Riflessioni su come fronteggiare e superare le situazioni di crisi

Nell’estate del 2009 Heifetz, Grashow e Linsky pubblicarono un saggio che, con riferimento alla pesante recessione e al vertiginoso crollo del PIL vissuto in quel periodo da numerose economie nazionali, evidenziava come dai dirigenti di azienda si dovesse pretendere un particolare impegno sia per affrontare le cause che avevano generato la crisi sia per costruire la capacità di prosperare in una nuova realtà, atteso che, ad avviso degli autori, “quando l’economia si riprenderà, le cose non torneranno alla normalità e sarà richiesta una diversa modalità di leadership”[1]. Secondo i noti studiosi, infatti, nelle situazioni emergenziali i capi delle organizzazioni, oltre ad assolvere al compito di stabilizzare il contesto e prendere tempo, hanno il dovere di “usare la leadership per generare di più leadership nel profondo dell’organizzazione”.

In quel contributo, inoltre, i ricercatori, superando gli steccati delle molteplici descrizioni dei profili di leader enunciate in dottrina, esprimevano la consapevolezza che “è un’illusione aspettarsi che un leader da solo troverà la strada migliore per il futuro”, indicando in questo modo l’esigenza di ricercare nuove, efficaci metodiche comunicative e motivazionali in grado di coinvolgere le persone al lavoro.

Tanto, si badi bene, senza immaginare che nel quinquennio successivo si sarebbe sviluppata una ulteriore crisi, legata ai debiti sovrani e alle finanze pubbliche impegnate a sostenere i debiti dei sistemi bancari, a cui avrebbe fatto seguito lo stravolgimento dei sistemi organizzativi e produttivi conseguente alla violenta e grave pandemia da COVID-19 che il mondo intero vive ancora.

Proprio per questo le considerazioni espresse dagli autori, oggi più che mai, meritano di essere meditate: è di tutta evidenza, in effetti, la urgenza di un cambio di passo verso una leadership adeguata ai processi di resilienza e di rinascita necessitati dalla complessità del momento. Da qui la scelta del presente approfondimento sull’argomento tema.

Nell’affrontare il tema della leadership, peraltro, vale la pena di ricordare che la dottrina ha prodotto tante definizioni quanti sono stati coloro che hanno tentato di chiudere il concetto entro una rigida categoria di significato.

Con riferimento anche a precedenti interventi inerenti alle diverse modalità di leadership, che questa Rivista ha già ospitato[2], appare quanto meno opportuno principiare dall’invito di Kotter a superare la possibile confusione tra i concetti di management e di leadership così da evidenziarne il rispettivo ruolo, per soffermarci su quello del leader così da mettere a fuoco quali caratteristiche richiedere a quello chiamato al cambiamento indispensabile a governare aziende ed enti nei momenti di incertezza quale quello che si sta vivendo con profonda sofferenza[3].

Ebbene, mentre il manager è colui che fa le cose nel modo giusto, il leader è la persona che fa le cose giuste; i manager, dunque, spingono, in quanto “gestiscono” (manage), i leader, invece, attirano, poiché ad essi si chiede di “dirigere” (lead); in altri termini, risulta necessario che il leader, come sapientemente espresso nella lingua cinese, con il termine ling-dao (dove l’ideogramma ling indica la “testa”, mentre quello dao, la “via”, il “principio” inteso come valore) indichi la direzione da seguire per assicurare la sopra-vivenza dell’organizzazione (la sua esistenza come sistema) partendo dalla necessaria consapevolezza di dovere essere in grado di interagire con l’ambiente in continua evoluzione così da rivedere costantemente le strategie, valutandone l’efficacia, al fine di fornire con adeguata flessibilità le risposte conseguenti.

In questa operatività giova la rappresentazione della organizzazione quale “sistema vivente” in quanto meglio di altre si presta al concepimento e alla realizzazione di progetti complessi e unitari che le permettono di essere pronta a rispondere alle sollecitazioni verso il cambiamento, poiché al pari dell’organo vivente, risulta presidiata da un processo dinamico, sensibile ai problemi e in grado di produrre reazioni.

Al leader, che nella metafora organicistica corrisponde al ling (la testa), allora, è richiesta quella capacità di indicare il dao (la via) avvalendosi di una creatività, che risulta essere la più potente fonte di energia e di motivazione al conseguimento degli obiettivi dell’organizzazione.

La creatività, infatti, va intesa come il luogo di relazione in grado di offrire l’occasione per l’affermazione professionale e la crescita di tutte le persone che sono nell’organizzazione; esse, vivendo rapporti interpersonali, sono incoraggiate ad adattarsi alle mutevoli richieste del mercato modificando le proprie competenze (possedute e acquisite) in funzione delle necessità e con le modalità che valutino più convenienti.

Si deve a Bass l’asserzione che la leadership altro non è se non un tratto soggettivo della personalità, mezzo per raggiungere determinati risultati, strumento di persuasione e di influenzamento delle persone al lavoro[4]. Questa precisazione discende da quella “leadership trasformazionale”, argomentata appunto da Bass come snodo del riconoscimento del valore delle persone al lavoro[5], esitata alla fine degli anni sessanta del XX secolo dalla consapevolezza che “l’approccio contingente”, esplicitato in diverse teorie e modelli definiti “transazionali” costituisse un filone di ricerca superato, atteso che non aveva in debita considerazione la necessità che al leader si dovesse domandare di dare vita anche a un cambiamento sociale atto a influenzare la crescita umana e professionale delle persone.

Una tale operatività dimostra come al leader, vieppiù in costanza di situazioni critiche, si debba domandare di essere un innovatore dimostrando che non ha paura del futuro e sa intervenire per gestire cambiamenti complessi anche correggendo propri errori di valutazione o di progettazione.

Si delinea a questo punto quella distinzione tra “capacità tecniche” (proprie dei problemi di cui si conosce la soluzione) e la leadership in grado cioè di accettare l’incertezza e la conflittualità accogliendo eventuali disequilibri.

Si tratta di una capacità legata all’intelletto e, dunque, all’inventiva e allo spirito d’iniziativa, che non può prescindere dalla consapevolezza del dovere operare dando spazio all’attitudine a produrre le possibili soluzioni per un dato problema, in particolare per un problema che non preveda soltanto una risposta corretta[6].

A questo leader, tuttavia, occorre innanzitutto una vision chiara da cui discendano vuoi l’accettazione delle incertezze e del pericolo, stante la matura consapevolezza della vulnerabilità propria e del sistema governato, vuoi la indipendenza dall’autorità in modo da affrontare le sfide della crisi, la soluzione delle quali, sicuramente complessa, si appalesa graduale e, soprattutto, comporta il coinvolgimento delle persone al lavoro verso le quali sarà indispensabile assicurare sia una corretta comunicazione che un articolato, proficuo percorso formativo, funzionale ad adeguare le conoscenze ma pure a stimolare alla consapevolezza del singolo ruolo[7]..

Quasi a rispondere al bisogno espresso nell’articolo da cui prende le mosse il presente contributo, in un loro successivo studio Heifetz , Linsky e Grashow, facendo pieno riferimento ai principi della biologia evolutiva di Darwin per confermare il paragone tra l’organizzazione e il “sistema vivente”, auspicano una capacità adattiva da parte del leader nel fronteggiare l’emergenza e indicano la via per mobilitare e indirizzare le energie efficaci a “generare di più leadership nel profondo dell’organizzazione”[8]. Si tratta di una vera e propria guida contenente metodiche e strumenti che costituiscono utile ausilio per comprendere come condurre le persone al lavoro fuori dalle loro zone di comfort, sostenendole nelle sfide più difficili per il successo della organizzazione, così da potere affrontare anche le situazioni di difficotà.

Va chiarito però che per fronteggiare e superare le crisi, anche quella della pandemia, non occorre un leader eccezionale, dotato di super poteri: è indispensabile semplicemente essere un professionista abile a governare la organizzazione in spirito di “metànoia”[9].

Si delinea così il bisogno di una figura di leader capace di assumere i rischi, di definire le priorità dell’azione, di velocizzare le decisioni, di parlare alle persone in modo empatico e, soprattutto, di guardare al futuro. A questa condizione sarà possibile concretizzare quel quadro di condivisione che consente di incanalare convenientemente il contributo di tutti coloro che costituiscono l’organizzazione accrescendo nei singoli individui quella consapevolezza che è il presupposto per rendere forti e concreti i rapporti interpersonali necessari a rendere possibile ogni cambiamento organizzativo. Appare, infatti, pienamente condivisibile la convinzione espressa da Morgan che “le organizzazioni sono realtà socialmente costituite che si trovano più nelle menti dei loro membri che nelle strutture, nelle norme, nei rapporti concreti che le caratterizzano”[10].

Note

[1] Heifetz R., Grashow A., Linsky M., “Leadership in a (Permanent) Crisis”, Harvard Business Review | July–August 2009.

[2] In particolare si vedano: Di Sabato T., “La resistenza al cambiamento e il ruolo del leader, Leadership & Management del 2 aprile 2019; De Giosa V., Di Sabato T., “Clima organizzativo e leadership: dal successo del singolo alla forza del gruppo”, Leadership & Management del 14 novembre 2019.

[3] Cfr. Kotter J.P., Il fattore leadership, Sperling & Kupfer, Milano, 1989.

[4] Bochicchio F., Di Sabato T., Apprendimento e cambiamento nelle organizzazioni, Libellula, Tricase, 2018.

[5] Bass M. B., Psicologia e guida degli uomini nelle organizzazioni, Franco Angeli, Milano, 1975.

[6] De Giosa V., Di Sabato T., “La creatività come presupposto per governare l’organizzazione flessibile, Leadership & Management del 2 luglio 2019.

[7] Cfr. Senge P. M, La Quinta Disciplina: l’arte e la pratica dell’apprendimento organizzativo, Editoriale Scientifica, Napoli, 2019.

[8] Heifetz R., Linsky M., Grashow A., La pratica della leadership adattiva (trad. it. Stefano Zordan), Franco Angeli, Milano, 2018.

[9] Col significato di “profondo mutamento nel modo di pensare, di sentire, di giudicare le cose” – traslitterazione del greco μετάνοια [derivato di μετανοέω «cambiar parere», composto di μετα- «meta-» e νοέω «intendere, pensare»] – www.treccani.it>vocabolario.

[10] Morgan G., IMAGES, le metafore dell’organizzazione, Franco Angeli, Milano, 2015, pag. 189.

 

Articolo a cura di Tommaso Di Sabato

Profilo Autore

Docente presso la Scuola di Alta Formazione della UNINT- Roma e Collaboratore del Consorzio Interuniversitario sulla Formazione – Torino.
Già Direttore vicario della Ripartizione Risorse Umane di UNISALENTO e Professore a contratto dei Corsi di Laurea in Scienza dell'Amministrazione - Facoltà di Giurisprudenza di UniTELMA – Roma.

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