“The Tragedy of Change”: il Paradosso di Jevons

Introduzione

Secondo il senso comune, sia a livello di opinione pubblica che di dibattitto accademico, si tende a ritenere che la sostenibilità dipenda in buona misura da una riduzione dei consumi (di risorse, di energia, di input, ecc…). Questa visione implica due versanti analitici distinti ed interconnessi. Da un lato appare necessario promuovere una riduzione dei consumi, in senso molto ampio, da parte delle persone in particolare di risorse ed energia per contenere gli sprechi e i consumi eccessivi non necessari con positive ricadute anche sull’ambiente. Dall’altro lato si colloca l’idea secondo la quale la tecnologia deve essere considerata come uno strumento privilegiato per permettere all’economia nel futuro di produrre meglio e in modo più efficiente.

Il continuo sviluppo tecnologico insomma dovrebbe permettere, forse ottimisticamente, di conseguire un certo livello di sostenibilità con un ridotto e più efficiente impiego di risorse senza obbligare le persone a contrarre i loro consumi o a fare rinunce e sacrifici. L’innovazione tecnologica insomma dovrebbe consentire una maggiore produttività con un ricorso a quantità inferiori di input e di energia permettendoci quindi di mantenere i nostri stili di vita.

Già nel 1865 l’economista inglese William Stanley Jevons (1835–1882) gettava i primi presupposti per mettere in discussione queste affermazioni:

“È completamente fuorviante supporre che rendere più economico l’uso di un combustibile corrisponda a una diminuzione del suo consumo. Semmai è vero il contrario. (Jevons, 1866, p123)”

Queste sono le premesse per l’articolazione di quello che viene oggi definito come il “paradosso di Jevons” (o “rebound effect”) che descrive la condizione secondo la quale l’innovazione tecnologica che migliora l’efficienza con cui viene impiegata una determinata risorsa conduce ad un aumento nei consumi di quella risorsa piuttosto che ad una diminuzione. Questo significa che “l’efficienza” risultante dall’innovazione tecnologica potrebbe peggiorare, piuttosto che migliorare, le prospettive energetiche soprattutto delle economie più industrializzate. Ogni volta che l’innovazione rende più efficiente e più economico l’impego di una qualsiasi risorsa (ad esempio l’energia), il mercato risponderà con consumi maggiori di quella risorsa: oltretutto, come corollario a questo paradosso, le persone, con i soldi risparmiati nel consumo della risorsa A, potrebbero consumare maggiormente altre risorse non modificando o forse anche aumentando i consumi generali. Come ha rilevato Zygmunt Bauman spesso le cause principali dei problemi sono nelle stesse soluzioni tecnologiche chiamate a risolverli che creano nuovi problemi a cascata (“Le sfide dell’etica”, 1996).

I paradossi della quotidianità

Le conseguenze del paradosso di Jevons presentano numerose implicazioni per chi si occupa di gestione ed introduzione dell’innovazione e delle tecnologie dato che vengono chiamate direttamente in causa come “fonti di problemi” invece che essere delle soluzioni. Gli effetti del paradosso di Jevons sono particolarmente sensibili in settori come quello dell’energia e dell’ambiente (settori che sono strettamente interrelati) con il coinvolgimento diretto delle relative tecnologie ed innovazioni. Tuttavia molte implicazioni di questo paradosso possono essere notate in molti altri aspetti, settori e dimensioni sia a livello micro che macro: in molte occasioni riflettere su queste implicazioni può aiutare anche a smontare molti miti piuttosto comuni. Uno dei più comuni riguarda il rapporto fra uso dei computer, digitalizzazione e consumo di carta.

Quando furono introdotti i personal computer in molti ipotizzarono una rapida estinzione dei documenti cartacei, in tutte le loro forme: libri, newsletter, rapporti, lettere, ecc… Tutto sarebbe stato reso immateriale grazie alla digitalizzazione con un progressivo decremento nel ricorso alla risorsa “carta” (i famosi “paperless offices”). Invece oggi tutti possiamo facilmente constatare che il consumo di carta è andato invece progressivamente aumentando nonostante il continuo progresso tecnologico digitale. Questo perché in pratica è diventato molto più facile produrre dei documenti rispetto a quando si doveva ricorrere alla penna o alle macchine da scrivere: parallelamente è diventato molto più facile stampare questi documenti. In questo modo è aumentato vertiginosamente il numero di documenti (soprattutto di bozze – draft) che si scrivono e che conseguentemente si stampano.

Allo stesso modo il fatto di aver aumentato notevolmente i chilometri di strade o la costruzione di centinaia di rotonde non ha risolto il problema del traffico che invece è aumentato progressivamente perché alla fine tutto questo ha incoraggiato un maggior ricorso all’uso dell’automobile. Contemporaneamente tutte le innovazioni che hanno reso più efficienti i motori delle automobili, come conseguenza dell’aumento dei prezzi dei carburanti, si sono tradotte in un aumento nella produzione e nelle vendite di macchine dispendiose e pesanti da un punto di vista energetico come ad esempio i SUV, i pick up o le auto di grossa cilindrata, come dimostrano le statistiche. Insomma le innovazioni energy-efficient hanno reso più efficiente il consumo di carburante a micro-livello ovvero di una singola unità, ma hanno fatto aumentare i consumi globali a macro-livello ovvero quelli dell’intera società.

Insomma il meccanismo del paradosso di Jevons può essere riscontrato, con manifestazioni le più varie, su campi e settori diversi perché i miglioramenti tecnologici che rendono più efficiente un determinato settore all’interno di un sistema economico e sociale, da considerarsi nella sua globalità, liberano risorse che vengono impiegate per l’espansione del ventaglio di attività all’interno del medesimo settore o verso altri settori di attività.

Un esempio di questa condizione è rappresentato dallo sviluppo di motori più efficienti sotto il profilo dei consumi che non solo ha reso commerciabili su larga scala modelli di auto (come i SUV o le monovolume) che un tempo erano di nicchia ma ha anche permesso che certi dispositivi, un tempo considerati come costosi optional (ad esempio l’aria condizionata), divenissero di serie su qualsiasi modello di automobile. Le innovazioni tecnologiche hanno permesso la costruzione di auto più efficienti e nello stesso tempo ha aumentato le aspettative dei consumatori nei confronti delle performance delle auto e nel frattempo ha ampliato il ventaglio della tipologia di automobili.

Efficienza a tutti i costi

L’efficienza, in senso molto ampio, tende ad espandere il potenziale delle possibilità produttive dell’economia mondiale e ciò quindi dilata inevitabilmente le frontiere del consumo. Le due cose vanno di pari passo. Le innovazioni tecnologiche che migliorano l’efficienza permettono insomma di incrementare sicuramente i benefici ottenibili da un dato ammontare di input innalzando conseguentemente la prosperità materiale. Questo però provoca un aumento nella domanda di risorse con pesanti ripercussioni nel bilancio ecologico e sulla sostenibilità. Il paradosso di Jevons è quindi alla base della china drammatica che ha imboccato l’intero sistema produttivo mondiale alle prese oggi con l’urgente necessità di individuare risposte concrete al dilemma di come conseguire uno sviluppo sostenibile senza intaccare il benessere attualmente raggiunto ovvero senza la necessità di adottare pesanti rinunce. La ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica si trovano di fronte, spesso senza nemmeno averne piena consapevolezza, ad una serie di questioni molto intricate e complesse: si parla sempre più spesso di “innovazione responsabile” considerando gli impatti negativi sugli individui, sulle società e sugli ecosistemi di tante innovazioni tecnologiche che sono state adottate semplicemente sulla base di considerazioni economiche, tecniche, efficientistiche (o presunte tali) o di profitto nel breve periodo. Si tratta di un concetto ancor oggi che non possiede in realtà una definizione chiara ed univoca sia per gli aspetti teorici che per quelli pratici.

Resta comunque il fatto del rapporto fra il paradosso di Jevons e la complessa problematicità della stretta interrelazione fra innovazione, efficienza, traiettorie tecnologiche e dipendenza. In sostanza l’adozione di una determinata traiettoria tecnologica implica sempre il coinvolgimento di grandi investimenti infrastrutturali (ad esempio le strade oppure le reti di distribuzione, ecc…): queste infrastrutture costano molto e tutto quello che si è speso viene perduto nel momento in cui si abbandona quella traiettoria tecnologica in direzione di una completamente nuova. Il cambiamento tecnologico sostanziale è sempre un’operazione quindi molto costosa nel momento in cui si abbandona un vecchio sistema (“cosa fare di un’intera rete di distributori di benzina?”). Tutti i miglioramenti nell’efficienza dei sistemi connessi ad una determinata traiettoria tecnologica (riducendo i costi immediati o semplificando e velocizzando i processi) alla fine devono essere considerati come strumenti per mantenere le società su quella determinata traiettoria tecnologica ed impedire (o per lo meno ritardare il più possibile) il salto verso una nuova traiettoria. Nel frattempo il paradosso di Jevons produce inevitabilmente i suoi effetti. Ma fino a quando?

Di paradosso in paradosso

E’ arcinoto che il grande nodo della crescita economica si fonda sull’idea di uno sviluppo illimitato connesso però allo sfruttamento di risorse limitate. Anche quando si è finalmente compreso che il nostro pianeta non dispone di risorse naturali illimitate per sostenere la crescita economica (espressa dalla massimizzazione del PIL), si è consolidata l’idea che il mantenimento della crescita esponenziale dell’economia mondiale, all’interno della nostra consolidata traiettoria di sviluppo, sarà comunque resa possibile grazie all’innovazione tecnologica. La fede quasi religiosa nella tecnologia appare come l’unica risposta che oggi l’umanità sembra capace di mettere in campo per tenere testa ad un aumento costante della popolazione e dei consumi. Ed è questa stessa fede religiosa nella tecnologia a far sì che non si sviluppino e si intraprendano con la necessaria convinzione delle vere alternative a questo modello di sviluppo. Il paradosso di Jevons sta proprio ad evidenziare come la fame crescente di risorse ed energia risultante anche dall’aumento della popolazione mondiale e dei redditi, la crescita del commercio internazionale e da un accesso all’energia sempre più facilitato ci stia conducendo verso un pericoloso vicolo cieco. Questo perché il paradosso di Jevons evidenzia che le soluzioni innovative che si possono sviluppare all’interno di traiettorie tecnologiche consolidate e tradizionali non risolveranno non solo i problemi legati al fabbisogno energetico ma nemmeno quelli legati alla sostenibilità ambientale: quando l’innovazione tecnologica abbassa i consumi degli input, diminuisce il prezzo di produzione e di conseguenza aumenta la domanda ed i consumi.

In sostanza i consumi (ed i relativi costi in senso molto ampio) non potranno essere ridotti né tramite miglioramenti tecnologici nell’efficienza degli attuali metodi e approcci all’uso delle risorse né con timide politiche destinate a contenere i consumi di energia e di risorse. Questo avviene anche perché ancor oggi le innovazioni tecnologiche mirano primariamente a fornire benefici agli esseri umani e solo in seconda battuta (e spesso come effetto collaterale) per gli ecosistemi e per il pianeta Terra. Prima viene sempre l’umanità poi eventualmente la Natura senza considerare che la sopravvivenza della prima dipende dagli equilibri della seconda. Modificare questi approcci e di conseguenza modificare le attuali traiettorie tecnologiche significa anche abbandonare l’idea che la scienza e la ricerca attuali siano più lo strumento principale per la conquista della Natura per mezzo della scienza applicata e della tecnologia. Quello a cui assistiamo attualmente dimostra chiaramente che questa visione non ci consente di affrontare in modo sostanziale il problema della sostenibilità ambientale. La sopravvivenza degli ecosistemi necessari alla sopravvivenza della stessa vita umana dipende da questioni complesse e da problematiche interrelate la cui gestione (e sperabilmente anche soluzione) interessano un gran numero di discipline e prospettive che non possono essere considerate come mondi separati per mezzo dei campi disciplinari scientifici convenzionali.

Ovviamente questo non significa che le tecnologie eco-efficienti non debbano essere promosse. E’ evidente che se ad esempio gli stili di vita individuali relativi ai consumi di energia cambiassero radicalmente è chiaro che tutte le tecnologie efficienti da un punto di vista energetico contribuirebbero concretamente a ridurre i consumi di energia. Questo perché le tecnologie sono parte di uno scenario più ampio fatto di politiche, modelli culturali, comportamenti individuali e collettivi, ecc… Senza questi elementi cruciali che si muovono di pari passo, le innovazioni tecnologiche alla fine contribuiscono, secondo il paradosso di Jevons, ad aumentare i consumi invece che a ridurli. Inoltre non bisogna mai dimenticare che gli effetti indotti dal paradosso di Jevons non sono specifici e limitati ad un settore, ma alimentano un effetto contagio: in breve dove si risparmia da una parte, si rischia di sprecare da un’altra.

Questo inoltre evidenzia come la “fattibilità” di una tecnologia non è sempre sinonimo della sua eventuale concreta “praticabilità”. Ad esempio una tecnologia legata all’impiego di energia solare che implica un deficit nel suo bilancio energetico complessivo all’interno del suo intero ciclo di vita (ad esempio uso massiccio di energia non rinnovabile per la sua realizzazione, produzione, implementazione e funzionamento) sarà sicuramente “fattibile”, ma non è di certo “praticabile”.

Conclusioni

Purtroppo la grande disponibilità nel passato di combustibili di buona qualità associata allo sviluppo continuo di tecnologie sempre più efficienti hanno alimentato una notevole amplificazione del paradosso di Jevons. Si tratta di una questione poco nota al di fuori di ristretti circoli di esperti: eppure sempre più frequentemente le implicazioni di questo paradosso (alti prezzi per l’energia, questioni ambientali, governance e controllo delle risorse naturali nei Paesi in via di sviluppo, ecc…) sono oggetto di attenzione crescente da parte degli osservatori. E’ evidente che questa disponibilità oltretutto si sta riducendo a ritmi sempre più veloci anche a causa dell’irrompere di nuovi grandi soggetti economici a livello internazionale (ad esempio la Cina) e questo deve non solo spingere verso una riduzione reale dei consumi ma anche verso l’individuazione di sorgenti energetiche realmente alternative. Al momento non si intravedono segnali positivi su nessuno di questi due fronti: al contrario i consumi energetici convenzionali tendono a crescere progressivamente. Addirittura a causa della contrazione nella produzione petrolifera, sempre più spesso si ricorre al carbone, allo shale oil, ecc… con pesanti ripercussioni ambientali e le cui riserve sono anch’esse limitate. Le cosiddette fonti energetiche alternative ancora presentano un bilancio energetico sbilanciato: l’energia necessaria all’interno del loro ciclo di vita è ancora gran parte di origine non rinnovabile. Ciò non le rende praticabili perché ancora troppo dipendenti dai combustibili fossili. Eppure si continua a sostenere che l’aumento crescente dei prezzi dell’energia stimolerà tecnologie innovative dirette all’uso più efficiente delle risorse.

Il paradosso di Jevons dimostra invece come sia l’approvvigionamento di energia sia l’ambiente siano a forte rischio. Cosa fare allora? Ovviamente questa non è la sede per mettere in discussione tecnologie, approcci allo sviluppo, modelli gestionali, ecc… Quello che si vuole mettere in evidenza è che l’innovazione tecnologica di per sé non è una soluzione miracolosa agli effetti del paradosso di Jevons. Semmai può rappresentare un cruciale fattore complementare all’interno di una soluzione energetica-ambientale-sociale-politica globale. Il ricorso alle automobili ibride ad esempio può essere un contributo importante se i comportamenti individuali e collettivi in materia energetica e ambientale intraprendono una traiettoria completamente diversa da quella attuale. Da sole le auto ibride non possono essere considerate una soluzione perché sono indispensabili misure politiche “pesanti” e una modificazione profonda nelle abitudini quotidiane di tutti noi.

Se la sostenibilità ambientale, energetica e sociale è una vera priorità allora bisogna affrontare la sfida del cambiamento profondo: “the tragedy of change” ovvero rinunciare a qualcosa oggi per avere qualcosa domani. La capacità di gestire questa “the tragedy of change” è la chiave per affrontare le implicazioni critiche del paradosso di Jevons che nel lungo periodo riguardano aspetti non solo e non tanto legati al cambiamento tout court, ma a forme di vera e propria evoluzione sociale, economica e tecnologica. Nonostante il fatto che siamo continuamente bombardati da gadget tecnologici, in realtà continuiamo a correre lungo un binario vecchio, lungo una traiettoria tecnologica esaurita o prossima ad un drammatico e catastrofico esaurimento: le innovazioni tecnologiche che ci circondano cavalcano forme di cambiamento, ma non veicolano evoluzione. Mettere in discussione queste traiettorie è una faccenda molto difficile e complicata perché significa rimettere in discussione la nostra stessa identità all’interno di queste medesime traiettorie.

A cura di: Carmelo Cannarella e Valeria Piccioni

Profilo Autore

Tecnologo del CNR-ISB - Istituto per i Sistemi Biologici. Si occupa di trasferimento tecnologico, divulgazione, facilitazione, disseminazione e movimentazione di innovazione e conoscenza con particolare riguardo ai processi di sviluppo locale.

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Tecnologo del CNR-ISB - Istituto per i Sistemi Biologici. Si occupa di trasferimento tecnologico, divulgazione, facilitazione, disseminazione con particolare riguardo ai rapporti fra ricerca e impresa.

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