbliche:

  • riduzione della Mobilità;
  • riduzione delle ore lavorative effettive;
  • riduzione dei costi legati alla mobilità (parcheggi, carburante, pedaggi, biglietti mezzi, ecc.);
  • riduzione degli impatti sulle infrastrutture pubbliche, con ricadute positive sui bilanci pubblici;
  • recupero di risorse economiche pubbliche destinabili al finanziamento dello Smart Working;
  • riduzione dell’inquinamento ambientale e delle emissioni di CO2.

 

Articolo a cura di Michele Piano

Profilo Autore

Michele Piano (m.piano@laboratoriosostenibilita.ch), Progettista e Docente di Master in Business Analysis e Facility Management. Business Analyst in progetti internazionali di Ricerca e Sviluppo Sostenibile.
Plurilaureato, Formazione avanzata e master in M&A, Legislazione Informatica, Business Analysis e Sustainability Facility Manager. Progettista e Docente in Corsi Universitari e Master, di Informatica, Domotica e Sostenibilità. Direttore in Progetti di Ricerca. Membro di Comitati Scientifici sui temi Domotici, Energetici e della Sostenibilità. Direttore di Centro Studi sulla Sostenibilità. Direttore e Business Analyst, dal 1986, in progetti Europei di Domotica, Automazione, Energia da Fonti Rinnovabili, Edilizia Sostenibile, Social Housing, Smart Cities, Ambiente, Health ed HR.

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