Smart Working nel quadro regolamentare e organizzativo di riferimento: una vera opportunità per dipendenti e collaboratori di aziende, P.A. e studi professionali – Parte II

Segue dalla prima parte

3. Le evoluzioni e l’accelerazione dell’affermarsi dello smart working in epoca di Covid-19

In tempi di pandemia – e in particolare nel periodo di c.d. lockdown – lo smart working è divenuta modalità necessaria dell’organizzazione del lavoro e la regolamentazione di cui alla L. n. 81/2017 è stata parzialmente derogata per tramite di specifiche misure governative imposte dalla priorità volta al contenimento della diffusione della pandemia.

In particolare, a livello normativo:

I) con i Dpcm 1 e 9 marzo 2020, il lavoro agile è stato reso disponibile nella duplice forma del telelavoro o dello smart working, quale modalità emergenziale senza obbligo dell’accordo preventivo fino al 31 luglio 2020 e con possibilità di consegnare l’informativa sui rischi per la sicurezza a mezzo e mail con riscorso a modulistiche Inail;
II) con il Dpcm 11 marzo 2020 si è raccomandato ai datori di lavoro di promuovere la fruizione di periodi di congedo ordinario e di ferie, impregiudicata tuttavia la possibilità di rendere l’attività lavorativa in modalità smart working anche in assenza di accordo preventivo;
III) con il Decreto “Cura Italia” 29 Aprile 2020 come integrato dal successivo protocollo tra il Governo e le Parti sociali per il contrasto ed il contenimento del virus, si è prorogato il quadro normativo in vigore dalle prime settimane di esplosione del contagio e la possibilità per il datore di lavoro privato di ricorrere al lavoro agile senza l’accordo con il dipendente previsto dalla L. n. 81/2017, assolvendo in modalità telematica e semplificata solo il compito di informazione in materia di SS LL.

Nel settore privato, in ogni caso, il datore di lavoro è stato chiamato a fornire adeguato supporto al dipendente quanto all’utilizzo dei dispositivi (anche se il datore di lavoro non può opporre alla richiesta del lavoratore la mancanza di strumenti aziendali da assegnare, potendo il lavoratore lavorare da remoto con ricorso a strumenti personali) e sono stati normati i tempi e le pause dall’attività.

Per il settore pubblico, come noto, lo smart working si è peraltro imposto come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni.

A seguito della pandemia è stata anche considerevolmente estesa la platea dei lavoratori ammessi e/o aventi diritto al c.d. lavoro agile.

In particolare è stato introdotto il diritto allo smart working per le persone con disabilità ex L. n. 104/92 o immunodepresse, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Altresì, si è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze, per i lavoratori affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa.

Con il Decreto Rilancio (i.e. DL n.34/2020 – art. 90) si sono poi aggiunte ulteriori specificazioni sul punto. In particolare, si è chiarito che:

I) i datori di lavoro del settore privato sono tenuti a comunicare al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità smart working, ricorrendo alla documentazione disponibile sul sito;
II) i genitori lavoratori dipendenti del settore privato, con almeno un figlio a carico minore di 14 anni, hanno sempre diritto al lavoro agile a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione e che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, nei casi di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa, o che non vi sia un genitore non lavoratore.

Precisatosi poi anche che il lavoro agile può essere svolto anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del lavoratore dipendente, qualora non siano forniti dal datore di lavoro,

III) si è rimesso ai datori di lavoro pubblici e privati l’opzione del lavoro agile come applicabile a ogni rapporto di lavoro subordinato fino alla cessazione dello stato di emergenza (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2020), pur nel rispetto dei principi di cui alla L. n.81/2017 ma anche in assenza degli accordi individuali e fatti salvi gli obblighi di informativa da assolversi per via telematica.

4. Prospettive evolutive dell’organizzazione del lavoro smart; un’opportunità per tutti, ma occorre essere preparati

Da un punto di vista organizzativo, lo smart working presenta innegabili vantaggi e porta numerosi benefici.
Consente al datore di lavoro di risparmiare sui costi di struttura (basti pensare che a Milano ogni scrivania in centro città, vale dai 300 ai 500 euro di costi mensili – valore di postazione in co-working) aumentando in produttività.

Al contempo, a livello sociale e per la collettività cittadina, il lavoro agile riduce il traffico cittadino e gli spostamenti dei pendolari verso le metropoli; così favorendo la riduzione dell’inquinamento urbano provocato dagli spostamenti dei lavoratori in mobilità (si pensi che a Roma si contano, ad oggi, 500mila lavoratori pubblici. Toglierne ogni giorno la metà dalla strade perché lavorativamente si dà ai dipendenti collegati da remoto la possibilità di svolgere la mansione lavorativa, vorrebbe dire rendere certamente la capitale più vivibile e meno inquinata).

Certamente poi, il lavoro agile è utile ai lavoratori.

Perchè consente a tutti – e in particolare alle lavoratrici – di conciliare meglio le esigenze della famiglia con quelle del lavoro, e – ove correttamente organizzato – facilita scelte di vita diverse; con maggior spazio da potersi dedicare al tempo libero e/o ad altri impieghi non lavorativi (ad es. corsi di formazione, hobbies, approfondimenti culturali, attività sportive e/o socialmente utili…)

Questo, in quanto non è detto che inquadrare il lavoratore da remoto debba essere la regola 7 giorni su 7.

A seconda delle situazioni, potrà infatti essere diversamente vincente l’opzione di una alternanza del tempo, articolata tra lavoro da remoto e lavoro in presenza. Dove il primo ad esempio sia limitato a soli 2 giorni della settimana, con il resto dei giorni a presenza fisica nei luoghi di lavoro.

L’essenza dello smart working sta, infatti, nella libertà organizzativa e nella personalizzazione del modello applicato al lavoratore e al suo ruolo, per l’azienda.

Occorrerà quindi sempre e certamente effettuare una valutazione su base personalizzata; il datore di lavoro, in particolare, dovrà avere un quadro chiaro della propria azienda/struttura organizzativa e decidere se e quali lavoratori potranno lavorare fuori dai locali aziendali, limitando la presenza in ufficio ai soli casi ritenuti opportuni o necessari.

Rendere il lavoro più agile richiede di pensare a una nuova organizzazione del lavoro: qualche indicazione importante

Sul piano manageriale lo smart working come modalità non più emergenziale e/o imposta ma scelta per l’organizzazione del lavoro a distanza richiede di ripensare il ruolo di manager, quadri e dirigenti d’azienda in ottemperanza a una cultura orientata alla responsabilizzazione delle risorse di team, con chiarezza quanto agli obiettivi da raggiungere ed ai tempi per conseguirli.
Potrà quindi essere utile organizzare squadre di lavoro, per gruppi numericamente contenuti da gestire. Il coordinamento resterà comunque cruciale e si dovranno intensificare anche alcuni asset strategici del management.

In particolare:

· processi strategico-decisionali: la capacità di analisi e di pianificazione a breve e medio tempo, saranno abilità fondamentali richieste lato lato datoriale. Si rende peraltro necessaria una buona capacità di visione prospettica associata alla capacità di mettere in pratica decisioni in tempi brevi rispetto alle prevedibili evoluzioni di contesto, ed eventuali possibili rischi ed obiettivi pianificati;

· leadership delegata: sarà opportuna una regia di comando in chiave limitatamente “impositiva” e più partecipativa e trasparente. Favorevole ad una reale e netta affermazione del lavoro di squadra, per un confronto partecipativo, secondo le tecniche di coaching, ascolto attivo e team building;

· buone prassi comportamentali e relazionali: il leitmotiv della relazione lavorativa sarà incentrato su fiducia e solidarietà bi – direzionale tra il management e squadre di lavoro.

· Utile sarà prevedere periodici momenti di interazione e confronto (anche con modalità telematica) e fissare periodiche riunioni di “imput” e “check” pre e post affidamento delle attività/ commesse/incarichi, preparate stabilendo un ordine del giorno preciso, con una durata contenuta. Occorrerà mettere dei confini al lavoro e stabilire orari precisi per le rispettive reperibilità;

· flessibilità di processo e logistica da rivedere: fermo restando che il modello alla base dell’accordo lavorativo agile dovrà essere personalizzabile, la minore burocratizzazione di processo e strutturazione del lavoro secondo modelli organizzativi agili, con eliminazione di procedure troppo complesse o frammentate, sono fortemente raccomandate. I luoghi di lavoro fisici richiederanno di essere rimodulati negli spazi e nelle postazioni di lavoro e comuni, e anche i layout degli uffici saranno più agili. Le modalità video saranno mantenute per alcune attività o fasi di attività ed è probabile che i tempi di permanenza presso le sedi fisiche del lavoro, saranno comunque più ridotte rispetto a quelli attuali, in termini orari giornalieri, settimanali e/o mensili;

· networking e comunicazione circolare: anche con ricorso agli strumenti di videoconferenza e di smart learning, le reti collaborative, in modalità digital, saranno sempre più di ausilio allo sviluppo di nuovi modelli di governance collaborativa.

· R&D: la formazione e l’accompagnamento del lavoratore verso una sua nuova dimensione lavorativa resterà cruciale. Dovrà riguardare certamente l’organizzazione del lavoro e la gestione delle risorse, oltrechè il quadro delle responsabilità e autorità organizzative, con chiarezza di ruoli, mansioni, estendendosi al tema della digitalizzazione dei processi e all’uso dei dispositivi e delle dotazioni. Il tutto, anche con riferimento alla cybersecurity e ad altre misure di sicurezza aziendale che il datore di lavoro dovrà adottare a fronte di possibili rischi di sicurezza, specificando in modo chiaro e dettagliato al lavoratore da remoto le misure da adottare e il quadro sanzionatorio eventualmente applicabile in caso di violazioni, considerati anche gli obblighi di riservatezza e segretezza applicabili a tutela del patrimonio aziendale (ad es. segreti commerciali, proprietà intellettuale, know how, elenchi clienti, progetti, statistiche, studi, report, ricerche, formule, modelli, contratti, accordi etc., compresi i dati utilizzati nell’attività lavorativa), ivi compresi i dati personali trattati in ambito lavorativo.

Conclusioni

È di pochi giorni fa la pubblicazione sul sito dell’Ordine degli Avvocati di Milano di una specifica Guida pratico applicativa per il Professionista e gli Studi dedicata allo smart working, licenziato dalla Commissione del Diritto del lavoro del nostro Consiglio dell’Ordine (per visionare la guida: https://www.ordineavvocatimilano.it/it/news/vademecum-smat-working realizzato-dalla- commissione-lavoro/p100n443).

Tutto fa infatti pensare che, anche nel mercato professionale, da settembre la modalità agile resterà l’opzione collaborativo/lavorativa probabilmente privilegiata, soprattutto dagli Studi italiani di dimensioni medio-grandi. Certo è che, anche nel mondo delle libere professioni, perché il il lavoro agile sia la formula vincente, occorrerà realizzare il passaggio mentale e culturale – principalmente lato datoriale – che miri ad abbandonare la concezione della prestazione lavorativa a tempo e in presenza, in favore di una diversa concezione della relazione lavorativa incentrata sulla fiducia reciproca e sulla capacità di guardare ad obiettivi assegnati ed a risultati effettivamente conseguibili e conseguiti lato lavoratore.

In tale ottica, non solo i dipendenti ma anche i collaboratori liberi professionisti di Studio potrebbero essere fortemente coinvolti in una nuova dimensione organizzativa dei processi di lavoro; in cui il rapporto contrattualizzato su base personalizzata dovrà prevedere anche espressamente i tempi e pause, con una certa flessibilità di orario e specifica previsione del diritto alla disconnessione, al pari di quanto già oggi applicabile ad alcune categorie di dipendenti pubblici ed aziendali[1].

I percorsi di carriera associati a una nuova abitudine applicativa in ambiente lavorativo, secondo una logica MBOManagement By Objectives, saranno di fondamentale importanza e potranno diventare rigola diffusa a livello manageriale anche negli Studi professionali; trattasi infatti di processi che si basano sul raggiungimento degli obiettivi e volti a premiare le risorse meritevoli che, con il loro contributo, accrescono il valore della prestazione/servizio offerti.

Importante sarà anche la capacità dei “capi” di declinare specifici indicatori di valutazione della performance, rapportati a programmi di lavoro articolati per specifiche attività e milestones e/o dipartimenti e practices e/o singole commesse e/o progetti assegnati.

E certamente, per tutti, di primaria importanza saranno i percorsi formativi in materia digital, la cura degli aspetti legati agli adempimenti di salute e sicurezza anche con riferimento alle dotazioni tecnologiche ed ergonomiche applicate alla postazione lavorativa – ivi compresa la declinazione di procedure informatiche e di sicurezza applicabili, e le policies in materia di tutela dei dati.

Poi, l’attenzione al benessere – anche mentale- del lavoratore a bilanciamento del potere di controllo e disciplinare del datore di lavoro, si affermerà infine molto presumibilmente come un nuovo tema, che farà presto il suo ingresso negli Studi professionali.

 

Note

[1] Ad oggi, solo i contratti collettivi di insegnanti e bancari contemplano il divieto espresso di telefonate o e-mail dopo l’orario di lavoro.

 

Articolo a cura di Giovanna Raffaella Stumpo

Profilo Autore

Giovanna Raffaella Stumpo, Avvocato del Foro di Milano, Giornalista pubblicista, collabora con primarie Case editrici e Quotidiani per l’attività redazione specialistica e per discipline strumentali all’esercizio della professione.  Formatore accreditato, in collaborazione con Università, CNF, Consigli dell’Ordine, Scuole di formazione, Associazioni ed Enti per svolge con continuità attività di docenza e di progettazione di corsi nell’ambito della formazione e dell’aggiornamento professionale continuo. Auditor 231/2001 e Valutatore SGQ ISO 9001, è Consulente per il settore dei servizi alle imprese: nella progettazione e sviluppo di SGQ – Sistema Gestione Qualità ISO 9001, SGI – Sistemi Gestione Integrati (Privacy, Qualità, Ambiente e Sicurezza), MOG – Modello Organizzativo Gestionale ex Dl. 231/2001, Reti d’impresa e/o collaborative; nel coaching alle PMI per progetti con finanziamento europeo (www.giovannastumpo.it)

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