Questa faccenda della leadership ci sta sfuggendo di mano?

Considerazioni personali (e molto ciniche), dopo quasi 20 anni di carriera

Molto è già stato scritto sulla leadership. Pertanto, vorrei portare un punto di vista personale e cinico sull’argomento frutto di qualche anno di esperienza nell’accompagnare le aziende nel processo di innovazione e di change management.

Dopo qualche ricerca, non posso che essere d’accordo con Burns[1]: la leadership è “uno dei fenomeni al mondo più osservati e meno compresi”. Recentemente ho avuto modo di mettere a fattor comune qualche mia esperienza in merito. Condivido di seguito qualche pensiero che né scaturito.

  • Cosa significa essere Leader? E cos’è la leadership?
  • Il concetto di leadership è spesso associato al concetto di potere. E’ ancora così? E’ ancora utile?
  • Leader si nasce o si diventa?
  • I gruppi hanno davvero bisogno di un leader?
  • I leader fanno davvero la differenza? In che contesto?
  • Qualche esempio di diverso stile di leadership

Cosa significa essere Leader? E cos’è la leadership?

“I leader sono coloro che sanno ispirare le persone all’azione” . Questo è ciò che afferma Simon Sinek[2]. Mi trova totalmente d’accordo. Sono persone che credono in qualcosa e agiscono di conseguenza. Di solito hanno delle forti personalità e un quoziente intellettivo sopra la media. Questo perché sanno interpretare le situazioni e sanno comprendere le persone con cui interagiscono, spingendole (o tirandole!) nella direzione più funzionale agli obiettivi comuni.

Nella mia esperienza ho imparato a catalogare i diversi stili di leadership secondo 6 paradossi:

Il leader, dunque, si muove lungo questi assi, adattando il suo comportamento alle situazioni, alla strategia, al momento storico aziendale e alla persona con cui sta interagendo. In particolare, per quanto riguarda la persona, il buon leader è capace di far leva sui punti di forza dell’interlocutore agendo anche sulle aspirazioni e sulle attitudini affichè possa realizzarsi nel raggiungere obiettivi comuni.

Di conseguenza, la leadership è il processo attraverso cui uno o più individui guidano gli altri membri del gruppo verso il raggiungimento di obiettivi condivisi attraverso la coordinazione, il sostegno e la motivazione. La leadership è un processo relazionale, che include leader, seguaci e la situazione di gruppo. E’ un processo di transazione, in cui leader e membri si scambiano tempo, energia, ed abilità. E’ un processo di trasformazione, in quanto i leader trasformano (aumentano) la motivazione, la sicurezza e la soddisfazione dei membri del gruppo, modificando credenze e bisogni dei singoli. Credo che, in effetti, sia un processo cooperativo di legittima influenza.

Il concetto di leadership è spesso associato al concetto di potere. E’ ancora così? E’ ancora utile?

Recentemente la figura del capo è stata demonizzata a favore di quella di leader. Sui social più disparati imperversano tutt’ora (e francamente hanno stancato!) vignette, racconti e barzellette sui capi egocentristi, dittatori e opportunisti.

Ma spesso la leadership è intesa ancora proprio come esercizio di potere. Secondo questo pensiero, quindi, un buon leader è colui che manipola, controlla e induce i suoi subordinati all’obbedienza. Esattamente come un capo di vecchia concezione. I capi, tuttavia, non sono necessariamente leader, sebbene la targetta sulla porta conferisca loro uno status autoritario.

La leadership è, a mio parere, una forma di potere a tutti gli effetti, ma non sulle persone, piuttosto con (e per) le persone.

Il leader (positivo) deve necessariamente agire per un bene comune, operare per il raggiungimento pieno di una visione.

Leader si nasce o si diventa?

Aristotele riteneva che fosse la natura a determinare il potenziale di leadership di un individuo: “Gli uomini sono destinati sian dalla nascita a governare o ad essere governati”. Sebbene sia vero che alcune persone possiedono delle qualità (ad es., intelligenza) che aumentano la probabilità di assumere un ruolo di leadership, la ricerca mostra che la leadership è solo in parte determinata dai geni. I geni ci forniscono una base, ma il potenziale di leadership sembra essere determinato in misura ben maggiore dall’ambiente. Quindi, il leader non è un predestinato. E’ solo qualcuno che “ci crede di più” e si fa carico delle situazioni in modo spontaneo.

I gruppi hanno davvero bisogno di un leader?

Probabilmente i gruppi che hanno un’esistenza limitata possono funzionare anche senza un leader, attraverso la condivisione delle responsabilità.

I gruppi la cui esistenza è prolungata nel tempo o che si trovano ad affrontare compiti complessi o che sperimentano conflitti, necessitano di una coordinazione tra i membri. Tale coordinazione è in genere affidata al leader. E’ quindi inevitabile che ci siano più leader nelle organizzazioni.

Un leader assolve a numerose funzioni nel gruppo, che vengono classificate in due principali categorie.

  1. Leadership orientata al compito (task-leadership), che si concentra sugli obiettivi del gruppo e sul loro raggiungimento; include attività quali: fissare obiettivi e standard, identificare e assegnare ruoli, sviluppare procedure, fornire un feedback, pianificare attività, coordinare.
  2. Leadership orientata alle relazioni (relationship leadership), che si concentra sugli aspetti relazionali. Include attività quali: aumentare la soddisfazione, migliorare il morale, fornire incoraggiamento e sostegno, stabilire rapporti, mostrare interesse e preoccupazione.

I leader fanno davvero la differenza? In che contesto?

Nel recente passato ho incontrato molte aziende che prendevano consapevolezza che leader e manager (capo) non sono esattamente la stessa cosa. Mentre tentano di migliorare le proprie capacità di leadership, le aziende dovrebbero tenere presente che una leadership forte associata a un management debole non è una buona combinazione e, in verità, qualche volta è anche peggiore della combinazione contraria. La vera sfida è quella di bilanciare una leadership forte con un management altrettanto forte. Naturalmente, non tutti gli individui possono essere efficaci sia nella direzione che nella gestione. Alcuni hanno le capacità per essere eccellenti manager ma non per essere leader efficaci. Altri hanno enormi potenzialità di leadership ma, per le ragioni più diverse, hanno grosse difficoltà a diventare manager efficaci. Le aziende di successo sono quelle che prendono in considerazione entrambi i tipi di individui e si impegnano per integrarli nell’organizzazione.

La tendenza delle aziende oggi è quella di avere una struttura organizzativa sempre più piatta. Meno livelli, lavoro di team, agilità, proattività e reattività portate all’estremo per poter stare al passo con il mondo tecnologico e non solo che si muove a velocità impressionanti. Questo è sicuramente terreno fertile per la concezione di leader che ho voluto qui esprimere.

Tutti possiamo essere leader a seconda della situazione che si deve affrontare. E’ dunque importantissimo che le persone abbiano consapevolezza di se stessi, del contesto, degli obiettivi comuni. Le organizzazioni devono quindi essere trasparenti e devono aiutare le persone ad essere responsabili, aperte al dialogo e accoglienti.

In sostanza…fare il leader è un lavoro!

Qualche esempio di diverso stile di leadership

Nella mia esperienza lavorativa ho avuto modo di fare cose diverse e incontrare persone diverse. In ogni organizzazione ho trovato stili di leadership molto differenti. Alcuni coerenti con la cultura, la strategia, il contesto e il periodo storico aziendale, altri decisamente in distonia. Inutile dire che nel secondo caso le performance erano quasi disastrose. Ma la cosa più grave è che nell’ultimo caso di distonia che ho vissuto, l’azienda non ne era consapevole.

In quel contesto la leadership è stata usata come puro strumento di potere. Senza avere il giusto carisma, senza dare ne avere fiducia nei collaboratori, senza competenza. In questa organizzazione, un buon leader è colui che manipola, controlla e induce i suoi subordinati all’obbedienza. Ma le persone che usano il potere e la coercizione non sono necessariamente leader, sebbene possano rivestire posti di comando.

In un’altra organizzazione, invece, ho avuto l’opportunità di vivere il passaggio da una leadership aspirazionale a una ispirazionale. L’azienda in questione aveva un assetto organizzativo molto gerarchico e piramidale. La massima espirazione delle persone era quella di “arrivare in cima”. Più si sale e più la piramide si chiude a punta però! L’azienda creava costantemente figure di micro management solo per dare riconoscimento con l’inevitabile conseguenza di ingessare i processi. Era necessario un cambio di paradigma. Passare, dunque, a uno stile di leadership aziendale basato sull’ispirazione. In questo modo le persone erano portate a fare sempre meglio sicure di ricevere dei riconoscimenti che prescindevano dal grado e dalla targhetta sulla porta.

In generale, nell’ultimo periodo, ho potuto positivamente osservare come molti imprenditori e manager italiani nel periodo di lockdown hanno agito applicando una leadership transazionale. Con mercati in contrazione e in una situazione di forzato distanziamento, sono comunque riusciti a raccogliere il desiderio di azione dei propri collaboratori e ad aprire con loro nuove strade. Sono figure in genere caratterizzate non solo da comprensione del loro business e della tecnologia ma anche e soprattutto persone guidate da un reale senso di rispetto e di stima per i propri collaboratori.

Ciò permette loro di cogliere emozioni, valori e morale dei colleghi e di sentirsi chiamati a lavorare non solo con loro ma anche e soprattutto per loro, in una logica di servizio. L’aspetto emotivo energizza e la percezione di urgenza fa convergere verso obiettivi comuni.

Riferimenti

  • Start with why – Simon Sinek
  • Leading Change – JP Kotter
  • Leadership – James McGregor Burns

Note

[1] James McGregor Burns è stato uno storico e politologo americano, biografo presidenziale e autorità negli studi sulla leadership. Ha definito i leader trasformazionali come coloro che cercano di cambiare i pensieri, le tecniche e gli obiettivi esistenti per ottenere risultati migliori e un bene maggiore. Burns ha anche descritto i leader trasformazionali come coloro che si concentrano sui bisogni essenziali dei collaboratori.

[2] Simon Oliver Sinek (Londra, 9 ottobre 1973) è uno scrittore e saggista inglese naturalizzato statunitense. Motivatore e consulente di marketing, è autore di diversi libri sui temi della comunicazione e della leadership fra cui i best-seller Start With Why e Leaders Eat Last

 

Articolo a cura di Virna Motta

Profilo Autore

Virna Motta si è laureata in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano con una specializzazione in Manufacturing&Management.
Dopo 10 anni in grandi aziende alimentari (Heinz Kraft e Barilla Group) come specialista nella gestione del portafoglio di innovazione, attualmente supporta aziende nell’applicare l’innovazione come processo sistematico.
Dal 2013, in collaborazione con ifM University of Cambridge, sta adottando la metodologia del Technology Roadmapping e modelli di Open Innovation in alcune grandi aziende italiane.
Dal 2014 è responsabile della gestione del "Osservatorio – Gestire e Misurare l’Innovazione", in cui le aziende di settori diversi possono fare rete e condividere esperienze.

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