Purtroppo molti di noi stanno assistendo al fenomeno per il quale molte Imprese familiari, anche di successo, non riescono a mantenere un minimo livello di competitività tale da riuscire a sopravvivere e, conseguentemente, si vedono costrette a cessare la propria attività. Le statistiche attuali mettono in evidenza che solo 4 aziende su 10 e 2 aziende su 10 riescono a “resistere” rispettivamente al primo e al secondo “passaggio generazionale”.
Qualcuno riesce ad identificare il “cosa” fare, ma il problema più importante è il “come” farlo e soprattutto “con chi” farlo, in quanto nella maggior parte dei casi è possibile intervenire in maniera efficace solo se adeguatamente accompagnati, avvalendosi di competenze complementari. Qualcuno ritiene che, per favorire i “ricambi”, si debbano stanziare finanziamenti, qualcun altro che le aziende debbano dotarsi di manager esterni, altri ancora che le Imprese si debbano aprire a capitali esterni, provenienti da altri investitori.
A nostro avviso non esiste una ricetta predefinita per la risoluzione di questo annoso problema. Anche se sussiste un “denominatore comune”, tutte le situazioni sono differenti l’una dall’altra e, pertanto, richiedono interventi altamente personalizzati.
Prima di iniziare ad elencare una serie di “cose da fare”, ritengo opportuno elencare alcuni elementi di rischio maggiormente comuni negli Imprenditori alla guida di aziende familiari:
La ragione per la quale i suddetti elementi rappresentano un rischio nella gestione di Impresa sono rispettivamente le seguenti:
Innanzitutto, prima di intervenire, è indispensabile che l’Imprenditore senta il bisogno di avviare un processo di cambiamento. Già questo è insolito, in quanto chi gestisce un’Impresa tende a perseguire il principio del “break-even-point” ed è dunque indotto a focalizzarsi su attività di sviluppo commerciale che possano incrementare il volume d’affari e, conseguentemente, gli utili della società. Questo principio è corretto, ma se perseguito in maniera univoca, mette in secondo piano attività che possono far conseguire una riduzione dei costi per effetto della modifica e razionalizzazione dei processi, dei metodi, degli strumenti e, in altre parole, del modo di lavorare.
Il bisogno del cambiamento non soltanto deve essere sentito ma deve essere forte, in quanto la determinazione con cui deve essere avviato e gestito il percorso è un requisito assolutamente necessario. L’imprenditore deve essere pronto a mettere in discussione sé stesso, ma anche (e soprattutto) tutti i suoi stretti collaboratori, che magari in un’altra fase del ciclo di vita aziendale sono stati i protagonisti della crescita e del successo.
La resistenza al cambiamento a cui si va incontro ogni qualvolta si avvia un percorso di questo tipo è sempre molto elevata. A volte i collaboratori assumono una posizione difensiva e si limitano ad osservare le azioni intraprese, per mettere in evidenza errori o problemi che inevitabilmente emergono. In altri casi, alcuni collaboratori dicono di essere d’accordo sul da farsi, ma che è necessario attendere (non si sa bene chi o che cosa) in quanto “non è il momento”. Altre volte, infine, non avendo capacità di controbattere in maniera razionale a nuove proposte, si dichiarano contrari utilizzando frasi del tipo “abbiamo sempre fatto così…”, lasciando intendere che è meglio non alterare il modus operandi.
Per poter identificare, avviare e gestire un processo di cambiamento efficace, l’Imprenditore deve attivare un confronto con Consulenti esterni che abbiano:
una pluriennale e consolidata esperienza maturata in contesti analoghi.
Talvolta consulenti appartenenti a grandi società o provenienti da multinazionali si approcciano ad aziende familiari ma l’intervento non ha successo, proprio in virtù dell’assenza di esperienza in ambiti analoghi. La valenza manageriale all’interno di una grande azienda multinazionale comporta competenze ed un bagaglio di esperienze di tutto rispetto, ma differenti da quello necessario in aziende familiari, anche di grandi dimensioni, che operano con meccanismi del tutto diversi.
In definitiva, non è sufficiente avere le competenze e la capacità di identificare un percorso, ma è necessario anche “far accadere le cose”.
É questa la differenza…
A cura di: Giuseppe Trevissoi
Nato a Ferrara il 24 luglio 1961, ingegnere meccanico, ha lavorato per circa 20 anni, in aziende manifatturiere leader mondiali (tra cui Alenia, Hercules, Bendix, SKF, Bosch, Natuzzi), ricoprendo ruoli di responsabilità via via crescenti in diversi ambiti funzionali (Organizzazione, Acquisti, Logistica, Trasporti, Produzione, Tecnico-Commerciale,…). In particolare, negli ultimi anni svolti da Dirigente, ha verticalizzato la propria esperienza in ambito Supply Chain Management ed Organizzazione.
Dal 2006 è Amministratore di una società di consulenza Direzionale (Chance Group S.r.l. www.chancegroup.it ) che ha implementato numerosi progetti di cambiamento e di sviluppo prevalentemente in aziende familiari.
Nell’ambito delle consulenze effettuate ha assunto, in Temporary Management, ruoli di Amministratore Delegato, Direttore Generale, Direttore Risorse Umane ed Organizzazione in diverse aziende (a titolo di esempio il Gruppo Casillo, Saem, Lepore Mare S.p.A.).
Dal 2004 al 2014 è stato Professore a contratto della Prima Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Bari nella disciplina "Gestione dei processi Logistico-Produttivi" e dal 2010 al 2015 è stato anche Professore a contratto della Facoltà di Economia della LUM (Libera Università Mediterranea) nella disciplina “Supply Chain Management”.
In virtù delle esperienze maturate è da considerarsi un esperto in Organizzazione e Supply Chain Management.
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