Manager 2050 – Il Pensiero Complesso contro l’Analfabetismo Funzionale

Tutto sarà differente!

Sulla terra vivranno oltre nove miliardi di persone.

I veicoli diesel e benzina non esisteranno più.

Sbarcheremo su Marte.

E il manager?

Il professionista che per quasi un secolo è stato identificato con le funzioni di base teorizzate da Henri Fayol nella prima metà del 1900, l’esperto che fino a oggi ha Organizzato, Pianificato, Diretto, Coordinato e Controllato, che fine farà?

Andrà a colonizzare il Pianeta Rosso?

Negli anni della digital transformation e della flessibilità, dove tutto muta in fretta ed è interconnesso, come evolverà la figura manageriale?

Il management, per come lo abbiamo conosciuto, ha avuto il pregio di riuscire a riorganizzare attività complicate, riducendole in compiti e procedure più semplici e ripetibili. Da ora, però, questo non basta più.

Continuare ad applicare strumenti e modelli rigidi, concepiti per la gestione di un’epoca ormai passata, o addirittura pensare di navigare a vista, è un approccio che darebbe risultati inevitabilmente fallimentari.

L’ultra specializzazione, che ha caratterizzato gli ultimi decenni, ha apportato notevoli progressi, ma per contro ha frammentato i saperi, diventando un ostacolo a una visione globale e alla comprensione degli attuali problemi mondiali, economici, umani.

Se pensiamo all’innovazione tecnologica, ai cambiamenti geopolitici, relazionali e dei modelli di comportamento, viene spontaneo chiedersi come sia possibile che le attività manageriali siano rimaste pressoché immutate.

Le eccezionali trasformazioni che stiamo vivendo, rendono urgente un cambio di paradigma, spingendo i manager verso l’educazione a un pensiero più complesso, capace di creare continue connessioni tra le turbolenze dell’ambiente esterno, in cui l’azienda si trova a operare, e le sempre più articolate dinamiche interne.

Le situazioni da affrontare non sono più “semplicemente” difficili e faticose, ma che comunque prevedono una soluzione. Gli scenari che si stanno aprendo si possono definire Complessi, cioè composti da una molteplicità di fattori tra loro interdipendenti.

Il sociologo francese Edgar Morin, in merito alla complessità dice:

“C’è complessità quando sono inseparabili le differenti componenti che costituiscono un tutto e quando c’è un tessuto interdipendente, interattivo e inter-reattivo fra le parti e il tutto e fra il tutto e le parti.”

E qualche millennio prima, il grandissimo Aristotele avena già affermato che:

“L’intero è qualcosa di più delle parti.”

L’intreccio di elementi che interagiscono tra loro danno origine a situazioni in continua mutazione, che causano molta incertezza e non prevedono una soluzione univoca. Per questo, gli approcci manageriali tradizionali, quelli che semplificano e standardizzano, perdono la loro efficacia: non prendendo in considerazione il valore delle connessioni, non sono in grado di riconfigurarsi, d’adattarsi rapidamente e continuamente, d’inventare soluzioni originali e poco prevedibili.

I leader di domani saranno in grado di ragionare per scenari: dovranno analizzare continuamente e con lucida razionalità i fatti, poi associare a questi la creazione di svariate rappresentazioni del futuro, diverse tra loro, a volte contrastanti. Per orientarsi in questo nuovo panorama, dove sbiadiscono i riferimenti tradizionali, è necessario trovare altri strumenti e sviluppare ulteriori competenze.

Il manager del futuro dovrà:

  • mettere in discussione i suoi schemi tradizionali e creare dei collegamenti efficaci tra passato, presente e futuro;
  • essere sostenibile e inclusivo, ottenere l’integrazione tra Baby Boomers, Millennials e Generazione X e riuscire a connettere culture e civiltà a volte lontane, ma sempre più vicine;
  • usare opportunamente sia gli spazi fisici, sia quelli digitali;
  • stimolare l’innovazione, la collaborazione e la creazione di valore.

Promuovere l’interdisciplinarità sarà la strada giusta per rendere vantaggiose le trasformazioni in atto. Formazione interdisciplinare e passaggio dai rigidi modelli gerarchici, ai quali siamo stati abituati, a sistemi di organizzazione aziendale nuovi, con approcci più reticolari, che promuovano lo sviluppo delle capacità decisionali e della creatività di tutti i collaboratori.

Imparare a imparare sarà la competenza delle competenze!

La disponibilità all’apprendimento, più che le specifiche abilità, creerà valore nel mercato del futuro: apprendere implica nuove competenze e viceversa, crea un circolo virtuoso che si autoalimenta, rende capaci di stabilire collegamenti utili tra le conoscenze e di riuscire a muoversi con facilità in un determinato campo.

Al contrario, la resistenza alla comprensione di una nuova realtà, la riluttanza allo studio e all’acquisizione di attuali e insolite tendenze, porterà a un aumento dilagante dell’Analfabetismo Funzionale: lavoratori, o peggio ancora manager, con carenze nella formazione tecnico-professionale, che ragionano per preconcetti e riconducono le informazioni alla propria esperienza diretta.

Oggi, che i percorsi standard non offrono più le sicurezze di un tempo, si deve passare a qualcosa di rivoluzionario, uscire dagli schemi precostituiti, sperimentare nuovi sentieri e accettare le inquietudini che il “mai visto” e il “mai fatto” potrebbero provocare.

I nuovi traguardi del management aziendale saranno raggiunti con scambio d’idee e condivisione, integrando e convogliando le più disparate esperienze nella realizzazione delle imprese del futuro.

Bibliografia

 

Articolo a cura di Saverio Greco

 

Profilo Autore

Lavora da molti anni come Area Manager per importanti aziende farmaceutiche, occupandosi di selezione, gestione e sviluppo delle competenze.
Da sempre appassionato di leadership e comunicazione è autore dei libri LE PARABOLE DEL MANAGER (Mimep Docete, 2015) e MANAGER E VENDITORE TOP (HOW2 Edizioni, 2020).

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