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Quando i valori non sono solo parole: il caso Mitsubishi

Avendo recentemente avuto il piacere di collaborare con Mitsubishi Electric, Hydronics & IT Cooling Systems, ho imparato a conoscere meglio l’azienda e con essa anche la storia dell’insieme delle Mitsubishi Companies. Ho trovato particolarmente affascinante la storia di questo gruppo, che diventa molto particolare dopo la seconda guerra mondiale.

Non che le Industrie Mitsubishi non fossero un gruppo significativo d’imprese anche prima, con interessi che abbracciavano molti campi assai diversi tra loro. Il gruppo, fondato da Yataro Iwasaki nel 1870 come piccola impresa di spedizioni, alla fine degli anni ’30 era costituito da una forte rete d’industrie, parte integrante della potenza economica (e militare: i famosi “Zero” erano costruiti da Mitsubishi) del Giappone dell’epoca.

Tuttavia, è dopo la sconfitta nella guerra e la successiva occupazione da parte delle forze alleate che le cose iniziano a prendere una piega unica.

Le forze d’occupazione costrinsero i grandi conglomerati industriali giapponesi a dividersi e polverizzarsi dopo la guerra, in un tentativo trasparente di paralizzare la forza del Giappone per un lungo periodo di tempo e impedire qualsiasi tentazione di rivincita negli sconfitti.

Ciò portò il vecchio gruppo Mitsubishi a dividersi in centinaia di piccole aziende che fecero del loro meglio per gestire una strategia di sopravvivenza.

Dopo che la situazione politica si calmò negli anni ’50 con il trattato finale di pace e il Giappone tornò membro a pieni diritti della comunità internazionale, alcune società della vecchia Mitsubishi iniziarono a raggrupparsi in organizzazioni più grandi, sebbene rimanessero per lo più indipendenti l’una dall’altra. Eppure… qui la storia si fa intrigante.

Nonostante all’epoca – così come oggi – queste società avessero aziende, mercati e aree di influenza separate, molte di esse issavano la stessa bandiera e si presentavano con lo stesso logo dei tre diamanti. Altre che lo avevano abbandonato, lo ripresero e così fecero con il nome Mitsubishi. Ci si potrebbe aspettare che tale situazione, nel contesto altamente competitivo del business globale, generasse opportunità d’oro per gli avvocati in infinite dispute sulla proprietà di un marchio tanto prestigioso.

Nel caso Mitsubishi, la situazione diede invece origine alla rinascita di uno spirito comunitario e alla creazione di organismi aventi lo scopo di proteggere i valori del patrimonio Mitsubishi: la Mitsubishi Foundation e il Mitsubishi Corporate Name and Trademark Committee. Oggi le varie Mitsubishi esistono indipendentemente, ma si sottomettono all’autorità, per lo più morale ma con alcuni poteri per far rispettare le proprie decisioni, di quest’entità allo scopo di perpetuare il corpus etico originale della società, rappresentato dai tre valori fondamentali, e “assicurare l’uso corretto del marchio per preservare e rafforzare l’identità Mitsubishi”.

Ecco i tre valori al centro dell’etica del Gruppo, come rintracciabili nel comune “The Website of the Mitsubishi Companies”:

  • “Shoki Hoko” = responsabilità aziendale verso la società, intesa a sforzarsi di arricchire la società, sia materialmente che spiritualmente, contribuendo nel contempo alla salvaguardia dell’ambiente globale;
  • “Shoji Komei” = integrità e correttezza, volto a mantenere i principi di trasparenza e apertura, al contempo conducendo affari con integrità e correttezza;
  • “Ritsugyo Boeki” = comprensione globale attraverso l’attività d’impresa, con lo scopo di espandere il business, a partire da una prospettiva globale onnicomprensiva.

Dopo circa 140 anni dalla fondazione e oltre 80 anni dalla loro più nota articolazione formale da parte del quarto presidente dell’azienda, tali principi sono ancora al cuore delle varie Mitsubishi esistenti.

Sono sicuro che sia evidente fino a che punto la cronologia di questi valori sia antecedente all’ascesa recente del concetto di CSR. Questo dev’essere il motivo per cui la sostenibilità, in tutte e tre le sue dimensioni, è così profondamente compresa e integrata nei valori e nelle strategie fondamentali di almeno alcune delle aziende Mitsubishi.

In ogni caso, sono affascinato dall’idea stessa che dirigenti ed executives, persone che sono sicuro non siano ingenui “abbracciatori d’alberi” ma eccellenti e moderni uomini d’affari, accettino la supervisione delle loro strategie e operazioni da una terza parte che è essenzialmente un comitato etico esterno. Con il peculiare potere extra di governare su soggetti autonomi molto diversi al fine d’assicurare un’impronta e un comportamento etici comuni.

Osservando la performance storica della galassia Mitsubishi, rinata come una fenice dalle ceneri della seconda guerra mondiale e oggi fiorente in forme sfaccettate, non si può fare a meno di pensare che le strategie di business basate su valori devono essere una buona scelta da considerare. Ci sono altre case history di successo negli affari generate dall’adesione a valori nonostante la pressione dei non visionari: il Post-it di 3M è uno, nato a causa dell’impegno a non produrre articoli contenenti materiali d’incollaggio tossici. Interface, con le sue sorprendenti performance nel perseguimento dell’Impact Zero 2020 Mission – e Climate Takeback di oggi – è un’altra.

Ma il caso Mitsubishi si distingue per la sua peculiare struttura, formalizzata e ben identificata in una entità indipendente che ha autorità su soggetti terzi.

Si potrebbe dire a questo punto che la cultura giapponese è un mondo a parte. Sì, ma non è ogni cultura un mondo a parte mentre nonostante ciò impariamo costantemente dalle altre culture ciò che hanno di meglio da offrire?

Quindi penso ci siano delle lezioni da trarre da questa storia: in primo luogo, il fatto che mettere i valori in prima linea nelle priorità strategiche di un’azienda paga generosamente nel medio-lungo termine.

Ciò che si applica ai valori etici ​​si applica alla sostenibilità, la quale non a caso è tra le priorità dell’approccio strategico della Mitsubishi che conosco meglio, Electric, Hydronics e IT Cooling Systems. Con la sua Vision 2050 l’azienda è tra le più impegnate nel perseguimento di un’economia sostenibile, con obiettivi ambiziosi di business, sociali e ambientali. E un’entità con la quale parlare di sostenibilità integrata è facile e stimolante, in un panorama altrimenti non certo così confortante.

Sono certo che un maggiore coinvolgimento sui sani e solidi valori etici, con integrità e una visione a lungo termine sulla creazione di valore condiviso, avvantaggerebbero moltissime aziende in tutti i settori.

Beneficiandone, tra l’altro, tutti noi e l’ecosistema del quale abbiamo bisogno per sopravvivere e prosperare.

 

Articolo a cura di Federico Fioretto

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Federico Fioretto

Leadership, Strategic Sustainability & Conflict Transformation Trainer & Consultant

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