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Metodologia 3E: la risposta del mercato

Dopo solo alcuni mesi dal lancio della metodologia 3E, le imprese stanno mostrando di capire e di apprezzare questa metodologia che si conferma essere una classica soluzione KIBS, Knowledge Intensive Business Service.

E’ stata ideata ed elaborata da professionisti altamente qualificati (Knowledge Intensive), le soluzioni e prestazioni offerte sono personalizzate (client oriented), finalizzate a risolvere problemi specifici dei clienti (problem solving). Una metodologia che non è un insieme di ricette miracolistiche ma un approccio sistemico che vede il cliente coinvolto nella costruzione di un modello che rimane nella sua disponibilità. Un approccio modulare, confermato dal fatto che le prime aziende hanno scelto la E, ossia l’applicazione, corrispondente alle proprie esigenze.

Dopo la forzata inattività, un’azienda del settore metalmeccanico, per esempio, non si è limitata a rivedere il proprio posizionamento in un mercato in grande evoluzione (con il passaggio da un livello globale ad un livello regionale) ma ha deciso di rivedere completamente il proprio business model. Accettare di rimettere in discussione un modello che nel corso di quasi quaranta anni di attività si era rivelato positivo, è una scelta coraggiosa che conferma la visione dell’imprenditore ma anche la consapevolezza di non voler trascurare nessun dettaglio. L’intervento non si esaurirà in un semplice assessment organizzativo ma, proprio perché gestito con il management, porterà ad individuare le aree di miglioramento in tutte le funzioni aziendali, gli eventuali investimenti da adottare per agevolare il riposizionamento, il processo di change management per supportare gli operatori.

Ma c’è stato anche il caso di un’azienda, del settore chimico, che ha definito una strategia chiara ma che non può permettersi i tempi di realizzazione e di messa a terra tradizionali e avverte l’esigenza di una condivisione immediata e di recuperare l’engagement dei responsabili. La capacità di execution non si esaurisce nella realizzazione di un piano ma in un approccio sistemico che investe alcune dimensioni strategiche ed in queste dimensioni è incentrato un programma che vede impegnato con l’AD tutto il leadership team che disporrà poi al termine di un capabilities profile, una sorta di bussola di riferimento per gestire l’azienda nella complessità.

Crescenti sono poi le richieste per sviluppare una cultura del remote management. L’applicazione forzata del lavoro a distanza, che con grande superficialità viene da tutti identificato come smart working anche se non ne ha le caratteristiche, sta portando diverse aziende, sia del settore industriale che dei servizi, a sollecitare non tutorial o le così dette pillole dei corsettifici ma interventi customizzati che siano in grado di innestarsi nella cultura aziendale per aiutare concretamente i responsabili a maturare un approccio gestionale diverso.

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Redazione

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