Nuovi paradigmi e nuovi modelli organizzativi

Nel precedente articolo, Flessibilità e cambiamento come chiave per il futuro delle organizzazioni (pubblicato lo scorso 23 giugno) abbiamo focalizzato l’attenzione su come l’attuale situazione generata dal Corona virus abbia offerto a persone, leader e organizzazioni l’opportunità di sperimentare nuovi comportamenti organizzativi. Comportamenti che in alcuni casi, hanno favorito la collaborazione e l’impegno di tutti verso il raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi, mentre in altri casi hanno contribuito a peggiorare la qualità del lavoro e a generare ulteriori discriminazioni.

Abbiamo anche visto come la capacità delle aziende di riorganizzarsi e adeguarsi in modo veloce e creativo, in presenza di situazioni caratterizzate da elevata complessità, vulnerabilità, incertezza e variabilità, abbia giocato un ruolo strategico, garantendone la sopravvivenza, la capacità di fronteggiare i rischi e di cogliere nuove opportunità di business.

Ci siamo infine domandati se questa esperienza stia solo chiedendo alle persone, ai lavoratori e alle aziende di adottare nuovi comportamenti organizzativi, o se siamo di fronte a un vero e proprio cambio di paradigma, che sta mettendo in discussione i sistemi valoriali che guidano le nostre scelte e determinano i nostri stili di vita individuali e collettivi.

Io credo proprio di sì. Penso che la situazione che stiamo vivendo rappresenti la classica goccia che fa traboccare il vaso: un vaso che si è riempito sempre più a partire dalla crisi finanziaria del 2008 scatenata dal fallimento di Lehman Brothers e dallo scoppio della bolla speculativa dei mutui subprime. Crisi che ha messo sotto gli occhi di tutti gli effetti negativi prodotti da un mondo globalizzato, asservito a una finanza speculativa, che negli anni ha generato un forte aumento della povertà e delle diseguaglianze sociali.

Otto Scharmer, in un’analisi sulle principali cause che determinano le disconnessioni strutturali e i limiti dell’attuale sistema – riportata nel libro “Leadership in un futuro che emerge” – evidenzia che oggi:

  • l’1% della popolazione mondiale più ricca possiede oltre il 90% della ricchezza detenuta dalla popolazione più povera;
  • consumiamo risorse 1,5 volte più velocemente di quanto il pianeta Terra impiega a rigenerarle;
  • il commercio internazionale pesa meno dell’1,4% delle totali transazioni valutarie, con evidente disaccoppiamento tra economia reale e quella finanziaria (tutto a favore di quest’ultima).

Tutto ciò a mio avviso ha fatto emergere nel tempo, in modo sempre più forte, una domanda di “senso” in ciò che si fa e l’esigenza di affermare valori più in linea con i nostri veri bisogni come persone, cittadini e lavoratori.

Questo nuovo momento di difficoltà che tutto il mondo sta oggi vivendo ha reso ancora più forte il bisogno di sentirsi parte di una vera comunità globalizzata, che opera per creare un sistema economico e sociale sostenibile e non piegato agli interessi di pochi che prosperano a danno dell’intera società. Di un nuovo sistema valoriale, sociale e organizzativo che a mio avviso dovrebbe perseguire:

  • la sostenibilità in senso ampio;
  • la condivisione del valore;
  • l’autenticità e la trasparenza;
  • la cura e la salute delle persone;
  • la semplificazione e la qualità dei servizi;
  • la qualità del tempo e dello spazio.

Se è quindi auspicabile che un generalizzato aumento del malessere sociale possa creare le condizioni necessarie per attivare un cambio di paradigma e l’affermazione di nuovi modelli di riferimento, è altrettanto probabile che questo dovrà coesistere con altri paradigmi e modelli organizzativi che continueranno a rispondere a visioni, valori e bisogni diversi e talvolta anche opposti.

Motivazioni e spinte all’emergere di nuovi modelli sociali e organizzativi

Entrando più specificatamente nel merito dei modelli organizzativi che caratterizzano le nostre aziende, è utile allargare lo nostro sguardo non solo al presente ma anche al passato. Occorre comprendere quali siano le caratteristiche del sistema sociale e organizzativo in cui ci troviamo ora e cosa ci abbia portato fin qui.

Frederic Laloux, ex consulente McKinsey ed esperto di sistemi sociali e organizzativi, nel suo libro “Reinventing Organizations” sostiene che le forme organizzative che prevalentemente adottiamo sono figlie dei sistemi valoriali che determinano il nostro modo di osservare, pensare e governare il mondo. Nel corso delle sue ricerche è riuscito a identificare diversi stadi evolutivi, a partire dalle primissime fasi della vita organizzata dell’essere umano fino ai giorni nostri, rappresentandoli con colori diversi.

Partendo dal basso, che è la fase evolutiva più lontana nel tempo, troviamo:

  • L’organizzazione Viola che rappresenta il primissimo modello sociale e organizzativo, che riconosciamo nella famiglia e nella tribù;
  • l’organizzazione Rossa, risalente all’era in cui l’uomo era un cacciatore che per sopravvivere doveva dominare con la paura e la forza. Questo modello decisionale è rappresentato oggi dalle start-up, dalle aziende familiari e dalle imprese innovative molto aggressive sul mercato;
  • l’organizzazione Blu risalente all’era in cui l’uomo era agricoltore e allevatore che, per adattarsi alle leggi ripetitive e immutabili della natura, definisce gerarchie e regole imposte attraverso una leadership autoritaria. Questo modello decisionale è rappresentato oggi della Chiesa e dalle istituzioni pubbliche ma è anche presente in aziende poco dinamiche e molto strutturate;
  • l’organizzazione Arancione, che risale all’era della rivoluzione industriale, si basa invece su ciò che è misurabile, sugli obiettivi e sui risultati. L’azienda viene vista come una macchina. Questo modello decisionale è rappresentato oggi dalle moderne multinazionali ed è presente in gran parte delle nostre aziende;
  • l’organizzazione Verde fa invece riferimento all’era post-moderna che rimette al centro dell’organizzazione la persona, la cultura, i valori, l’empowerment e la prospettiva dei multi stakeholders ed esprime una leadership di servizio. Questo modello decisionale è rappresentato oggi dalle Onlus e dalle cooperative, ma è anche in parte presente in tutte quelle aziende che stanno rimettendo al centro dei loro processi l’essere umano;
  • l’organizzazione Teal, che rappresenta la visione di un futuro emergente, vede invece l’azienda come un organismo vivente che risponde a un contesto multiplo e complesso in modo integrato sulla base di una leadership distribuita e un proposito evolutivo condiviso.

Come abbiamo visto, ogni tipologia organizzativa è collegata a specifiche visioni del mondo, distribuzione del potere, valori e processi decisionali che coesistono tutte con intensità diversa. Non ce n’è una migliore dell’altra, ma una che si adatta meglio di altre alla propria realtà e ai propri obiettivi e che alla fine prevale. Quando però i cambiamenti (interni o esterni) cominciano a evidenziarne tutti i limiti, il sistema organizzativo entra in crisi e gradualmente viene sostituito da uno nuovo, più adeguato ed efficace.

Risulta quindi evidente che sistemi organizzativi molto strutturati, rigidi e complessi, con un’elevata presenza di personale scarsamente motivato e costi gestionali elevati – come quelli blu e arancioni – non risultano più adeguati all’attuale realtà. Al contrario i sistemi organizzativi verdi, troppo orientati alla pace sociale e alla ricerca dell’accordo tra tutti, non riescono a esprimere la dinamicità e l’attenzione necessari a far fronte a veloci cambiamenti e a perseguire gli obiettivi di business e i risultati attesi.

Quindi, secondo Frederic Laloux, in questo momento storico di rapida e continua trasformazione, l’organizzazione Teal rappresenta la visione di un futuro emergente e l’avvio di una nuova fase evolutiva, sociale e organizzativa.

Siamo nell’era dell’industria 5.0 e della digitalizzazione che sta già profondamente cambiando le nostre abitudini di vita, i nostri bisogni e il modo di produrre beni e servizi; e per la prima volta vediamo coesistere sul lavoro la presenza di più generazioni che esprimono valori e bisogni tra loro notevolmente diversi e una sempre più forte esigenza di trovare senso e autorealizzazione nel lavoro e nella vita.

Sociologi, futurologi, economisti sono tutti d’accordo che la portata e la velocità dei cambiamenti sono ormai tali da rendere impossibile qualsiasi riferimento a best practices e a modelli previsionali e che la differenza la faranno le persone, il loro impegno e la loro capacità di cogliere e di rispondere tempestivamente ai segnali di cambiamento.

Impegno, capacità e responsabilità che secondo Simon L. Dolan, psicologo del lavoro, consulente e professore di Business school, possono attivarsi solo in presenza di ambienti di lavoro fondati sulla qualità delle relazioni, sulla fiducia, il rispetto e l’equità. Questo perché fanno leva sulle necessità fondamentali dell’essere umano di appartenere, di essere riconosciuto, di sapere dove collocarsi in un sistema e di percepire che all’interno di tale sistema esiste un equilibrio tra il dare e l’avere.

Risulta quindi evidente che le visioni, gli obiettivi, i sistemi valoriali che guideranno le scelte che oggi imprenditori, manager e leader sono chiamati a fare, determineranno le condizioni necessarie per lo sviluppo dell’azienda e dei lavoratori che ne fanno parte – o segneranno il suo inevitabile declino.

 

Riferimenti bibliografici

Otto Scharmer, Leadership in un futuro che emerge

Frederic Laloux, Reinventing Organizations

Simon L. Dolan, Coaching by values

 

Articolo a cura di Maria Terlizzi

Profilo Autore

Corporate e Business Coach certificata, con una lunga esperienza in ambito bancario e una grande passione per i processi evolutivi, la comunicazione, il potenziamento delle competenze e di tutto ciò che favorisce lo sviluppo del business attraverso l’emersione e valorizzazione del potenziale inespresso delle persone.

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