Breve studio sulla funzione della meritocrazia

Rapporto tra i fattori della meritocrazia

Gli elementi o fattori che compendiano il merito di un individuo sono descritti nella seguente formula:

m = f (IQ, Cut, ex) + E

Il significato teorico ed euristico sono stati descritti in due nostri studi uno più ampio sui fondamenti storici e filosofici della meritocrazia[1] e l’altro più direttamente incentrato sulla formula di sintesi della meritocrazia.[2]

Questa formula è di tipo dinamico. Il merito è né più né meno che una funzione complessa, nella quale si combinano e integrano tre elementi (intelligenza, cultura ed esperienza), che poi si sommano al fattore propulsivo chiave dell’impegno individuale (energia), senza il quale alcun’accezione di meritocrazia è in realtà possibile.

Vediamo invece ora di compiere un breve studio della funzione.

Il merito è una funzione matematica abbastanza precisa, nel senso che costituisce il prodotto dell’intelligenza, della cultura e dell’esperienza di una data persona umana, che poi viene attivato dall’energia impegnata dalla stessa.

In prima battuta, va considerato che il merito è dunque un prodotto, nel quale si combinano tre fattori che possono essere presenti in misura diversa in distinti individui, pur essendo il risultato uguale.

Un maggior grado di intelligenza può rendere accettabile una minore esperienza. Una maggiore esperienza può sopperire a una minore intelligenza. Allo stesso modo una maggiore cultura sia generale che specialistica-aziendale può sopperire a una minore esperienza. Una maggiore esperienza può soccorrere ad una minore cultura. E così via dicendo, combinando ogni volta in modo diverso questi tre fattori.

Ma esiste un grado minimo indispensabile di questi tre fattori, senza cui gli altri due perdono senso teorico e peso specifico? Pensiamo di sì!

Per meglio dire, i fattori (intelligenza, cultura e esperienza) possono variare, ma mai scendere alcuno dei tre ad un livello inferiore ad entrambi gli altri due.

Precisiamo il concetto.

Se da un punto di vista astratto IQ, Cu e ex possono avere un eguale livello pari ad 1/3 e quindi del 33,3%, ipotizzando che l’esperienza (ex) sia inferiore ossia pari, ad esempio, al 30%, è però necessario che gli altri due si collochino entrambi ad un livello superiore, per esempio, al 34% e al 36%.

In questo modo, l’equazione è egualmente soddisfatta.

Non invece nel caso in cui vi siano due parametri inferiori al restante fattore. Ad esempio, la condizione che vedesse un elevato livello di IQ, tipo pari al 60%, con Cu pari, ad esempio, al 25% ed ex pari al restante 15% non soddisferebbe la validità dell’equazione.

Ciò in quanto la preponderanza percentuale di un solo fattore sugli altri due non può garantire risultati soddisfacenti, secondo il parametro dell’ottimo paretiano. Non riuscirebbe il sistema a trovare alcun equilibrio. Infatti, quando uno dei tre fattori soverchia gli altri due, non è neanche possibile determinare la misura dell’incremento di uno di questi due. La variazione teorica di uno dei due fattori minori non riesce cioè mai a modificare quello maggiore. Alcun aggiustamento nei rapporti tra i tre è in concreto praticabile.

Al contrario, se almeno due fattori superano il terzo, v’è nel sistema una forza entropica che tende a influenza il fattore meno forte, valorizzandolo in modo che aumenti. Non così nel caso contrario, come abbiamo detto, poiché la preponderanza di uno dei qualsiasi dei tre fattori rispetto agli altri due fattori non permette di attivare l’entropia, proprio come accade in base al secondo principio della termodinamica, dove infatti il calore maggiore di un corpo tende a spostarsi sul corpo più freddo.

Ossia, fuor di metafora, solo la preponderanza percentuale di due fattori riesce a fluire verso l’unico fattore meno elevato, valorizzandolo. Non così nel caso contrario, la preponderanza di un fattore non può valorizzare entrambi gli altri due, ma semmai uno di essi, riproponendo in tal modo sempre lo stesso problema di asimmetria a fattori variati in modo ciclico.

Un uomo di eccessiva intelligenza “impazzisce” se non ha cultura ed esperienza. Un uomo di eccessiva cultura “vive in un mondo tutto astratto”, sospeso nel nulla, senza intelligenza ed esperienza. Un uomo con molta esperienza “non concretizza mai nulla”, se privo di cultura e di intelligenza, perché non riesce mai a finalizzare i dati appresi com’è indispensabile fare. E così via discorrendo, combinando in diverso modo i tre fattori.

Naturalmente, è poi necessario che il prodotto dei tre fattosi venga attivato da una data energia o impegno nel lavoro, poiché è ovvio che un simile risultato senza la voluntas di agire non serve a nulla, rimane cioè improduttivo.

Qual è allora da considerarsi il livello di energia desiderabile?

Ebbene, non è possibile che essa sia incrementale all’infinito, ma in qualche modo è condizionata anche dalla necessità di alimentare i tre fattori di base, ossia intelligenza, cultura ed esperienza.

I fattori di base e il fattore produttivo (energia) devono potersi trovare in equilibrio.

Ciò vale a dire che troppa energia attivata, ossia troppo lavoro può depauperare intelligenza e cultura, ma anche l’esperienza, se si considera quest’ultima come la capacità di saper fare sedimentata. Difatti, per riuscire ad alimentare i tre predetti fattori principali, ossia di base, è pur necessario dedicarvi il tempo necessario. Non tutto il tempo può dunque esser assorbito dal lavoro attivo.

L’intelligenza necessita di svago e tempo libero per lenirne gli sforzi.

La cultura richiede studio generale ed aggiornamento continuo aziendale.

L’esperienza esige assimilazione dell’appreso e sistemazione negli schemi di pensiero.

In sostanza, i tre fattori di base richiedono un tempo di acquisizione, per cui il tempo di lavoro è pari all’unità di tempo standard, magari pensiamo al mese, sottratto il tempo dedicato a consolidare i tre fattori di base. Ovverosia: t = tm + tE. Per cui il tempo di lavoro fruibile è pari al tempo assoluto sottratto il tempo dedicato ai fattori del merito, cioè tE = t – tm. La determinazione del tm è però variabile individualmente o per gruppi più o meno omogenei e per tipologia di lavoro da considerare.

Resta da osservare che un tm ben impiegato riesce anche a migliorare la performance del tE dal punto di vista qualitativo sicuramente e anche, con buona probabilità, dal punto di vista quantitativo. Ciò in quanto tm alimenta la capacità di saper fare e la misura, mentre tE misura soltanto lo sforzo applicato al fare che migliora di per sé quando riceve le giuste informazioni da tm.

Conclusioni

Nel determinare quale sia l’equilibrio tra i fattori di base (IQ, Cu e ex) in rapporto all’Energia (E) abbiamo potuto vedere com’è indispensabile che almeno due dei tre fattori di base siano prevalenti in percentuale rispetto all’uno e come il tempo di lavoro (tE) non debba mai esser soverchiante rispetto al tempo di “alimentazione” dei fattori edificanti il merito ™.

Ciò in quanto l’assorbimento di una porzione abnorme della giornata lavorativa nel tempo di lavoro priverebbe il lavoratore dall’adeguata necessità di ristoro per consentire all’esperienza professionale maturata quotidianamente di sedimentarsi nei meccanismi psico-cognitivi e impedirebbe di implementare le abilità acquisite nei giorni seguenti una volta rimpinguate le energie mentali e fisiche.

Motivo per cui, il “tempo di riposo” non costituisce soltanto fondamento giuridico del diritto della persona (e consumatore) del lavoratore, già in molti Stati pacificamente riconosciuto e finanche entrato nel novero dei diritti fondamentali, com’è accaduto in Italia (art. 36 della Costituzione) ed è pure parimenti apprezzato in sede di Unione Europea (art. 31 Carta dei diritti fondamentali U.E.).

Bensì il “tempo di riposo” rappresenta, ancor più, fondamento economico nelle economie capitaliste, in quanto permette al fattore produttivo del lavoratore di potenziare l’esperienza professionale singolarmente assunta, la quale invero assurge a uno dei fattori chiave nella formula della meritocrazia.

Allo stesso modo, la cultura maturata nello studio di base e poi nell’addestramento aziendale consente di affinare la parte teorica inerente ad una corretta implementazione del “tempo di lavoro” e genera anche capacità di pensiero applicato.

Esperienza e cultura consentono poi ad un lavoratore di talento (e quindi di soddisfacente intelligenza) di poter sviluppare nella pratica nel “tempo di lavoro” tutte le sue abilità, che allora possono ben evolvere con continuità e adattarsi ai contesti mutevoli.

Ecco dimostrato in quali proporzioni deve essere apprezzata in modo corretto la formula della meritocrazia. Si tratta di dosare con attenta ponderazione le componenti, in modo tale che alcuna soverchi nessuna delle altre, essendo tutte allo stesso tempo necessarie; in realtà mai esattamente uguali per ciascun individuo, ma ben modulabili in modo da esaltare i talenti degli individui. Allo stesso modo “tempo di riposo” e “tempo di lavoro” dovranno trovare il loro equilibrio ottimale nel lavoratore, che è allo stesso tempo un fattore produttivo ma anche un fattore di consumo, oltreché ovviamente una persona con tutti i suoi limiti umani.

Bibliografia essenziale dell’autore sul tema della meritocrazia e correlati

  • Il fattore umano quale causa della inefficienza nella pubblica amministrazione, in Diritto dell’economia, Modena, Mucchi editore, n. 4, 2006, p. 741 ss.
  • Il lavoratore quale consumatore protagonista dell’economia moderna, ne il Pensiero econ. mod., Pisa, Ipem, n. 1/2, 2004, p. 37 ss, nonché in Studi econ. e soc., Pisa, Ipem, n. 2/3, 2006, p. 39 ss.
  • Quale profilo professionale per il dirigente della P.A.?, in Rivista della Corte dei conti., Roma, IPZS editore, n. 1, 2008, p. 260 ss.
  • Sulla crisi della classe dirigente in Italia, in Politica del diritto, Bologna, il Mulino editore, n. 1-2, 2013, p. 151 ss.
  • Meritocrazia nella P.A.? Allora, ritorniamo alle carriere!, in it, in Lexitalia.it, Palermo, Giuriconsult editore, n. 1, 2016 [www.lexitalia.it].
  • Costituzione italiana e meritocrazia, in Persona e danno, n. 11 del 2015 [www.personaedanno.it], nonché in Rivista amministrativa, Roma, n. 7-8, 2016, II, p. 381 ss.
  • Fondamenti di meritocrazia, Roma, Europa edizioni, 2018.
  • La formula della meritocrazia, in Leadership & Management magazine, Roma, n. 4, 2020 [www.leadershipmanagementmagazine.com].
  • La decisione manageriale adattiva, in Leadership & Management magazine, Roma, n. 2, 2021 [www.leadershipmanagementmagazine.com].

Note

[1] Vedi amplius L. Ieva, Fondamenti di meritocrazia, Roma, Europa edizioni, 2018.

[2] Cfr. L. Ieva, La formula della meritocrazia, in www.leadershipmanagementmagazine.com, aprile 2020.

 

Articolo a cura di Lorenzo Ieva

 

Profilo Autore

Magistrato T.A.R. (già dirigente pubblico)
Dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia

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