Vincere le Emozioni nel Mondo del Lavoro

In quest’articolo parlo di relazioni, di processi comunicativi e di sistemi che sottendono questi meccanismi, in situazioni in cui ci si può sentire più vulnerabili come la relazione con il proprio capo percepito per il suo ruolo o per il suo comportamento come autorevole o a volte addirittura autoritario.

Il processo di comunicazione è spesso guidato da ciò che crediamo e pensiamo e si porta dietro tutto il bagaglio delle nostre esperienze, positive o negative che siano.

Spesso, allora, quando ci troviamo di fronte a figure percepite come autoritarie non riusciamo più ad essere spontanei e le emozioni più primordiali come la paura e l’ansia possono avvisarci che la situazione che stiamo per vivere può essere pericolosa, anche se nella realtà non lo è.

Interviene una forma d’ansia antica che può portarsi dietro diversi pensieri nascosti, come la paura del giudizio o il pensiero anticipatorio di non avere tutti gli strumenti utili per risolvere i problemi richiesti o di non sentirsi perfettamente adeguati.

Queste reazioni dipendono dagli schemi che abbiamo appreso e che ormai intervengono in automatico, influenzando le nostre reazioni emotive e quindi la performance di fronte a figure autoritarie.

Cosicchè avviene che in riunioni di lavoro o direttamente di fronte al proprio manager ci si possa sentire agitati e in confusione. Le reazioni emotive più inconsce potrebbero portare la persona a sviluppare diversi tipi di reazione: ci si potrebbe bloccare e chiudere in sé stessi, iniziando a non essere più precisi nelle risposte; un’insicurezza che rende evasivi, pur di non sbagliare.

Al contrario l’emotività potrebbe rendervi più nervosi del solito e attivare risposte paradossalmente più aggressive e dirette, con la conseguenza di mostrarsi meno collaborativi e poco gentili. L’altra reazione potrebbe essere, all’opposto, quella di essere troppo accondiscendenti, iniziare ad essere troppo passivi o rendersi addirittura “seduttivi”, nel senso buono del termine, mettendo eccessivamente in mostra il lato positivo del proprio lavoro, o elogiando troppo le parole e le azioni del capo.

Non sempre i manager si accorgono di questo, o sono focalizzati su questo tipo di reazioni, per cui il primo lavoro deve partire dal collaboratore.

Sono forme di ansia sociale le intense emozioni che si provano nel manifestare segnali di imbarazzo, disagio o stati d’ansia in situazioni in cui si è esposti pubblicamente.

Queste emozioni sono primordiali o istintive e avvengono prima ancora che l’evento minaccioso si verifichi, presentandosi in maniera anche cognitiva, di pensiero, sotto forme di preoccupazioni.

Il passaggio utile è invece occuparsi di ciò per cui siamo chiamati a rispondere, e focalizzarci cognitivamente sulla soluzione perché abbiamo tutte le risorse e le competenze per rispondere.

Ecco, quindi alcuni consigli per riconoscere gli schemi che hanno creato i sentieri emozionali non adeguati e modificandoli con altri più adeguati.

Il primo consiglio è di riconoscere questi schemi, capire in quali occasioni intervengano e cosa provocano.

Il secondo passaggio è di allenarsi e abituarsi ad inserire una nuova reazione e un nuovo comportamento, mettendo maggiormente a fuoco l’obiettivo della nostra relazione (cosa vuoi ottenere dal tuo interlocutore?). All’inizio potrebbe risultare meccanico, ma con l’esercizio e le ripetizioni, potreste inserire comportamenti più adeguati.

Può essere utile prendersi del tempo per “l’allenamento”, ossia l’analisi dei propri comportamenti, e soprattutto del proprio mondo emotivo, dedicandosi all’auto-osservazione dei propri comportamenti. Può essere utile osservare o svelare le piccole debolezze e/o piccole emozioni, spiacevoli o piacevoli, che si provano al momento in cui si verificano, mentre si è al lavoro, a casa con i propri familiari, con un amico (ad es. Mi sento un po’ triste…, Ho qualche difficoltà a far questo, etc..)

Questo esercizio permette di prendere maggiore consapevolezza su che cosa stiamo provando e nello stesso momento a rendere quell’emozione meno pericolosa perché più nota.

Quindi un segreto per capire le proprie emozioni è quello di non cercare di controllarle, ma consapevolizzarle e conoscerle dandogli un nome.

Attenzione anche alla profezia che si auto avvera. Nel momento che siamo di fronte ad un interlocutore autorevole, la consapevolezza ci può aiutare ma può portarci anche a focalizzarci troppo sull’elemento emotivo che cerchiamo di evitare con l’effetto opposto. Esempio: cerchi di controllare te stesso perché vuoi evitare determinate reazioni e invece quelle reazioni prendono il sopravvento e tu ti blocchi.

Durante l’incontro con il capo, a mio parere, può essere più utile esprimere i propri sentimenti, del tipo: “mi sento eccitato ad essere stato coinvolto in questa riunione/progetto per cui mentre gestisco queste mie emozioni sono pronto a dare il mio miglior contributo alla discussione”

In una prima fase può essere più utile rallentarsi rispetto a bloccarsi del tutto, comunque, trovare le risorse interiori, per rispondere a ciò per cui viene richiesto il proprio contributo. Ad esempio, meglio rallentare il proprio linguaggio e sforzarsi di rispondere piuttosto che fare scena muta e rimanere bloccati.

Voglio chiarire che come coach faccio capire ai miei clienti la distinzione tra il periodo di allenamento e il momento della performance. In quest’ultimo caso, infatti, occorre essere “pronti alla battaglia” ed elaborare la migliore risposta possibile per essere adeguati. Anche se poi alla fine vale sempre il principio che “errare è umano e possibile”; dall’errore posso elaborare, evolvermi e sviluppare risposte sempre migliori”.

Come ho affermato prima, distinguendo l’allenamento dalla performance, durante il colloquio con il capo occorre essere focalizzati su ciò che sappiamo e sui nostri punti di forza, per rafforzare l’autostima, piuttosto che capire o pensare a ciò che ci manca (avremo tutto il tempo successivamente di analizzare ciò che ci manca e di capire come migliorare).

E se non abbiamo la soluzione in tasca, non è un problema, non sentiamoci attaccati personalmente. È umano non poter avere tutte le conoscenze e tutti gli elementi, per cui impariamo anche a svelare le nostre debolezze senza paura; l’importante è mantenere la disponibilità di voler migliorare e accrescere le nostre competenze.

Abbiamo parlato di una competenza emotiva importante nel modello dell’Intelligenza emotiva portato avanti dai ricercatori capitanati da Joshua Freedman, sto parlando di Riconoscere i sentieri emozionali, navigare le emozioni (definizione di Joshua Freedman)

Gli input esterni sono tanti e veloci per cui il nostro cervello umano ha appreso nel tempo a fare economia e a seguire sentieri, chiamati anche schemi, o vie neurali che permettono reazioni altrettanto veloci. Gli schemi, che generano un insieme di idee e sentimenti, non sono altro che le guide che utilizziamo per osservare e interpretare il mondo. Purtroppo, non sempre questi sentieri si rivelano utili per le sfide che il mondo del business ci richiede giornalmente.

Riconoscere gli schemi ci aiuta, quindi, a predire le nostre reazioni e ad agire in maniera più consapevole, senza rimanere preda dell’inconscio e delle reazioni ricorrenti, cosa che può inibire le performance ottimali.

Questa abilità, permette di migliorare la propria leadership poiché le decisioni e le azioni sono più consapevoli e chiare.

Riconoscere i modelli è la chiave per divenire «profondi conoscitori del proprio sé», ovvero essere in grado di riconoscere i propri sentimenti, pensieri e azioni in situazioni tipiche. Allenarsi nel riconoscimento dei propri schemi rappresenta, quindi il primo passo verso la «gestione» delle proprie emozioni.

  • Allenamento:
    • Comprendere i sentieri di risposta emotiva, ossia il punto di innesco delle nostre reazioni emozionali;
    • Essere in grado di spiegare i perché emotivi e razionali di un comportamento, anche sotto stress;
    • Valutare quali percorsi sono utili e quali no;
    • Annotare le reazioni avute in una giornata in una agenda, verificando le ricorrenze.
  • Di fronte ad una persona percepita come autorevole:
    • Riconoscere i propri schemi vi aiuterà a comprendere come mai di fronte al capo, o a situazioni sfidanti, reagite sempre alla stessa maniera;
    • Comprendere questo vi metterà nelle condizioni di uscire dai ”sequestri emozionali inconsci”, evitare i comportamenti aggressivi, seduttivi o evasivi;
    • Comprendere che certe reazioni e comportamenti sono determinate da un nostro sentiero emozionale, invece che da una nostra reale volontà, ci consente di sviluppare strategie finalizzate al miglioramento;

Focalizzarsi sui propri obiettivi relazionali (cosa voglio ottenere?) permette di guidare in maniera più consapevole il comportamento seguente al presentarsi dell’emozione.

 

Articolo a cura di Massimo Perciavalle

Profilo Autore

Business e Career Coach, riconosciuto come Professional Certified Coach da ICF; trainer d’aula, sono il fondatore della società di formazione e consulenza Make it So. Laureato in psicologia con indirizzo del lavoro e delle organizzazioni a soli 23 anni, ha iniziato la sua carriera come formatore sullo sviluppo di competenze trasversali in una società di Telecomunicazioni.
E’ autore dei libri farsi assumere in tempo di crisi e Ottieni il lavoro che vuoi editi da Franco Angeli. Ultimo lavoro editoriale Offline è bello sempre di Franco Angeli editore.

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