Sonno, lavoro e leadership

Quante cose potremmo fare se non fossimo costretti a dormire?

Se il buon Morfeo si dimenticasse della nostra presenza e ci lasciasse liberi da stanchezza e sonnolenza, quante ore avremmo a disposizione per noi, il nostro lavoro, la nostra famiglia?

Chi non ha mai pensato, almeno una volta, all’opportunità di essere padrone di un terzo in più della propria giornata, settimana o addirittura esistenza, recuperandolo dalle “improduttive” ore di sonno?

Ritengo che l’idea sia balenata a tutti almeno una volta, e che molti ci abbiano anche provato. Purtroppo per loro, la scienza ha dimostrato che dopo circa 17-19 ore da svegli, le prestazioni individuali siano equivalenti a quelle di una persona con un livello di alcol nel sangue di 0,5 g/litro, limite legale del tasso alcolemico in Italia. Superate le 20 ore da svegli, le prestazioni di un individuo sono uguali a quelle di una persona con un livello di alcol nel sangue di 1g/litro, che si traduce con la definizione legale di “essere ubriachi” negli Stati Uniti.

Ci accorgiamo di quanto sia importante dormire bene (e di quanto, troppo più spesso, sia difficile farlo) soltanto quando non siamo più in grado di riuscirci.

Vita frenetica, innumerevoli impegni, obiettivi lavorativi e personali sempre più sfidanti, hanno generato scarsa attenzione alla durata e alla qualità del riposo notturno, fino a causare, negli ultimi trent’anni, la perdita media di due ore per notte.

Fino a qualche tempo fa, si pensava che l’impatto di alcuni importati fattori di rischio per la nostra salute – per esempio l’ipertensione, la sedentarietà, le abitudini alimentari scorrette o gli alti livelli di colesterolo e glicemia – fosse maggiore nel corso delle ore di veglia. Oggi, al contrario, la ricerca scientifica evidenzia come una buona qualità del sonno aiuti ad abbassare gli stessi fattori di rischio: il sovrappeso, la pressione sanguigna, il colesterolo e il diabete di tipo 2. La notte non è, perciò, da considerare meno importante per la nostra qualità di vita e il sonno non può essere sminuito a semplice “riposo dalle attività del giorno”, ma la sua irrinunciabile importanza è ogni anno sancita dal “World Sleep Day”, la “Giornata mondiale del sonno”, evento che ha proprio l’obiettivo di porre l’accento sui disturbi causati da un cattivo riposo e che quest’anno cade il 15 Marzo.

A una diretta relazione tra salute e sonno ristoratore si affianca, inoltre, l’ormai certezza che un efficace riposo notturno rappresenta, alla pari delle ore dedicate al lavoro, un fattore economico fondamentale: chi dorme di più e meglio, non solo riesce ad alzare la sua soglia di stress lavorativo, ma è addirittura più produttivo nella fase di veglia.

Il costo della deprivazione di sonno per l’economia è elevatissimo; stando a uno studio realizzato dall’American Academy of Sleep Medicine, ammonta a 63 miliardi di dollari, solamente negli Stati Uniti.

Secondo i risultati della stessa ricerca gli amici di Morfeo, oltre ad avere gratificazioni fisiche e mentali derivanti da un buon sonno, sono quelli con gli stipendi medi più alti: un’ora a settimana di sonno in più si tradurrebbe in un incremento di stipendio dell’1,5% nel breve termine, fino ad arrivare a un più 5% con il passare del tempo.

Non a caso esistono aziende lungimiranti che per ridurre il tasso di abbandono dei dipendenti, contrastare l’aumento dei costi sanitari e la conseguente perdita di produttività, sviluppano programmi di sensibilizzazione e formazione sull’importanza del sonno e dei suoi effetti positivi sul benessere generale. Le stesse elaborano politiche societarie coerenti con il raggiungimento di un buon riposo notturno:

  • black-out delle e-mail, limiti di orario oltre il quale nessuna email può essere inviata;
  • viaggi di lavoro che tengano in considerazione partenze e arrivi non in conflitto con i ritmi sonno-veglia;
  • turni di lavoro da casa, per diminuire lo stress e le perdite di tempo;
  • creazione di tag team, che consentono ai dipendenti di lavorare e aiutarsi l’un l’altro in base ai fusi orari;
  • vacanze obbligatorie e ferie programmate;
  • uso di tecnologie intelligenti per migliorare la gestione del sonno.

Dopo aver accertato che anche un sonnellino durante la giornata lavorativa genera un aumento della produttività, in Oregon, nel quartier generale della Nike, sono state previste delle “stanze silenziose” nelle quali ci si può abbandonare a una pennichella dopo pranzo. Anche in Italia, nelle sedi di Microsoft, sono già presenti degli spazi simili – le nap room – mentre Google ha fatto installare delle speciali poltrone di riposo.

La maggior parte dei leader aziendali, tuttavia, a differenza dei grandi sportivi, fa ancora tanta fatica ad ammettere che il sonno abbia un importante impatto sulle loro performance. D’altronde, le abitudini di una serie di personaggi dall’indiscussa leadership dimostrano che dormire poco non è garanzia di successo. È vero che Sergio Marchionne, ex amministratore delegato della FCA, riposava appena 4 ore; ma Bill Gates, fondatore di Microsoft, così come Jeff Bezos, patron di Amazon, e Tim Cook, amministratore delegato di Apple, dichiarano di dormire tra le 7 e le 9 ore per notte.

Chi dorme (bene) piglia pesci e acquista leadership!

Ad affermarlo è la società internazionale di consulenza manageriale, McKinsey & Company, in un report dal titolo The organizational cost of insufficient sleep (I costi organizzativi di un sonno insufficiente), pubblicato nel febbraio 2016.

In particolare, rendendo noti i risultati di una ricerca sul tema sonno e lavoro, che ha coinvolto 81 aziende e 189000 persone in tutto il mondo, viene evidenziato come dormire in modo corretto costituisca un presupposto importantissimo per rendere meglio al lavoro: un sonno ristoratore migliora l’umore e la salute, con effetti positivi anche a livello economico.

Dormire male o poco, al contrario, compromette le performance dei lavoratori.

Nella stessa ricerca si indica come quattro comportamenti della leadership, che vengono spesso associati a équipe lavorative di successo:

  • operare con un forte orientamento ai risultati;
  • risolvere con efficacia i problemi;
  • ricercare punti di vista diversi;
  • sostenere gli altri;

sono inequivocabilmente correlati alla quantità e qualità del sonno.

Tutto questo è ampiamente dimostrato a livello scientifico: infatti, numerosi studi rivelano come la corteccia prefrontale, l’area del cervello che dirige ciò che gli psicologi chiamano funzionamento esecutivo e include tutte le facoltà mentali di ordine superiore (la risoluzione dei problemi, il ragionamento, la pianificazione, ecc.), soffra particolarmente la stanchezza e la carenza di sonno.

Se non si riposa bene e per un numero di ore adeguato, si andrà inesorabilmente incontro a una perdita di performance su quelle soft skills indispensabili a una leadership moderna. Un buon sonno, invece, migliora le capacità di esprimere giudizi precisi, di problem solving creativo, la propensione ad acquisire nuove conoscenze e il processo decisionale. Ha inoltre sviluppi positivi sull’empatia e sull’intelligenza emotiva.

Il vecchio detto popolare la notte porta consiglio trova oggi conferma nelle neuroscienze, infatti dormire bene, arrivare ad avere un sonno ristoratore, influisce positivamente su tutte le fasi del processo di apprendimento:

  • sulla codifica dei dati;
  • nella fase di consolidamento, quando il cervello forma nuove connessioni;
  • nel recupero delle informazioni immagazzinate nella memoria.

Sarebbe proprio il caso, allora – prima di prendere una decisione importante – di dormici bene su.

Buone notti a tutti!

 

Riferimenti

https://siia.it/informazione/ipertensione-e-sonno/.
– Matthew Gibson e Jeffrey Shrader – Tempo di utilizzo e produttività del lavoro: The Returns to Sleep – Revisione di economia e statistica Volume 100, Numero 5, dicembre 2018, p.783-798.
– Nick van Dam e Els van der Helm. The organizational cost of insufficient sleep. McKinsey Quarterly, February 2016.
– Namni Goel et al., Conseguenze neurocognitive della privazione del sonno, Seminars in Neurology, 2009, Volume 29, Number 4, pp. 320-39.
– Ilse M. Verweij et al., La deprivazione del sonno porta a una perdita di connettività funzionale nelle regioni frontali, BMC Neuroscience, 2014, Volume 15, Numero 88, biomedcentral.com.
– AM Williamson e Anne-Marie Feyer, La moderata privazione del sonno produce alterazioni delle prestazioni cognitive e motorie equivalenti ai livelli legalmente prescritti di intossicazione alcolica, Medicina del lavoro e ambientale, 2000, Volume 57, Numero 10, pp. 649-55, oem.bmj.com/.

 

Articolo a cura di Saverio Greco

Profilo Autore

Lavora da molti anni come Area Manager per importanti aziende farmaceutiche, occupandosi di selezione, gestione e sviluppo delle competenze.
Da sempre appassionato di leadership e comunicazione è autore dei libri LE PARABOLE DEL MANAGER (Mimep Docete, 2015) e MANAGER E VENDITORE TOP (HOW2 Edizioni, 2020).

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