Un’innovativa cultura d’impresa per un’azienda capace di trasformazione

SUPERARE L’ANSIA

Il mondo “accelerato” della società dei Paesi occidentali o “occidentalizzati e l’economia dei mercati globali sembrano oggi strutturalmente pervasi dal fenomeno dell’ansia. Il mercato vive della concorrenza delle Aziende in lotta fra loro e di masse sempre più ampie di consumatori che vengono spinti verso traguardi oggettuali che si spostano continuamente in avanti. Ne consegue che l’intera società sembra trascinata da un turbine vorticoso. I singoli individui, costretti a tenere il passo di un continuo e troppo rapido mutamento che investe tutti gli aspetti della vita senza indicare una meta finale, perdono il rassicurante contatto con le tradizioni. Lo stress diviene insopportabile e si finisce col cercare una qualche illusoria gratificazione che funzioni da ‘salvagente’ e che inevitabilmente porta a preoccupanti fenomeni di dipendenza (gioco d’azzardo, shopping compulsivo, tecno-dipendenza, disturbi alimentari, etc.). Affrontare questi fenomeni appare come la lotta con la mitica Idra dalle Sette Teste che continuamente rinascono.

I Social Network, nati per offrire una maggiore interattività e comunicazione, hanno invece evidenziato numerosi e preoccupanti aspetti negativi. La logica dei mercati globali ha travolto soprattutto i giovani in un frenetico vortice di desideri e aspettative che si rivelano presto motivo di frustrazione e rabbia in mancanza di una solida prospettiva di inserimento nel mondo lavorativo.

D’altronde, come già scriveva Lucrezio oltre 2000 anni fa, con parole di sorprendente attualità: “Ogni nuova scoperta ha un rovescio della medaglia. Il progresso ha portato l’uomo all’ambizione e alla sete di possesso, la scoperta del metallo ha generato amore per l’oro e l’uso di nuove armi, piacere e benessere non sono serviti a evitare la follia massima, la guerra che incombe su tutto. Ricchezza e potere scavano i solchi di una distinzione che si aggrava sempre di più. Raggiunto l’apice del benessere, l’uomo vede realizzare il principio di una catastrofe più volte annunciata nel sottolineare il mancato equilibrio armonico nella vita civile”[1].

Ci accorgiamo che i messaggi del mercato globale ci hanno portato in un vicolo cieco in cui non sappiamo più cosa chiedere e cosa cercare. Ciò che sembra mancare ai singoli come alla comunità, anche al di là della soddisfazione dei bisogni primari, sembra sia soprattutto la possibilità di ‘realizzazione’ (vocabolo divenuto molto frequente) cioè di esprimere il proprio potenziale, spendere il proprio talento, la capacità creativa, individuare un percorso, riuscendo a fare la propria parte nel mondo.

RITROVARE LA CULTURA D’IMPRESA

Si presenta quindi inderogabile l’esigenza di invertire la spirale negativa che porta l’Homo Faber (l’artefice fiero della sua intelligenza creativa) a frustrazione continua dovuta a beni materiali che, nella loro voluta deperibilità, creano insoddisfazione, senso di vuoto, noia e riduzione della dignità. Il compito non può che essere nelle mani di quelle grandi Aziende (nuovi mecenati e guru della postmodernità) che sapranno guardare lontano, rispondendo all’esigenza più profonda della società. L’uomo postmoderno sente mancare qualcosa al compimento della sua umanità più profonda, a causa dell’allontanamento da un modello sociale che non riflette le sue esigenze di complessità e di integrazione all’interno di una comunità civile. Una fame soddisfatta da cibo inadeguato.

Le maggiori Aziende, in quanto costituenti il principale elemento di influenza nel tessuto della società moderna, dovranno perciò adottare nuovi sistemi di sviluppo e di gestione al fine di offrire un modello di positiva rivalutazione dell’individuo nel contesto sociale. La “Teoria dell’apprendimento Trasformativo”[2] (sviluppata originariamente dal sociologo Jack Mezirow) può offrirci uno spunto interessante di riflessione. La teoria è stata studiata per applicazioni specifiche sull’individuo e le tre dimensioni principali sulle quali si fonda, sono: la dimensione psicologica (approfondimenti nella comprensione del sé), la dimensione del convincimento (revisione critica dei modelli di riferimento) e la dimensione comportamentale (cambiamenti nello stile di vita).

Applicando un’opportuna traslazione di questi concetti dall’individuo all’Azienda, intesa come comunità di elementi individuali eterogenei, le tre dimensioni fondanti per un’Azienda Trasformativa possono essere interpretate come segue:

psicologica: approfondimenti nella comprensione delle strutture primarie più complesse dell’Azienda, delle abitudini di lavoro e del consenso del personale. In tale ambito sarà necessario individuare con particolare cura quali siano gli elementi fondanti dell’Azienda, la sua particolare cultura d’impresa, il patrimonio esclusivo rappresentato dal suo sapere e dalla sua maestria. In tale processo di individuazione, in altri termini, si dovrà prendere coscienza dell’identità Aziendale nel suo senso più generale;

convincimento: opportuna rimodulazione degli obiettivi e finalità, che non sono necessariamente solo quelli del maggior profitto immediato il quale potrebbe portare verso un’ottica miope di gestione. In questa dimensione dovrà essere possibile ricercare un equilibrio tra solidarietà, cultura aziendale e profitto, tale da generare un ambiente di positivo benessere e quindi di efficienza;

comportamentale: sostanziali modifiche e revisione dei messaggi di marketing e delle azioni sul mercato, mettendo in atto comportamenti sostenibili e armonizzati con le precedenti due dimensioni.

Scrive Domènec Melé , professore di Business Ethics “Se le imprese commerciali fossero un mero insieme di individui continuamente in competizione per raggiungere i propri obiettivi personali, senza alcuna preoccupazione per obiettivi comuni e con un’assoluta mancanza di collaborazione, esse non potrebbero sopravvivere”[3]. In altri termini, la vera Azienda trasformativa deve potersi occupare e sostenere anche Persone, Talenti, Cultura e Mestieri.

Uno fra i maggiori industriali e leader d’azienda italiani del secolo scorso è stato Adriano Olivetti, un leader illuminato che portò la sua azienda al raggiungimento di incredibili traguardi internazionali, fino al primo computer programmabile da scrivania, della storia, il Programma 101[4]. Egli credeva che fosse possibile creare un equilibrio tra solidarietà sociale e profitto, tanto che la sua organizzazione del lavoro comprendeva un’idea di felicità collettiva che generava di conseguenza efficienza. Olivetti era convinto dell’idea di valorizzare i contenuti della propria azienda, aldilà di ciò che rappresentavano i meri assets economici.

L’impresa, secondo Olivetti, è uno dei principali fattori di mutamento del tessuto sociale e quindi deve contribuire alla ricerca di una migliore qualità della vita individuale e collettiva.

In quanto elemento di raccordo fra l’individuo e la società, l’impresa deve rappresentare un luogo di crescita professionale. Nell’ambito delle proprie potenzialità specifiche, ogni Azienda dovrebbe valorizzare il proprio patrimonio esclusivo trasferendolo in azioni concrete sul proprio personale. Nei secoli, le vie del commercio sono state sentieri di sviluppo culturale di incontro e di integrazione fra culture differenti, ai cui crocevia sono nate raffinate civiltà materialmente e spiritualmente ricche. Gli oggetti di consumo possono essere scambiati e venduti esaltando le capacità ricettive e intellettive dei potenziali consumatori senza che essi, annichiliti dall’impossibilità di accedere a tali beni, arrivino a comportamenti distruttivi.

A tal proposito, il filosofo e saggista spagnolo José Ortega y Gasset ha scritto (con riferimento al brano della carestia nei Promessi Sposi): “Nelle sommosse che la carestia provoca, le masse popolari cercano di procurarsi il pane, e il mezzo cui ricorrono suole essere quello di distruggere i panifici“[5].

Anche nell’ambito della gestione aziendale è stata rilevata l’esigenza di innovare creando un ponte con la base culturale tradizionale. Sono molti i nomi che sono stati coniati per tale modalità di approccio al problema, tra cui – ad esempio – Effetto Medici [6]. Unanime l’esigenza di guardare al futuro ricomponendo la scissione derivata da un troppo rapido sviluppo delle tecno-scienze che ha finito col fagocitare altre innumerevoli risorse per lo sviluppo armonico della società e che ha distolto lo sguardo dell’uomo dalle sue vere esigenze.

L’innovatore non è un distruttore che presenta qualcosa di assolutamente nuovo costruito su una base priva di riferimenti con il mondo conosciuto: questa azione genera inquietudine a causa dell’incertezza del risultato e la perdita della base sicura. Il Grande Innovatore è sempre colui che sa ritrovare nel creato e nelle sue leggi quella via che gli altri uomini non riescono più a vedere, “quel qualcosa” che sembra perduto e di cui tuttavia si sente forte il bisogno.

Vorremmo riprendere la nota frase di Steve Jobs al suo discorso inaugurale all’Università di Stanford: “Stay hungry, stay foolish” dando una nostra interpretazione a quell’incitamento: “siate affamati di conoscenza, di immaginazione creativa, di iniziative, di cultura d’impresa“.

L’APPROCCIO TRANSDISCIPLINARE: RISORSA DELL’AZIENDA TRASFORMATIVA

Nei tempi dell’ubiquità digitale il modello aziendale dovrà essere rielaborato ed elevato verso un gradino superiore di visibilità: saranno le aziende stesse a dover perseguire il senso di appartenenza allargato a una società trasformativa, laddove i confini dovrebbero essere superati nell’obiettivo comune di una sostenibilità globale. In altri termini, il modello chiuso dell’azienda che si avvolge su se stessa con il solo obiettivo di incrementare i profitti, si sta dimostrando pericolosamente a rischio. Il nuovo approccio alla società digitale dovrà vedere lo sviluppo di moderni modelli di relazioni interaziendali: l’innovazione, la connessione delle parti interessate e l’identificazione di nuovi business. Il modello – cioè – dovrà essere il prodotto di un approccio che necessariamente supera i confini dell’azienda stessa alla ricerca di soluzioni che fondino i singoli obiettivi in una finalità comune.

Per intraprendere però un percorso di trasformazione così delineato, sarà prima necessario iniziare l’azione innovativa dall’interno dell’azienda stessa, al fine di porre a dimora il seme della creatività che potrà poi successivamente germogliare anche verso l’esterno. Dal punto di vista pratico, la sfida principale consiste nell’indurre i propri manager a cambiare il loro sistema di riferimento, introducendo nuovi metodi per comprendere la dialettica complessa della realtà e superando le barriere delle proprie professionalità.

Qualunque azione che implichi una decisione o una scelta può essere affrontata con tecniche multidisciplinari, interdisciplinari o transdisciplinari. Mentre i primi due approcci possono comunque offrire una migliore comprensione della complessità, essi rimangono confinati nella classica struttura rigida della ricerca disciplinare, con tutti i limiti che tale metodo comporta (separazione, riduzionismo, assenza di innovazione).

I leader aziendali e la struttura di management dovranno inevitabilmente rivedere i propri paradigmi lavorativi ampliando le loro visioni oltre le rispettive abilità. La transdisciplinarità [7] è l’unico approccio in grado di affrontare contemporaneamente i problemi tra due o più professionalità, aldilà delle stesse, in quanto crea collaborazione e sinergia.

Il successo di una collaborazione transdisciplinare dipende da come viene affrontato il seguente paradosso: chiedere agli altri di esprimere il loro parere considerando che il parere stesso possa non avere un’utilità immediata come fine! Ciò vale a dire, stimolare in ciascuno la propria creatività e immaginazione. In questo modo, nella collaborazione transdisciplinare le differenze rappresenteranno un’opportunità, anziché degli ostacoli.

L’apertura all’altro del singolo individuo – e quindi la cooperazione all’interno di un’azienda – deve essere infine riportata anche verso l’esterno in una collaborazione tra aziende, al fine di ottenere un vero e duraturo processo di rinnovamento e di trasformazione.

 

1 Tito Lucrezio Caro, De Rerum Natura, 5,925

2 Robert D.Boyd and J. Gordon Myers, “Transformative Education.” International Journal of Lifelong Education 7, no. 4 (October–December 1988): 261–284

3 Domènec Melé – Can an SME become a Global Corporate Citizen? – Journal of business Ethics 2009

4 Alle origini del personal computer: l’Olivetti Programma 101: http://www.storiaolivetti.it/percorso.asp?idPercorso=630

5 J. Ortega y Gasset, La ribellione delle masse [1930]; trad. it. a cura di S. Battaglia, Il Mulino, Bologna, 1962, pagg. 46-51

6 Frans Johansson – The Medici Effect – Harvard Business Press 2006

7 Fabio Marzocca, Transdisciplinarità: innovare ritrovando l’uomo, Academia.edu, 2014

 

A cura di Fabio Marzocca, Ingegnere elettronico, consulente multidisciplinare

Articolo pubblicato sulla rivista Leadership & Management – Marzo/Aprile 2016

Condividi sui Social Network:

Articoli simili