Possibili scenari del lavoro impiegatizio dopo l’emergenza Coronavirus

L’emergenza da Covid-19 costituisce un tanto inaspettato, quanto violento fenomeno catalizzatore, destinato a imprimere un impulso decisivo a processi di cambiamento già da tempo in atto nel mondo del lavoro e nella società.

Un percorso iniziato venti, trent’anni fa, le cui direttrici si rinvengono da un lato nell’iperbolica e pervasiva affermazione della tecnologia in ogni campo dell’agire umano e dall’altro nel progressivo sgretolamento di pilastri del fattore lavoro che prima garantivano sicurezza e stabilità, in particolare nei tempi e nella localizzazione fisica.

Ma qual è la differenza rispetto al passato?

La differenza è che mentre nel recente passato forme di lavoro flessibili, agili e a distanza, come lo smart working e il telelavoro, erano per lo più delle opzioni residuali – talvolta persino sperimentali – rispetto alla regola generale del lavoro in azienda, oggi l’emergenza sanitaria le ha elevate – laddove sia possibile attuarle – a nuovo paradigma.

Le aziende in questo particolare momento storico stanno ricorrendo a metodologie più cautelative e – se vogliamo – più smart, perché devono garantire la salute e la sicurezza dei propri lavoratori attraverso il distanziamento fisico (coerentemente con quanto previsto dall’art. 41 della Costituzione, dall’art. 2087 del Codice Civile, dai decreti nazionali e dalle circolari regionali). E ciò ha senso, in quanto queste misure risultano essere fondamentali affinché il virus rallenti la propria diffusione. Ma anche quando – speriamo il prima possibile – tutto sarà veramente finito, le aziende avvertiranno comunque il bisogno di riplasmare i propri sistemi organizzativi per non farsi più travolgere da scenari fino a questo momento impensabili.

Durante gli ultimi quattro mesi, la paura del contagio e l’azione coercitiva delle autorità pubbliche hanno contribuito a spazzar via anche le ultime resistenze sull’opportunità di ricorrere in maniera massiva a queste forme di lavoro agile. E così, partendo dalle zone maggiormente a rischio, molte aziende, anche quelle che non erano già attive con una politica strutturata di smart working, hanno dovuto avviare una sorta di smart working di fatto.

Del resto, questa situazione complessa ci sta facendo persino “abituare” al nuovo modo di lavorare, cosicché anche in seguito risulterà difficile tornare alla precedente routine lavorativa. Non solo: già con la Fase 2 e la riapertura di gran parte delle attività stiamo sperimentando su noi stessi quanto sia impegnativo dal punto di vista psico-fisico riadattarsi alla vita fuori dalle mura domestiche. Abbiamo bisogno, cioè, di metabolizzare nuovamente i ritmi e la velocità degli spostamenti fisici. E non è per niente facile.

Infatti, laddove possibile, lo smart working e altre forme di lavoro a distanza rivelano la propria utilità e comodità anche ora che l’isolamento è cessato.

Chiaramente, questi enormi cambiamenti impatteranno – e in parte lo stiamo già osservando – sulla Dimensione relazionale del lavoro.

Il distanziamento fisico (e non sociale) ci porterà a ricalibrare la dimensione umana, a vivere in maniera diversa le relazioni con i colleghi e a dare un valore diverso a quello che potrebbe essere il lavoro in Team (sia nella declinazione di lavoro di gruppo che di gruppo di lavoro).

In fondo, lavorare da remoto è un po’ come preparare un esame da privatista: si studiano grosso modo gli stessi concetti, ma dall’assenza di confronto diretto con i propri colleghi di corso e con i propri docenti si perde gran parte dell’apprendimento informale, basato su elementi quali l’emulazione, il rispecchiamento, l’empatia, il confronto dialettico, etc.

Anche raccogliere informazioni sull’ambiente di lavoro, carpire gli umori, prestare ascolto a eventuali problematiche sarà più difficile se verrà drasticamente ridimensionata la conversazione informale, ossia quel breve momento di pausa all’interno di un turno di lavoro che ben si presta all’ascolto attivo di confidenze, sfoghi, lamentele più o meno velate dei propri collaboratori; utile altresì per accertarsi dello “stato di salute relazionale” dei propri dipendenti e monitorare i livelli di coesione, collaborazione e clima.

Allo stesso modo, le dinamiche di una riunione in videoconferenza non saranno le stesse di una riunione dal vivo. Quanto importanti sono nell’economia di una buona negoziazione i contributi della prossemica e del linguaggio non verbale? Comunicare occhi negli o occhi o in chat è molto diverso se bisogna prendere decisioni importanti.

Si supereranno poi gli open space e ciò potrebbe portare alla coesistenza di due nuovi spazi organizzativi: le “open home space” e le virtual room.

I primi erano nati nel recente passato per ottimizzare gli ambienti di lavoro, i costi di arredamento e strutture e, al contempo, per favorire la comunicazione interna, lo scambio e l’interazione tra colleghi, nell’ottica di una maggiore proliferazione di idee e di problem solving: ma è evidente che in una situazione di emergenza come quella che ci stiamo pian piano lasciando alle spalle gli open space rivelano tutto il proprio limite. Così vien facile immaginare che in un futuro prossimo il luogo di lavoro dell’impiegato (è bene specificarlo) possa diventare l’open home space: un’unica stanza della propria abitazione, attrezzata per ospitare contemporaneamente il lavoro di più componenti dello stesso nucleo familiare, impegnati a svolgere nello stesso luogo la propria attività per aziende diverse.

Ciò potrebbe dar vita a un’insolita forma di compresenza aziendale all’interno di uno stesso spazio abitativo, ma anche a inediti fenomeni di collaborazione tra parenti/colleghi-competitors. In questo modo le informazioni aziendali potrebbero essere maggiormente esposte al pericolo di diffusione proprio a causa della prossimità degli altri componenti del medesimo nucleo familiare.

La qual cosa comporterebbe una necessaria estensione dell’obbligo di riservatezza (ex art. 2105 Codice Civile) anche ai conviventi del lavoratore.

Mentre lo spazio comune per le comunicazioni tra dipendenti della stessa azienda sarà affidato ai già ben collaudati sistemi di messaggistica istantanea e ai servizi di web conferencing (come le virtual room), che proprio in queste settimane stanno mostrando a tutti le proprie potenzialità, soprattutto come supporto per la formazione a distanza.

La maggior parte di questi cambiamenti comporterà, infine, una complessiva revisione della normativa giuslavoristica e dei contratti collettivi, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti disciplinari che, con il lavoro da remoto, saranno maggiormente legati all’immagine e alla netiquette del lavoratore. Per esempio, fino ad oggi venivano sanzionati i dipendenti sorpresi a fumare, bere alcolici o a fare uso di sostanze stupefacenti nei locali aziendali. Fermo restando questo principio, una novità potrebbe essere quella di estendere simili provvedimenti anche ai lavoratori che attuino simili comportamenti fra le mura domestiche durante l’orario di lavoro.

 

Articolo a cura di Giuliano Pagnotta

Profilo Autore

Entusiasta HR Generalist, con esperienza maturata tra la Pubblica Amministrazione e CNH Industrial, Gruppo globale che opera nel settore dei Capital Goods.

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