Temporary Management in Crescita nelle Grandi Aziende

Il Temporary Management (di seguito TM) interessa sempre di più le aziende medio/grandi, che lo utilizzano con sempre maggior frequenza. È quanto emerge da una recente indagine promossa da Leading Network in collaborazione con IIM – Institute of Management Italy, che ha intervistato ben 364 aziende.

Il TM non è certamente un fatto nuovo per il mercato italiano, visto che le prime società specializzate hanno iniziato ad operare nel 1987: oggi se ne parla certamente molto e la discussione è divenuta sempre più vivace e ricca di contenuti. L’occasione per fare il punto della situazione è stata data da una nuova indagine, che si è avvalsa del supporto istituzionale di GIDP, Manageritalia e L’Impresa per la parte editoriale.

L’indagine ha visto ben 364 aziende rispondere al questionario strutturato predisposto: 68% le PMI, 14% quelle con fatturato tra 20 e 50 milioni e 18% quelle con fatturato superiore a 50 milioni. In particolare, al questionario hanno risposto 125 Direttori Risorse Umane.

Questa breve analisi si focalizza sulle aziende più grandi. Storicamente, gli albori del TM in Italia sono stati caratterizzati da:

  • progetti gestiti per lo più in aziende di piccole dimensioni, spesso per gestire situazioni di difficoltà o di crisi;
  • progetti per lo più riguardanti posizioni di top management;
  • gestione diretta del progetto da parte della società di temporary.

Già negli anni ’90, il quadro presenta significative evoluzioni:

  • il TM, importando modelli già in uso in altri paesi, diviene strumento operativo corrente anche per le aziende di grandi dimensioni, non solo in ruoli di top management, ma anche di management funzionale;
  • vengono introdotti in Italia dei modelli di servizio di matrice multinazionale;
  • le grandi aziende iniziano a prediligere un rapporto contrattuale diretto con il manager.

Riportiamo di seguito i dati più significativi dell’indagine relativi alle aziende medio grandi.

CONOSCENZA E UTILIZZO DELLO STRUMENTO

A livello complessivo, lo strumento è noto a circa il 70% delle aziende intervistate, con punte dell’89% tra le aziende più grandi. Le aziende utilizzatrici del servizio sono nel complesso cresciute, dal 10% del 1995 al 16% odierno, con le ovvie differenze legate alla dimensione dell’azienda: inesistente per le microaziende (sotto i 2 milioni di fatturato), la percentuale cresce al 12% nella fascia 20-50 milioni, fino a raggiungere il 33% nelle aziende più grandi, effetto di imitazione di modelli manageriali già ampiamente diffusi in altre realtà economiche avanzate.

Vediamo ora in quali situazioni e per quali ruoli è stato utilizzato il TM.

L’attuale crisi non poteva non riflettersi sulle situazioni di utilizzo del TM, che nel 50% dei casi è stato in operazioni di ristrutturazione aziendale, con un’incidenza particolarmente elevata nelle fasce dimensionali medie (20-100 milioni), con punte di oltre il 65%. Significativi anche i progetti relativi all’internazionalizzazione (25% per le aziende più grandi), al passaggio generazionale (15%) e a tematiche di delocalizzazione (33% per la classe 20-50 milioni).

Per quanto riguarda le aree di utilizzo, il maggiore interesse da parte di aziende grandi ha portato ad un incremento di ruoli di primo riporto funzionale: se infatti nel 1995, ben il 60% dei progetti riguardava ruoli di Direzione Generale, oggi tale percentuale è scesa al 14%, con punte del 33% nella classe 20-50 milioni. Per quanto riguarda le singole funzioni, prevalgono ruoli legati alle Operations (28%), alle Risorse Umane (24%) e alla finanza (20%). L’elevata presenza di interventi legati alle Risorse Umane è dovuta soprattutto alle aziende più grandi, in cui tale percentuale supera il 33% (e con progetti legati soprattutto ad attività di tipo straordinario).

L’area Commerciale, gettonatissima nel 1995 con il 53%, è scesa oggi sotto il 10%.

DURATA DEGLI INCARICHI

Una delle domande più frequenti che mi sento rivolgere da anni da manager e aziende e soprattutto dalla stampa. La durata iniziale stimata di un progetto dipende dall’obbiettivo finale dello stesso, da quello iniziale e dalle attività necessarie a raggiungere il primo: di conseguenza, qualsiasi considerazione generale sulla durata resta meramente accademica.

Ciò premesso, la durata prevalentemente (oltre 40%) è quella 6-12 mesi (che in parte riscontro come moda – in senso statistico – nella mia attività professionale dove il dato è di 9-12 mesi): punte oltre il 65% si evidenziano nella classe 20-100 milioni. Significativi anche i progetti oltre i 24 mesi e quelli sotto i 6 mesi nelle aziende più grandi (25% in entrambi i casi). Ho cercato di approfondire il discorso basandomi su conoscenze dirette di progetti e su interviste di approfondimento dirette con manager e aziende: il caso di progetti “lunghi” si spiega soprattutto con il fatto che molti progetti nascono con un orizzonte di 12-18 mesi, ma hanno spesso un’opzione di continuazione a favore dell’azienda, che altrettanto spesso la esercita portando la durata effettiva ai 24 mesi rilevati (l’indagine ha ovviamente censito il risultato finale, ma non il processo per arrivarci); quelli molto “corti” sono legati soprattutto ad operazioni straordinarie, a loro volta legate alla preminenza delle tematiche di crisi e ristrutturazioni sopra riportate.

Per quanto riguarda le modalità con cui viene gestito il contratto, prevale il rapporto come free lance con partita Iva (o sua società) con il 42%, seguito a ruota dal contratto come dirigente a tempo determinato con un 23% dovuto soprattutto alla grande rilevanza tra le grandi aziende.

RISULTATI RAGGIUNTI E SODDISFAZIONE

Partiamo dal livello di soddisfazione dell’azienda utilizzatrice: positivo il parere nel 90% dei casi (di cui il 62% in area di forte positività). Nelle aziende più grandi il dato si attesta sopra il 75%. In maniera del tutto consequenziale, la propensione al riutilizzo è molto alta nelle aziende medio grandi (dal 67% all’88% in quelle più grandi, con una quota di indecisi, ma nessuno contrario a nuovi progetti qualora se ne presentasse l’occasione). Elevata anche la “sponsorizzazione” indiretta del servizio: quasi il 70% delle aziende lo consiglierebbero a loro volta ad altre aziende. In decisa crescita l’utilizzo e la propensione al riutilizzo anche tra i Direttori HR, comparato con i dati di un’indagine GIDP del 2007:

COSA CERCA UNA GRANDE AZIENDA

Le tre cose più importanti:

  • seniority, ovvero esperienza nel ruolo maturata in contesti differenziati. Spesso si richiede che il manager sia sovradimensionato rispetto al compito per poter essere più incisivo, rapido ed efficace;
  • rapidità: sia nella fase preliminare in cui i tempi che vengono dati ad una società specializzata sono spesso di tre/quattro giorni, sia nella presa di contatto del manager con il problema da gestire (gli inglesi dicono che deve essere operative from day one);
  • competenza specifica, ovvero l’aver risolto il problema oggetto dell’incarico in altre situazioni simili, preferibilmente più articolate e complesse.

Per finire, a livello contrattuale, le grandi aziende tendono a preferire una gestione del rapporto diretta con il manager (nelle forme del contratto a progetto, contratto professionale e contratto dirigente a tempo determinato), utilizzando le società specializzate per la ricerca del manager (in tempi molto veloci) e il monitoraggio durante la vita del progetto.

COME SI MUOVERÀ IL MERCATO

Data la grande opera di sensibilizzazione sul tema che si sta facendo nell’ultimo periodo, è lecito aspettarsi da qui a 5 anni, dei numeri significativi anche dalle fasce più piccole (sotto i 20 milioni) e una crescita moderata nella fascia 20-50. Anche le grandi aziende, nonostante una quota già elevata, mostrano una maggiore propensione indicatrice di ulteriore crescita.

In termini qualitativi: il vero potenziale di crescita del mercato è nella fascia delle PMI, che ancora oggi denotano una grande esigenza di competenze manageriali per poter competere, specie in uno scenario sempre più internazionale e globale. Per queste aziende il TM è lo strumento ideale per portare in casa competenze di alto livello, non altrimenti disponibili, a costi accessibili, con il risultato di accrescere le capacità delle persone già operanti in azienda, che alla fine di un intervento saranno in grado di fare le stesse cose meglio di prima oppure di nuove. Su questa linea si muovono programmi di finanziamento di progetti di TM, sia a livello locale che a livello nazionale (es. il recente caso dei Temporary Export Manager). In un ipotetico percorso di razionalizzazione del bisogno, è sensibilmente aumentato il numero di PMI che riescono, autonomamente (magari in relazione all’ingresso di una nuova generazione più acculturata della precedente) o con l’ausilio di consulenti, a identificare una serie di problemi. Le associazioni imprenditoriali stanno lavorando per fornire ai loro associati sempre più informazioni sul TM e sulle possibilità che esso offre agli imprenditori.

Per quanto riguarda la tipologia di interventi, l’indagine odierna risente del difficile contesto degli ultimi anni: infatti, il 50% degli interventi ha riguardato operazioni di ristrutturazione aziendale, con un’incidenza particolarmente elevata nelle fasce dimensionali medie (20-100 milioni), con punte di oltre il 65%.

Con la seppur lenta uscita dalla crisi, il mercato si orienterà sempre più verso interventi orientati alla positività/ crescita/sviluppo: seguendo le indicazioni dell’indagine, le aree di maggior utilizzo del TM potrebbero quindi essere: la gestione di progetti specifici (65%, con punte dell’80% trasversale sulle varie classi dimensionali), il passaggio generazionale (47%) e le tematiche di internazionalizzazione (37%).

A cura di: Maurizio Quarta Institute of Interim Management Italian Chapter

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