Passaggio Generazionale, Spunti di Riflessione – Il Trust

Premessa

In numerosi contesti aziendali il passaggio generazionale può rappresentare un considerevole punto di svolta per la vita di un’azienda.

Perciò al di là del fatto della preparazione, delle competenze e dell’attitudine di chi riceverà il testimone è molto importante che tutto l’organico aziendale abbia il tempo di potersi preparare ad accogliere il cambiamento. Tempo che potrà essere consegnato solo attraverso una programmazione anticipata del passaggio generazionale e di un piano di intervento e di gestione delle risorse umane.

Così facendo tutti avranno la possibilità di apprendere la notizia e adattarsi al cambiamento, sia da un punto di vista psicologico, sia relazionale.

Al contrario, un atteggiamento di superficialità da parte dell’imprenditore e dei suoi collaboratori verso tali tematiche metterà in serio pericolo la vita dell’azienda stessa.

In questo articolo vedremo come gestire al meglio questo processo poliedrico di vitale importanza per l’impresa.

Sappiamo che la questione è delicata tanto quanto lo stare in equilibrio sul filo di un rasoio.

Sono ormai moltissime le aziende che non sono riuscite a sopravvivere al cambio generazionale e nel tempo abbiamo potuto constatare come tale processo fosse stato spesso erroneamente considerato quasi una formula magica, dentro la quale è custodito il segreto per far funzionare le aziende nel tempo oltre la generazione di chi l’ha fondata.

Ça va sans dire che non è affatto così e che soprattutto nulla accade per magia.

Si tratta al contrario di un processo delicato nella sua complessità, caratterizzato da tutta una serie di equilibri e basterà sbilanciarne anche uno solo per far cadere tutta la struttura.

La natura di tale problema è sia psicologica che funzionale, e per meglio comprenderlo occorre prima di tutto osservare da una prospettiva esterna gli attori che compongono lo scenario.

Gli attori coinvolti nel passaggio generazionale

Per intenderci meglio ed identificare con chiarezza i ruoli in gioco, abbiamo qui voluto semplificare la composizione degli attori coinvolti nel passaggio generazionale, identificandoli come il Senior, il Junior e i Dipendenti.

Il Senior gestisce il proprio lavoro in azienda secondo degli schemi personali che si sono assodati e consolidati nel corso del tempo.

Possiede una buona esperienza per quanto riguarda le tempistiche lavorative dei suoi dipendenti e cosa più importante ha saputo costruire nel corso degli anni, relazioni di fiducia reciproca profonde e stabili.

Perciò, durante un percorso di cambiamento generazionale, è la fiducia  costruita nel tempo con i propri dipendenti, grazie ad una forte cultura aziendale, a fare in modo che tale cambiamento vada a buon fine.

Un ruolo decisamente differente ma fondamentale durante il passaggio generazionale lo gioca il Junior.

La sua figura è parte determinante del processo di ricambio generazionale.

Tuttavia è sottoposta a un forte carico psico-sociale che se mal gestito potrebbe provocare dei conflitti sia con sé stesso che con l’ambiente circostante.

Per questo motivo la cosa migliore è instaurare un passaggio generazionale il più graduale possibile.

Più tempo avrà a sua disposizione il Junior per essere integrato in azienda e più tale carico si farà leggero. Così facendo, sarà certamente più assertivo e sereno nel gestire in autonomia tutti i processi decisionali.

Quando l’erede avrà preso consapevolezza di tutti quei delicati equilibri che devono rimanere bilanciati nel corso della vita aziendale, allora quello sarà il momento per consolidare formalmente il passaggio generazionale.

Il ruolo dei Dipendenti

Dal punto di vista dei dipendenti il passaggio generazionale può risultare un evento particolarmente traumatico e spiacevole quando il Leader di riferimento ha un cedimento nel suo ruolo.

Sarebbe perciò auspicabile durante tale processo, che i vertici d’azienda avviassero una robusta comunicazione per dare ai propri dipendenti il riconoscimento tangibile del contributo che danno alla crescita dell’impresa.

È importante sapere per le risorse umane di essere un valore aggiunto per l’azienda. Questo le aiuterà a  mantenere basilare la fiducia che hanno riposto nel sistema valoriale della azienda e nelle persone coinvolte nel ricambio generazionale.

La linfa vitale di un’azienda è messa in circolo proprio dalla cultura aziendale: quell’insieme di credenze, regole e valori condivisi da tutti che promuove un lavoro sano e produttivo.

Ecco perché l’eredità generazionale dovrebbe essere un caposaldo nella cultura aziendale, così facendo i dipendenti vedranno il passaggio di buon grado e quando avverrà saranno pronti ad accogliere tale processo con piacere e serenità.

L’importanza delle differenze di ruolo

Vogliamo infine sottolineare l’importanza delle differenze di ruolo delle figure qui descritte come primo passo per rendere più agevole il passaggio da una generazione ad un’altra.

Altresì come ricordato all’inizio dell’articolo, una programmazione anticipata da parte dell’imprenditore del proprio passaggio generazionale è il tassello fondamentale per rendere agevole tale percorso altrimenti impervio.

A tal proposito il Trust è per noi uno degli strumenti privilegiati per supportare l’impostazione di un passaggio generazionale, di estrema diffusione e dalle capacità molto estese che lo rappresentano, al pari del Patto di Famiglia, del quale abbiamo parlato nell’intervento del 15 settembre 2022, su questa Rivista. Non ha nulla in comune con il PF, dal quale si distingue per il percorso costitutivo e per la sua struttura intrinseca.

Il trust nel passaggio generazionale – definizione

Il Trust è un istituto giuridico di origine anglosassone con cui un soggetto (denominato disponente) trasferisce beni e diritti a un altro soggetto (detto Trustee) il quale assume l’obbligo di gestirli ed amministrarli, nell’interesse di uno o più beneficiari, affinché si raggiunga un determinato scopo (indicato dal disponente).

La finalità del Trust è quella di separare alcuni beni/diritti dal patrimonio di un soggetto per il perseguimento di specifici interessi, tra i quali potrebbe certamente rientrare quello di porre le basi per un passaggio generazionale, mettendo in sicurezza l’impresa di famiglia, ovvero il suo controllo, fino al momento dello svincolo e del trasferimento al soggetto (ad esempio uno o più figli) che prenderà il posto dell’imprenditore.

Oggetto di Trust possono essere beni mobili, immobili, materiali o immateriali. I beni, peraltro, anche se sono intestati al Trustee, non fanno parte del suo patrimonio personale.

In altre parole la proprietà legale del Trust è attribuita al Trustee, il quale ne assume i relativi diritti. I beni in questione restano segregati nel patrimonio del Trust per cui risultano estranei sia al patrimonio del disponente che a quello del Trustee.

Questo significa che il patrimonio conferito nel Trust è tutelato da eventuali attacchi esterni; più in dettaglio:

  • Aggressione di eventuali creditori
  • È escluso dai cespiti ereditari del Trustee in caso di morte
  • È escluso nel regime patrimoniale legale della famiglia del Trustee
  • Non può essere utilizzato per scopi differenti da quelli presenti nell’atto costitutivo
  • Non può essere aggredito dai creditori degli eventuali beneficiari fino a quando non avviene l’attribuzione da parte del Trustee.

I soggetti

Le figure che intervengono nella costituzione di un Trust possono essere tre: il disponente, il Trustee e il guardiano.

Disponente o settlor

Questa è la figura di colui il quale decide di costituire un Trust e di conferire a un altro soggetto la gestione di parte del suo patrimonio, materiale e/o immateriale, con le indicazioni sulle modalità di gestione, per le quali, occorrendo, può riservarsi alcune prerogative.

Trustee

Questa è la figura di colui il quale con l’istituto diventa il legittimo proprietario dei beni, occupandosi di amministrare e gestire il patrimonio, secondo le direttive ricevute dal disponente, per tutto il tempo previsto dall’istituto.

Le sue funzioni si concretizzano in una serie di obblighi: preservare il fondo in Trust; redigere un rendiconto periodico del proprio operato; agire con imparzialità nei confronti dei diversi beneficiari, ove presenti. La funzione di Trustee è svolta usualmente da familiari di fiducia; può anche essere svolta da professionisti esterni.

Guardiano o protector

Il compito di questo soggetto, laddove previsto, è di vigilare sull’attività del Trustee nell’interesse dei beneficiari. Tra le sue funzioni: la revoca e la nomina del Trustee; l’espressione del proprio consenso in merito alle decisioni del Trustee; la comunicazione di direttive e istruzioni al Trustee.

Come costituire un Trust

Un Trust può essere costituito tramite atto scritto, sia da persone fisiche che da persone giuridiche (enti, società ecc.).

La prassi italiana tende verso la stipula per atto pubblico, o scrittura privata autenticata nel caso in cui il conferimento riguardi beni mobili registrati o beni immobili.

Nell’atto il disponente stabilisce: la durata, i beneficiari, i poteri conferiti al Trustee e all’eventuale guardiano, le direttive per l’amministrazione dei beni.

Tipologie di Trust

Trattandosi di uno strumento flessibile e adattabile a differenti situazioni possono essere istituite varie tipologie di Trust: Trust familiare, Trust immobiliare, Trust commerciale, Trust liquidatorio, Trust di scopo e Trust discrezionale. Tra gli ambiti di applicazione più comuni figura quello familiare; il Trust in tal senso è utilizzato per assistere soggetti deboli (minori o soggetti diversamente abili) e per preordinare una successione ereditaria.

Nel settore immobiliare, ad esempio, il Trust viene invece istituito in presenza di attività rischiose, con lo scopo di proteggere i beni immobili personali che, una volta divisi dal patrimonio aziendale, diventano impignorabili.

Effetti del Trust

L’effetto principale del Trust è la segregazione patrimoniale: i beni conferiti formano un patrimonio separato rispetto al patrimonio personale non solo del settlor, ma anche del Trustee, cosicché i beni vincolati non possano essere aggrediti dai creditori del disponente o del gestore e neppure da quelli del beneficiario. Effetto peculiare del Trust risiede nello sdoppiamento della proprietà: il Trust, infatti, viene amministrato dal Trustee unicamente nell’interesse dei beneficiari individuati dal disponente o per il perseguimento degli scopi indicati dallo stesso.

È possibile istituire anche un Trust privo di beneficiario: si tratta del Trust di destinazione, in cui i beni sono appunto destinati esclusivamente al perseguimento di uno scopo ritenuto meritevole di tutela. L’atto costitutivo può anche prevedere che il disponente mantenga la titolarità dei beni vincolati e, quindi, assuma lui stesso i poteri e gli obblighi di attuazione dello scopo di destinazione. In tali casi si parla di Trust autodichiarato, dove le figure di settlor e Trustee confluiscono in capo al medesimo soggetto e in forza del quale si determina un vincolo di destinazione all’interno dello stesso patrimonio del disponente, senza trasferimento della titolarità dei diritti vincolati a terzi.

Il Trust successorio concerne tutte le operazioni relative al passaggio generazionale da un beneficiario a un altro dei beni, sia materiali che immateriali, che si può applicare non solo al patrimonio personale, ma anche alla gestione delle proprie attività imprenditoriali. Infatti, il Trust ha avuto un ampio consenso e utilizzo nel diritto successorio quasi quale alternativa al testamento, poiché esso (in modo simile al testamento) consente di pianificare appunto il passaggio generazionale della ricchezza per la tutela di particolari esigenze, come ad esempio la protezione di soggetti deboli o della redditività di impresa. Il motivo per cui si opta per il Trust anziché per il testamento, risiede nel limite che impone il nostro ordinamento giuridico circa l’unitarietà della successione in morte di un soggetto.

Articolo a cura di Pasquale Dui e Alessandra Bussi Moratti

Profilo Autore

Avvocato - Partner presso DV-LEX DUI VERCESI & PARTNERS Studio Legale - Professore a contratto di diritto del lavoro - Revisore Legale - Giornalista pubblicista

Profilo Autore

Alessandra Bussi Moratti è psicologa, consulente e formatrice aziendale. Esperta di Family Business e delle dinamiche relazionali e psicosociali che lo caratterizzano, con particolare attenzione per quella che è una fase delicata nel percorso di vita e rinnovamento di un’impresa: il passaggio generazionale. Collaboratrice esterna con istituzioni universitarie e aziendali tramite numerosi progetti di ricerca e attività formative rivolti a imprenditori, manager e professionisti. Realizzatrice del Modello -ABM Method- per sostenere in modo strategico il Change Management nelle Imprese. Autrice del Libro: “GOOD PRACTICES E MADE IN ITALY: QUATTRO CASI DI ECCELLENZ.A”. Logica d’impresa e passaggi generazionali (FrancoAngeli, 2020).

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