Flessibilità e cambiamento come chiave per il futuro delle organizzazioni

La situazione determinata dal Covid-19 ha imposto a chiunque – persone, famiglie, aziende – una serie di cambiamenti fino ad oggi inimmaginabili. Ha chiesto a tutti noi di fermarci e, contemporaneamente, di adattarci velocemente alle nuove norme a tutela della salute pubblica, riorganizzando la nostra vita, il nostro lavoro e le nostre attività produttive.

Le parole chiave sono state rapidità – flessibilità – adattabilità – creatività – spirito di iniziativa; ma anche valori – responsabilità – fiducia – cooperazione – sostegno reciproco – umanità e capacità di autorganizzazione.

Parole che abbiamo visto concretamente agite in vari ambiti e in particolare in quello sanitario, dove l’importante lavoro svolto da tantissimi medici, infermieri, ricercatori e volontari ha consentito non solo di affrontare insormontabili difficoltà e di salvare tantissime vite umane,  ma anche di offrire calore, sostegno e vicinanza a chi si trovava solo e in difficoltà.

Abbiamo visto aziende, spesso concorrenti, unirsi e riconvertire rapidamente la loro attività, come è capitato nel campo della moda dove designers di abiti si sono velocemente trasformati in produttori di mascherine. Ne abbiamo viste altre tramutare la produzione di maschere subacquee in presidi sanitari per l’erogazione dell’ossigeno ai pazienti e per la protezione del personale sanitario. Abbiamo conosciuto tantissimi altri esempi di creatività e inventiva italiana, che ci fanno ben sperare nelle capacità del nostro Paese di trovare le risorse necessarie per superare anche questo grande momento di difficoltà.

Ma tutto questo cosa ci dice?
Prima di tutto che:

  • tutti siamo stati messi di fronte alla necessità di agire dei cambiamenti organizzativi e di farlo velocemente;
  • in presenza di forti pericoli e di importanti valori condivisi da difendere, siamo stati capaci tutti insieme di generare coesione, capacità di attenzione verso i più deboli e una spinta vitale in grado di farci superare enormi difficoltà;
  • le persone, i leader e gli imprenditori che sono stati capaci di agire con rapidità, flessibilità e adattabilità, non solo sono riusciti a resistere all’impatto negativo generato dal lockdown ma anche a cogliere nuove opportunità per ripartire. In poche parole, sono diventati “agili”.

Emerge quindi evidente che la capacità di cogliere i segnali emergenti di nuovi bisogni, immaginare nuove possibilità, aprirsi a nuove collaborazioni, mettersi in gioco avendo il coraggio di lasciare la nostra zona di comfort, sono le risorse indispensabili da coltivare per saper trasformare problemi insormontabili in incredibili opportunità.

Al contrario la rigidità, la lentezza, le lunghezze decisionali, le lungaggini burocratiche e i sistemi di controllo complessi, non solo non sono stati in grado di proteggerci e di aiutarci a fronteggiare efficacemente la situazione; ma hanno paradossalmente contribuito, in alcuni casi, a rendere ancora più difficile la situazione, vanificando l’efficacia delle azioni di contrasto intraprese.

Guardando in particolare al mondo imprenditoriale, tutto questo dimostra che i sistemi organizzativi snelli, flessibili e adattabili – che oggi vengono indicati con i termini “Agile – Lean o Teal Organizations” – risultano quelli meglio in grado di rispondere alle situazioni di elevata incertezza, complessità e vulnerabilità che oggi stiamo vivendo, con la capacità di creare le condizioni necessarie per cogliere nuove opportunità e ripartire.

Il loro obiettivo non è quindi “smontare” diritti e garanzie acquisite ma, al contrario, creare condizioni e modalità operative che favoriscano l’impegno e la volontà di tutti a collaborare per il raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi e per lo sviluppo dell’azienda. Come sempre, però, questo non dipende dal modello organizzativo che si usa ma da come lo si usa; dai valori e dai veri obiettivi che spingono l’azienda a implementarlo al suo interno.

Un esempio tangibile e sotto gli occhi di tutti ci viene offerto dallo Smart Working.

Nei mesi del lockdown abbiamo visto improvvisamente cadere tutti i muri di diffidenza e i preconcetti legati allo Smart Working e alla necessità di controllare a vista le persone per assicurarsi che lavorassero. Al contrario, ci siamo sorprendentemente accorti che non solo da casa tutti lavoriamo molto di più, ma anche che questo strumento, a seconda delle modalità con cui viene applicato, può produrre risultati completamente diversi e, in qualche caso, contrari ai principi per i quali è stato pensato.

Infatti lo Smart Working, se applicato correttamente, si dimostra davvero uno strumento in grado di aiutare le persone ad affrontare efficacemente la sovrapposizione famiglia/lavoro che questi tempi di pandemia ci impongono. Nel riconoscere infatti a uomini e donne fiducia, responsabilità e impegno nel  raggiungimento degli obiettivi concordati, l’azienda lascia loro la facoltà di gestirsi intelligentemente ed efficacemente quanto a tempi, spazi e modalità da dedicare al lavoro e alla cura della famiglia, così favorendo il miglioramento della qualità della vita e del loro lavoro.

Al contrario, se usato in modo distorto come semplice “lavoro da casa”, o impropriamente (come a volte vediamo) dilatando a dismisura i tempi e le reperibilità, potrebbe diventare un’ulteriore arma per aumentare le discriminazioni – in particolare a discapito delle donne – peggiorare le condizioni di lavoro e limitare diritti già acquisiti. Anche in questo caso non è lo strumento a essere buono o cattivo, ma sono i valori e gli scopi che spingono le aziende ad adottarlo a determinarne la differenza.

Ma nella nostra società, nelle nostre famiglie, nelle nostre aziende siamo di fronte a semplici cambiamenti organizzativi, o c’è in gioco qualcosa di più profondo, che chiama in causa i nostri punti di riferimento, i nostri valori, ciò che guida le nostre scelte e ciò che è veramente importante per noi?

Secondo Frederic Laloux, autore del libro “Reinventing  Organizations”le organizzazioni agili sono luoghi di lavoro pensati come organismi viventi, capaci di auto-organizzarsi attraverso un sistema di relazioni paritarie, guidati dalla condivisione di un proposito evolutivo da servire. Sono il prodotto del più recente stadio di evoluzione della coscienza umana e di un cambio di paradigma che si esprime in termini sociali e organizzativi con l’emersione di un nuovo livello di bisogni che, nella piramide di Maslow, viene definito di  “autorealizzazione”.

Ma di cosa si intenda per “paradigma” e cosa significhi esattamente, in termini evolutivi e organizzativi, ne parlerò approfonditamente nel prossimo articolo.

 

Riferimenti bibliografici

Frederic Laloux, Reinventing Organizations. A Guide to Creating Organizations Inspired by the Next Stage of Human Consciousness, 2014

 

Articolo a cura di Maria Terlizzi

Profilo Autore

Corporate e Business Coach certificata, con una lunga esperienza in ambito bancario e una grande passione per i processi evolutivi, la comunicazione, il potenziamento delle competenze e di tutto ciò che favorisce lo sviluppo del business attraverso l’emersione e valorizzazione del potenziale inespresso delle persone.

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