Guidare i team di cura verso la sfida dell’invecchiamento demografico

Come guidare i team di cura

Un sistema sanitario efficace ed efficiente è: proattivo in prevenzione e trattamento, eroga trattamenti personalizzati, supporta il decision-making clinico; favorisce assistenza coordinata ed integrata, valutar l’efficacia degli interventi sanitari; coinvolge i pazienti nel processo di cura. Esercitare la leadership in questo contesto significa essere capaci di immaginare, pianificare e costruire il futuro proprio ed altrui: saper fare e saper essere leader trasformazionali. Il leader trasformazionale è carismatico e creativo, ispira e si lascia ispirare. È mentore e coach. Agisce secondo ciò che ritiene più giusto, mostrando elevati standard morali ed etici per arrivare a un successo etico. Il leader trasformazionale è percepito e descritto come avente capacità fuori dal comune sul piano tecnico ed emotivo-relazionale. D’altronde, come ricorda Goleman (2018), «i leader talentuosi emergono là dove cuore e testa, emozioni e pensiero, si incontrano».

Il tema dell’intelligenza emotiva nella leadership è al centro delle più recenti ricerche in materia di leadership ed efficacia organizzativa. È il quoziente emotivo (EQ) a determinare il successo della leadership. Potenziare il personale quoziente emotivo significa soddisfare quello che, ad oggi, contribuisce a elevati livelli di benessere organizzativo: la retribuzione emotiva. La dignità lavorativa dei propri collaboratori passa, innanzitutto, attraverso il riconoscimento e la garanzia della dignità personale di ciascuno, sostiene la scienza (1; 2). Come può un leader allenare la propria intelligenza emotiva? Sviluppando la propria forza interiore, quello sguardo lucido su di sé che induce all’apprendimento continuo e all’adozione di modalità di pensiero orientate alla crescita e, quindi, di schemi di comportamento orientati all’empowerment delle risorse (3). E cosa accade quando si profila l’errore? I collaboratori sbagliano. I leader sbagliano. Il migliore dei leader è colui che concede e si concede la possibilità di errare, perché umano. È colui che trasforma la crisi in opportunità, tollerando la frustrazione e rivolgendo a sé e agli altri un atteggiamento di compassione: non nel senso di pietà verso qualcuno, ma di riconoscimento delle emozioni proprie e altrui, rispettandole e accogliendole senza necessariamente agirle, mantenendo la comunicazione aperta e continuativa. Il leader emotivo-trasformazionale ha la capacità di comprendere non solo i bisogni esistenti dei suoi collaboratori ma attivarli su nuove motivazioni e desideri fino ad un livello superiore di autorealizzazione personale. D’altro canto, «l’arte della leadership – precisa Goleman – consiste nel portare e mantenere le persone nella fascia più alta dei livelli di performance» e questo succede quando le persone sono nel miglior stato di benessere personale. Quanta variabilità intra e interindividuale i leader sono chiamati ad orientare e valorizzare affinchè siano garantiti standard elevati di qualità tecnica ed emotivo-motivazionale.

Due forze stanno, infatti, caratterizzando il nostro tempo: l’interdipendenza e la diversità. L’interdipendenza è data dalla connessione continua di singoli e gruppi ed è una risorsa che orienta verso collaborazioni e alleanze. La diversità, invece, fa riferimento al bisogno di identità dei singoli e delle organizzazioni, che chiedono di essere ascoltati o rappresentati. Le due forze, insieme, creano un ambiente conflittuale, che richiede una nuova forma di leadership più completa e complessa che tenga conto dell’interazione di queste due forze. Tale nuova forma di leadership è definita connettiva (4) proprio perché cerca di cogliere tutte le possibili connessioni tra persone, gruppi, istituzioni, visioni e idee. Il leader connettivo presta attenzione a tutti in maniera saggia e accorta. Predilige la negoziazione, non cerca alleanze durature se non sono possibili per divergenza di valori e significati, ma sceglie collaborazioni a breve termine e su obiettivi circoscritti così da equilibrare principi etici, competizione, individualità e collettività. La leadership connettiva e i suoi principali strumenti – visione, comunicazione, motivazione, empowerment – possono ottenere il grande vantaggio di liberare energie e risorse inespresse contribuendo così al successo dell’azienda e, nello stesso tempo, alla soddisfazione nel lavoro dei collaboratori.

Il punto comune ai nuovi paradigmi di leadership efficace? “Being a mindful leader” (5; 6). Con il termine mindfulness si intende una qualità della mente che consiste nella «consapevolezza che emerge dal prestare attenzione di proposito, al momento presente e in maniera non giudicante, allo scorrere dell’esperienza, momento dopo momento». Il mindful leader è colui che allena un atteggiamento di presenza mentale e focalizzazione sugli obiettivi in modo creativo e compassionevole. Tali abilità sono in parte innate, ma possono essere allenate mediante specifiche pratiche di mindfulness. È ormai provato da numerosi studi scientifici che allenare questo particolare modo di prestare attenzione fa stare meglio, ed è in grado di modificare l’anatomia del cervello potenziando l’abilità di autoregolazione emotiva e la capacità di risolvere i problemi. Due skills imprescindibili per indossare gli abiti di un leader efficace.

Self organized teams

Accanto al potenziamento delle abilità di autoregolazione emozionale dei leaders è necessario considerare quali possono essere i modelli di lettura della dinamica leader-gruppo maggiormente funzionali ai ritmi e ai bisogni altamente variabili dei fruitori dei servizi. Tuttora le organizzazioni di cura adottano un modello gerarchico funzionale fondamentalmente basato su un assunto di base, anche giuridicamente corroborato, secondo il quale il leader (capo) pensa, valuta e decide e i collaboratori (sottoposti) attuano. In realtà tale impostazione presenta una serie di criticità sia in termini di impatto verso l’utenza che in termini di demotivazione, deresponsabilizzazione che di inefficienza complessiva del sistema.

Nel contempo sono cambiati i valori e le aspettative portate dalla nuova generazione di operatori del settore socio sanitario maggiormente inclini ad esprimere le loro visioni, sentire e abilità all’interno di di contesti lavorativi maggiormente fertili, valorizzanti nei quali percepire la potenzialità di affermazione professionale e di realizzazione di parte di quella identità sociale (E.Tajfel, 1978) basata sul contesto lavorativo.

L’insieme di tali elementi conducono alla necessità di adottare una nuova visione ed un nuovo approccio, in termini di stile di leadership, capace di produrre nel contempo i seguenti vantaggi:

– diminuire i tempi di risposta ai bisogni dei destinatari delle cure;

– incrementare L’engagement dei collaboratori e la loro motivazione;

– ridurre l’alto carico di lavoro dei coordinatori dei servizi.

In tal senso, allora, i team di lavoro possono essere accompagnati e sostenuti dal leader verso una loro “auto-organizzazione” ispirata al modello “self organised systems” (P. Krugman, 1996). Ovvero il leader facilita l’integrazione tra i membri del gruppo orientata a sviluppare una propria autonomia di problem solving, ad assumere un atteggiamento proattivo verso le criticità quotidianamente incontrate e per le quali chi sta “in prima linea” può ipotizzare e allocare i tempi di lavoro, l’uso delle risorse umane e materiali e tutti le integrazioni di dettaglio che solamente chi conosce da vicino la situazione è in grado di individuare e mobilitare. Un sistema così auto-organizzato, risulta quindi essere fluido, veloce e guidato dai valori e i drivers che il leader sa comunicare e costruire con i membri del team. La percezione del gruppo sarà quella di sentirsi oggetto di fiducia e di autonomia professionale, da intendersi non tanto come una delega delle responsabilità da parte del leader con i relativi vissuti “abbandonici” del caso, bensì come opportunità per dimostrare il proprio valore, capacità di affermazione e di impatto sulla vita delle persone di cui ci si prenda cura.

 

Bibliografia

  1. Goleman D. et al. (2002), The Emotional reality of teams, Journal of Organizational Excellence.
  2. Kouzes J.M. & Posner B.Z. (2013), Leadership Practices Inventory, Pfeiffer, San Francisco.
  3. Dweck C. (2019), Cambiare forma mentis per raggiungere il successo, Franco Angeli editore.
  4. Buchanan R. (2015), Worlds in the making: design, management, and the reform of organizational culture, The journal of design, management, economics and innovation.
  5. Kabat-Zinn J. (2003), Mindfulness based stress reduction (MBSR), Constructivism in the human Sciences.
  6. Dilts R. (2017), Il manuale del coach, Alessio Roberti editore srl, IT.
  7. Krugman, Self Organized Economy, 1996
  8. Osherove, Elastic Leadership, 2017

 

 

Articolo a cura di Emanuela Capotosto e Oscar Zanutto

Profilo Autore

Dr. Oscar Zanutto (1972) is a psychologist of work and organizations. He has been working in ISRAA since 2000, nowadays coordinating FABER www.fabbricaeuropa.eu an Innovation Hub dedicated to EU Projects on social innovation in older field. Senior Project Manager in several Italian national projects for elderly funded by Ministry of internal affairs. His skills are European projects management, organizational service design of care delivery for seniors. He also works as consultant in social innovation projects for care provider organizations in the adoption of ICT solutions into new business care models.Trainer in University Masters programmes for psychologists managed by Padua University. He is author of “La leadership in RSA”, and “La Bussiness Intelligence in RSA” Maggioli Editore (2013). Since 2019, June he is the Ambassador of Treviso’ Aging2.0 Network.

Profilo Autore

Dott.ssa Emanuela Capotosto (1988), psicologa, psicoterapeuta ad indirizzo cognitivo-comportamentale. Dottore di ricerca in Scienze umane. Esperta in psicologia dell'invecchiamento. Master di II livello in Management dei servizi socio sanitari presso Università degli Studi di Ferrara. Dal 2012 lavora nel campo delle malattie neurodegenerative e delle disabilità come clinico e ricercatore. Dal 2013 collabora con l'Università di Padova in qualità di docente del Master di II livello in psicologia dell'invecchiamento e con l'Università di Urbino come insegnante nel corso avanzato di psicodiagnostica clinica. Ha lavorato come psicologa-psicoteraputa e formatrice del personale fino al 2019 quando ha assunto il coordinamento di 4 “special care units” in ISRAA (Istituto Servizi di Ricovero e Assistenza Anziani).

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