Leadership Orizzontale: a che punto siamo?

Da anni si sente parlare della necessità di cambiamento nella leadership per rispondere alle esigenze della business transformation, del passaggio dalla leadership tradizionale di tipo gerarchico, accentratrice e poco delegante a una di tipo orizzontale, in cui ogni persona è responsabile del proprio ruolo e funzione, capace di valutare l’errore per quello che di positivo può segnalare per apprendere e migliorare continuamente i processi. Una leadership in cui ognuno è parte di un tutto, il valore di ogni singolo è prezioso per il successo della squadra, perché l’eccellenza deriva da un percorso e non è mai di uno solo. Molto spesso, lavorando nelle aziende, mi accorgo che cose che sembrano scontate non lo sono: i ruoli e i processi non sono chiari ed esplicitati, le regole poco condivise e interiorizzate. Il tempo speso sul lavoro non ha quella pienezza che proviene dal sentirsi parte essenziale di un progetto come in un’orchestra in cui ogni strumento è basilare per la riuscita perfetta del concerto.

Si fa tanta formazione, ma quanto questi corsi riescono davvero a plasmare la realtà aziendale una volta terminati? Molti lavoratori, soprattutto quelli dei reparti produttivi, ne sono entusiasti, comprendono le potenzialità rivoluzionarie di un approccio diverso fondato su valori quali fiducia, rispetto, comunicazione, trasparenza, autonomia, assunzione di responsabilità e collaborazione ma, una volta terminata l’esperienza, si scontrano poi con la tradizionale routine ancorata al passato che ripristina vecchi schemi, rigidità dei ruoli, freddezza nei rapporti in cui anche 5 minuti in più dedicati ad ascoltare l’altro come persona e non solo come “macchina” produttiva possono fare la differenza!

Ci fosse un ascolto reale e non solo dichiarato tanti problemi verrebbero risolti velocemente con piccoli aggiustamenti in corso d’opera. Ma si preferisce restare seduti alla propria scrivania, mandare una mail e rinviare la soluzione. L’altro, che però si interfaccia quotidianamente con quella criticità, si sente ignorato e questo non giova certo alla qualità del lavoro e a una relazione collaborativa.

Nelle aziende che hanno provato a creare benessere nei luoghi di lavoro e a favorire una reale condivisione tra le persone, consentendo ad ognuno di sperimentare i propri talenti apportando idee nuove al contesto lavorativo attraverso il dialogo e connessioni autentiche tra livelli gerarchici differenti, la produttività è aumentata insieme ad un maggior attaccamento e rendimento sul lavoro e un minor turn over.

Noi coach crediamo profondamente nel valore delle domande, la nostra metodologia è socratica, pone domande cosiddette “potenti” che smuovono e fanno riflettere, consentendo ad ognuno di trovare le soluzioni dentro di sé o insieme con i propri colleghi/partner di riferimento. Porsi le domande corrette per analizzare processi e lavorare nei team è dunque molto importante per trovare soluzioni alle criticità, per innescare creatività e dare un contributo che funga da volano all’operatività di tutti i giorni. Quali sono le domande corrette?

Si tratta di passare dalla domanda “CHI” alla domanda “COSA” e “COME”?

Superare la logica del CHI è stato, della caccia al colpevole, consente di chiedersi COSA è successo per comprendere COME possiamo fare in modo che non si ripeta la prossima volta. Oppure: COSA è mancato e COME dobbiamo operare per evitarlo o per farlo sempre meglio?

Qui si richiede un salto di paradigma, un cambio di mentalità non indifferente che però farebbe risparmiare tempo ed energia inutilmente investiti in risposte a domande poco funzionali. Investigare e ricercare le cause e i perché per trovare nuove strade e modalità apre la mente, supera l’individualismo limitato per una ricerca corale orientata solo alle migliori soluzioni possibili. L’individuo non si sente chiamato in causa e sotto accusa, ed è quindi più orientato alla proattività, a trovare egli stesso nuovi metodi che snelliscano e semplifichino i processi.

Certo per realizzare questa leadership “diffusa”, come ho accennato sopra ci sono ingredienti importanti e imprescindibili: primo di tutto il coraggio di avviare il cambiamento, di uscire dall’operatività standardizzata e rassicurante del “si è sempre fatto così” per avventurarsi in territori sconosciuti in cui le regole si scrivono insieme e in cui ci si incontra per davvero per collaborare ad un progetto comune.

Altri strumenti fondamentali sono: la fiducia che è la base per una delega estesa che dà autonomia e che interpreta l’errore come qualcosa di assolutamente fisiologico per l’apprendimento di nuovi metodi e per lo sviluppo e il merito come risultato della squadra; il dialogo trasparente e diretto, contro l’eccesso di e-mail che confondono i reali destinatari delle informazioni, in cui alla fine l’essenziale è trascurato o tenuto riservato solo per pochi. Spesso si comunica troppo e ai destinatari sbagliati per non comunicare ciò che davvero conta. Nel meno sta il più!

Il rispetto poi tutti lo pretendono ma quanti lo praticano realmente? Sempre dalla fiducia discende anche l’autonomia, il sentirsi un po’ liberi professionisti di sé stessi, che fa sì che ognuno cerchi di dare il massimo per la riuscita del progetto comune, perché sa che anche il suo contributo può fare la differenza. Un clima di reale collaborazione poi amalgama e racchiude il tutto in un insieme coeso, efficace ed efficiente che sa snellire gli orpelli inutili nel senso di eliminare le prassi o le procedure che rallentano o complicano anziché semplificare. Ma anche qui dobbiamo fare i conti con il senso di realtà che pone resistenze di fronte al togliere o a cambiare metodi di lavoro, manca cioè quella capacità di aggiustare il tiro in base all’esperienza e all’osservazione oggettiva della realtà per cercare di prevenire anziché rimediare a cose avvenute. Ci si arena a volte su piccoli dettagli logistici o relazionali che se modificati o corretti porterebbero subito grandi benefici.

Trascuriamo le piccole cose pensando che dobbiamo fare chissà quali grandi cambiamenti e così non ci muoviamo mai, continuando a rinviare: al contrario, basta modificare anche di poco piccole abitudini operative sia nei metodi che nei rapporti interpersonali per produrre cambiamenti positivi. Sarebbe opportuno fare frequenti step di verifica, ponendosi domande quali: cosa sta funzionando in modo da poterlo aumentare? Cosa ha determinato il successo in quella particolare circostanza? Dall’altro lato, cosa mi sta frenando o creando problemi in modo da eliminarlo o diminuirlo drasticamente? Come vedete sono sempre le domande aperte che ci fanno riflettere in modo costruttivo, scoprendo nuovi modi o opportunità.

Una verifica che ognuno può fare singolarmente meglio ancora se poi diventa una modalità costante di verifica fatta all’interno del team di riferimento. Un buon leader non è mai fermo, ma si interroga continuamente sui processi, conosce bene i suoi collaboratori con i quali instaura un rapporto di stima e fiducia. Domanda e ascolta, è attento ai dettagli, inspira e infonde entusiasmo.

Diffondere la leadership in senso orizzontale all’interno delle aziende significherebbe amplificarne gli effetti positivi con un rinnovato benessere nei luoghi di lavoro: un obiettivo importante da non mancare per rendere le aziende più flessibili e pronte alle sfide sempre più imprevedibili dei mercati attuali e futuri ad alto potenziale.

A cura di: Raffaella Iaselli

Profilo Autore

Business, executive e personal coach PCC, Professional Certified Coach, Membro Comitato Etica ICF Italia Chapter italiano della Federazione Internazionale Coaching.
Trainer per aziende, manager e team sullo sviluppo delle competenze trasversali: leadership, comunicazione efficace e gestione emozioni, sviluppo dei talenti e motivazione per mantenere un alto livello di energia e benessere. Certificata EQ Assessor Six Seconds e nella metodologia CoachingbyValues che utilizza spesso anche nei change management delle fusioni aziendali e nei passaggi generazionali per dare senso di scopo e congruenza ai sistemi.
Direttrice della Fondazione Olly Onlus, attiva nel supportare i disagi giovanili con sede in Biella favorendo sinergia e rispetto dei ruoli tra docenti e genitori a favore della crescita costruttiva delle nuove generazioni.

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