Mettiamoci alle spalle la pandemia. Un 2022 senza rimpianti

Il rimpianto, come abbiamo visto nel precedente articolo, per sua stessa natura, implica un focus a breve termine, che tende a concentrarsi su una singola decisione, piuttosto che su una serie di decisioni. Il contesto più ampio della pandemia è invece un evento irripetibile che ha minacciato il benessere di tutti in tutto il mondo.

Però, dal momento che ha anche avuto un impatto così drammatico su ciascuno di noi a livello individuale, sul nostro lavoro, sulle nostre famiglie, sulla salute e sulla sicurezza, è facile perdere di vista quella visione più ampia. “Forse, con il passare del tempo, saremo in grado di metterlo in prospettiva e vedere che questa è una delle esperienze più uniche, potenti e consequenziali che ognuno di noi avrà avuto“, dice Neal Roese, autore del già citato libro “If Only”.

Il rimpianto e la pandemia

La maggior parte degli eventi più importanti della storia sono cose di cui leggiamo nei libri. Ma quanti di noi hanno effettivamente vissuto qualcosa di così tumultuoso come la pandemia?” Soffermarsi a prendere in considerazione l’entità di questa enorme tragedia condivisa può aiutare ad assolvere i rimpianti, afferma ancora Roese. “Darsi una prospettiva aiuta a capire che la nostra esperienza fa parte di un sistema più ampio di forze ed eventi interconnessi“,

Ma chiediamo ancora aiuto alla Professoressa Stefania Pighin, ricercatrice presso il Centro Interdipartimentale Mente/Cervello (CIMeC) dell’Università di Trento

Professoressa Pighin, il rimpianto sembra essersi acuito dopo il periodo di pandemia. Vi sono studi o verifiche su questo fenomeno?

Durante la pandemia, le occasioni per esperire rimpianto si sono fatte più frequenti e pervasive: dal rimpianto per non aver preso seriamente fin da subito le precauzioni anti contagio, al rimpianto per non aver acquistato, a tempo debito, una casa con giardino. Che la pandemia abbia influito negativamente sull’equilibrio emotivo delle persone non sorprende. Diversi studi scientifici hanno mostrato una correlazione positiva tra rimpianto, paura per il Covid-19, stress percepito e sintomi depressivi, non solo tra la popolazione generale ma anche tra i medici. Personalmente penso che non sia facile prevedere se, una volta superata definitivamente questa pandemia, il rimpianto tornerà ai livelli pre-pandemia ma è sicuramente un aspetto che attrarrà l’interesse scientifico e non solo.

Un punto che mi pare importante sottolineare è che anche il rimpianto anticipato, ovvero il rimpianto che prevediamo di provare in seguito alle nostre decisioni, sembra aver giocato un ruolo determinante nel corso della pandemia, influenzando vari comportamenti come l’accaparramento compulsivo di beni quando scarsamente disponibili o l’intenzione di sottoporsi o meno al vaccino. Secondo la “teoria del rimpianto”, infatti, le persone anticipano i sentimenti che potrebbero provare una volta che l’esito di una decisione diventa reale ed evitano di scegliere alternative potenzialmente associate ad alti livelli di rimpianto. Nella decisione di sottoporsi o meno al vaccino, ad esempio, verrebbero plausibilmente soppesati sia il rimpianto che l’individuo prevede di provare nel caso in cui la decisione di non vaccinarsi dovesse portare ad un esito indesiderato (come contrarre il Covid-19 in forma sintomatica), sia il ripianto che l’individuo prevede di provare nel caso in cui la decisione di vaccinarsi dovesse portare ad un esito indesiderato (come mostrare degli effetti collaterali del vaccino). Le ricerche pubblicate nel corso dell’ultimo anno, sebbene abbiano investigato principalmente le intenzioni di sottoporsi al vaccino e non il reale comportamento delle persone, mostrano che il rimpianto anticipato è un predittore cruciale per la decisione di voler fare o meno il vaccino.

Il rimpianto quanto può condizionare il processo di decision making in ambito aziendale?

Come per ogni ambito nel quale le decisioni sono prese in condizioni di incertezza, anche nell’ambito aziendale è possibile che il rimpianto (o il rimpianto anticipato) possa condizionare il processo decisionale. Ritengo sia incontrovertibile riconoscere un coinvolgimento del rimpianto in alcuni fenomeni come il sunk-cost o l’escalation of commitment. E’ stato recentemente dimostrato che il rimpianto anticipato correla negativamente con la percezione del successo di un dato progetto, con le raccomandazioni sul finanziamento di un progetto percepito come fallimentare e con il coinvolgimento effettivo nel progetto in questione. Vi sono ovviamente molti altri aspetti della vita aziendale per i quali il rimpianto gioca ruoli cruciali. Si pensi, ad esempio, al fatto che il rimpianto anticipato risulta avere un’influenza positiva sulla nascita di nuovi progetti e start-up, incentivando l’attuazione di piani latenti.

Il sentimento del rimpianto può essere incanalato e capitalizzato efficacemente?

Ritengo che la risposta a questa domanda sia affermativa e, probabilmente, parzialmente insita anche in quanto detto sopra. In generale, la letteratura psicologica sostiene che le emozioni negative implichino processi cognitivi differenti rispetto alle emozioni positive. Se le emozioni positive tendono a ridurre la motivazione dell’individuo a ragionare in modo dettagliato, favorendo l’uso di strategie di pensiero semplificate, le emozioni negative sembrano favorire processi di pensiero più analitici. In tal senso, il rimpianto e il rimpianto anticipato possono stimolare un’analisi più approfondita della situazione in essere e/o l’avvio di un nuovo processo di acquisizione di informazioni che possa garantire un’analisi cognitiva rigorosa.

Molti manager si sono sentiti disconnessi dal lavoro e dai colleghi o insicuri riguardo alle loro scelte di lavoro. Piuttosto che soffermarsi su questi sentimenti, un’azione positiva potrebbe consistere nell’aprirsi agli altri, compresi i colleghi. “Mostrando di essere vulnerabili e condividendo un aspetto personale che ci ha messo in crisi, è possibile creare una connessione più forte con l’altra persona”, afferma Roese. “Questa è una ricetta verso una maggiore intimità che rafforza tutti nell’ambito di un rapporto di lavoro“.

Trasformare il rimpianto in opportunità

Per trasformare il rimpianto in opportunità, bisogna, come dice Roese, non ruminare sul passato ma avere il coraggio di affrontarlo e superarlo, anche ammettendo la propria vulnerabilità. Che cosa ne pensa, professoressa Pighin?

Sicuramente la posizione di Roese è condivisibile. Personalmente, però, mi sento di aggiungere una riflessione. Come già detto più volte, proviamo rimpianto quando pensiamo che una decisione diversa da quella che abbiamo preso avrebbe avuto conseguenze più favorevoli. Ora, se tale consapevolezza può essere garantita in contesti precisi (come può avvenire all’interno di un laboratorio in cui ogni variabile è sotto controllo), sicuramente non lo può essere in un mondo complesso e governato dall’incertezza. Nel mondo reale, come facciamo a sapere che una scelta diversa avrebbe davvero portato a conseguenze più favorevoli? Quando interrogate sui grandi rimpianti della vita, le persone citano frequentemente la decisione di non continuare gli studi o le scelte formative fatte, la decisione di interrompere/non interrompere una relazione personale o il fatto di essersi fatti sfuggire delle importanti occasioni lavorative. Quando provano rimpianto per queste decisioni, però, dimenticano spesso le motivazioni e le ragioni che le hanno spinte ad agire in un determinato modo e a prendere una determinata decisione e assumono che percorrere una strada alternativa sarebbe stata una garanzia di successo (o comunque, di miglioramento). Alcune delle mie ricerche sul pensiero controfattuale dimostrano che questo non avviene immediatamente dopo l’esperienza di un evento negativo, quando le ragioni del proprio comportamento sono ancora ben chiare. In tali situazioni, infatti, il rimpianto per le proprie azioni è generalmente inferiore a quello che ci si potrebbe aspettare. Ricordare le motivazioni delle nostre scelte e dei nostri comportamenti e realizzare che le strade alternative non sono necessariamente garanzie di successo potrebbe aiutare le persone a gestire in maniera più efficiente il rimpianto.

Con la quarta ondata Covid e l’economia ancora incerta, non abbiamo “chiuso” con la pandemia. Sotto questa minaccia percepita, il nostro sistema immunitario psicologico continua ad attivare le sue difese e non le spegne. Quando una minaccia persiste, in altre parole, le persone rimangono “bloccate” in narrazioni emotive che rendono difficile andare avanti.

La pandemia ha moltiplicato questa esperienza psicologica molte volte“, afferma Roese. “Covid è un dramma di lunga durata al rallentatore che ci impegna molto“. Con la chiusura emotiva ancora lontana all’orizzonte, è naturale non sentirsi ancora bene. È anche comprensibile che non tutti si sentano pronti a riformulare o imparare dai propri rimpianti.

Solo con il passare del tempo, possiamo guardare indietro a un’esperienza, vedere che siamo sopravvissuti e concentrarci sull’andare avanti“. Auguriamoci che questo 2022 confermi le nostre speranze.

Articolo a cura di Ugo Perugini

Profilo Autore

Ugo Perugini. Giornalista, blogger, collaboratore di “Vendere di più”- https://www.venderedipiu.it/, “Az Franchising” - https://azfranchising.com/az-franchising-magazine/ -, DM&C - http://www.dmcmagazine.it ; HR on line - www.aidp.it/riviste/indice-hronline.php. In passato, ha collaborato con “Beesness”- www.beesness.it ; Together HR, blog di Sky Lab http://www.togetherhr.com/bloghr-blog-risorse-umane/- “Senza Filtro” https://www.informazionesenzafiltro.it e altre pubbllicazioni
Il blog che cura è https://capoversonewleader.wordpress.com/

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