Production change: dalla crisi per le aziende familiari arriva lo stimolo per rinnovarsi e rimanere competitive

Lo scenario economico di riferimento in cui le aziende operano è in continua evoluzione; negli ultimi anni però, l’evoluzione si è trasformata in un cambiamento veloce e radicale anche dettato dagli effetti della crisi finanziaria che ha colpito come non mai il sistema economico e sociale mondiale. Molte imprese hanno dovuto arrendersi al nuovo contesto altamente competitivo non riuscendo a far fronte alle sfide imposte dal mercato. Il problema non riguarda solo la capacità di ottenere vantaggi competitivi, ma soprattutto la capacità dell’imprenditore di saper individuare la giusta strategia e, laddove necessario, investire per far raggiungere nuovi equilibri, stabilità e favorire una crescita dell’azienda. In quest’ottica le aziende familiari che seguono logiche diverse da aziende ad azionariato diffuso, grazie alla rapidità decisionale che le contraddistingue, dovrebbero trovare una maggiore forza e capacità di reazione alla crisi. Purtroppo spesso ciò non accade. Le caratteristiche distintive di queste aziende familiari, fiore all’’occhiello del panorama economico italiano, sono:

  • presenza della famiglia in azienda;
  • tradizione e valori che si conservano nei cambi generazionali;
  • fidelizzazione dei collaboratori, dei fornitori e dei clienti;
  • chiara e veloce catena di comando;
  • dipendenti considerati componenti della proprietà (piuttosto che colleghi).

Tutti questi aspetti, ovviamente, a seconda di come vengono gestiti all’interno delle aziende familiari, possono tramutarsi in un punto di forza o di debolezza e incidere quindi sui risultati economico finanziari delle stesse.

Nei periodi di crisi economica, l’aspetto che influisce in modo determinante sulla crescita delle aziende è l’innovazione, che nelle aziende familiari è influenzata ancora una volta dalla storia dell’azienda e dalle capacità del suo leader. Molti associano al concetto di innovazione nuove tecnologie produttive o informatiche, noi intendiamo tutto ciò che possa associarsi ad un cambiamento finalizzato al miglioramento come, ad esempio, l’innovazione organizzativa. Ovviamente l’innovazione si basa su investimenti che, soprattutto nei periodi di congiuntura economica critica, necessitano di fonti di finanziamento che permettano all’azienda di continuare a svilupparsi per soddisfare le esigenze dei consumatori, per continuare il successo della Famiglia Imprenditoriale e per contribuire all’ economia del proprio Territorio e del proprio Paese.

Per rendere più dinamica e flessibile l’organizzazione dell’Impresa, è necessario conoscere ed applicare, in maniera altamente personalizzata, le teorie su cui si fondano i progetti di miglioramento, tra i quali anche quelli associati al concetto di “lean, che rappresenta una filosofia di gestione aziendale incentrata sul concetto di dare e fare “molto di più con molto di meno”: a livello puramente pratico questo si traduce nella possibilità di raggiungere risultati eccellenti, sfruttando la creatività delle risorse disponibili e pur avendo a disposizione una limitata capacità finanziaria.

In quest’ultimo decennio il termine “lean” è entrato finalmente a far parte anche del buon vocabolario dell’imprenditore Italiano; tuttavia, come spesso accade quando l’euforia generale prevarica l’effettiva conoscenza del metodo, dei potenziali vantaggi e degli eventuali limiti, la sua applicazione rischia di ridursi a semplici approcci o ad una mera dichiarazione d’intenti. Spesso si rischia di abusare degli acronimi perdendo di vista la sostanza nonché l’elemento indispensabile per il successo di ogni progetto di cambiamento: l’effettiva volontà di farlo da parte dell’Imprenditore.

Procediamo tuttavia con ordine e precisiamo innanzitutto che il “pensiero snello” non nasce con Womack e Jones ma almeno 50 anni prima in Giappone. All’origine del metodo ci sono, uomini come Taiichi Hono e Shigeo Shingo, ma soprattutto le migliaia di operai che lo hanno applicato e che devono essere considerati i veri fautori di quello che è stato poi denominato il Toyota Production System. Una sorta di vero e proprio principio organizzativo che, oltre a focalizzarsi sulla riduzione degli sprechi e sulla ricerca dell’efficienza, mira ad assottigliare le differenze tra i vari livelli gerarchici presenti in azienda, facendo diventare più snella la pianificazione dei processi decisionali e produttivi.

Per ottenere un simile risultato bisogna:

  • diminuire le differenze gerarchiche dell’attività, abbracciando una struttura meno verticistica per incoraggiare la cooperazione tra la direzione ed il comparto operativo (in questo modo le decisioni vengono prese più rapidamente e la risposta ai cambiamenti del mercato diventa tempestiva);
  • dare maggiori responsabilità ai gradi inferiori dell’impresa, sopprimendo le figure intermedie e ridistribuendo gli incarichi in modo strategico;
  • stimolare il lavoro di gruppo diffondendo la cultura del contributo reciproco per il raggiungimento di obiettivi condivisi.

I principali vantaggi della lean organization includono anche la possibilità di:

  • confrontarsi con i clienti di persona o tramite interviste, questionari e community online per comprendere i loro problemi, investendo in attività e pratiche volte a creare valore per il pubblico;
  • snellire i processi produttivi trovando-risolvendo gli errori tempestivamente prima che diventino difetti (perciò occorre controllare l’efficienza e testare il processo in modo costante per renderlo sempre più flessibile);
  • coinvolgere tutte le risorse disponibili incentivandole alla collaborazione per beneficiare della loro esperienza maturata sul campo (i suggerimenti e le intuizioni di queste persone diventano fondamentali per lo sviluppo del business).

La lean organization implica un approccio “top down” in grado di migliorare la qualità ed i costi rendendoli maggiormente competitivi, affinché sia possibile abbracciare una gestione aziendale realmente proiettata alla snellezza e flessibilità, è necessario adottare una visione organizzativa incentrata sul miglioramento continuo e disposta a far congiungere lo scopo, il processo e le persone.

Il sistema delle imprese italiane presenta aspetti per certi versi unici che ne impediscono l’assimilazione ad altre realtà:

  1. peso estremamente elevato delle piccole e medie imprese sul P.I.L. e sul numero di imprese, soprattutto nelle attività industriali;
  2. larga diffusione, tra le Pmi, di un modello di gestione familiare basato sull’azione diretta dell’imprenditore, affiancato da dirigenti solo in caso di dimensioni di un certo rilievo (coincidenza tra proprietà e controllo);
  3. Il modello industriale spesso è il frutto di un lungo e faticoso lavoro svolto quasi interamente dall’imprenditore che le ha create;
  4. La cultura del cambiamento e del miglioramento in azienda è a volte molto “sopita” da prassi di gestione diretta e di accentramento delle responsabilità da parte dell’imprenditore.

Fare la cosa giusta nel miglior modo possibile

In questa frase ritengo ragionevolmente riassunta la filosofia del miglioramento, intesa come guida per imprenditori e manager ad un ripensamento “integrale ed integrato” delle organizzazioni e dei propri processi, dei propri metodi e degli strumenti utilizzati. Questo approccio nasce dalla consapevolezza che l’azienda è un sistema complesso, in cui contano le tecniche ma soprattutto “le teste”.

La comprensione degli obiettivi e soprattutto il forte impegno e condivisione della Direzione sono le leve fondamentali di ogni progetto, in funzione anche delle profonde trasformazioni al sistema che tali interventi richiedono.

Per fare un esempio pratico che spesso caratterizza le imprese produttive, non si può pensare infatti ad introdurre il modello produttivo ottimale senza avere la possibilità di produrre piccoli lotti; non si possono produrre piccoli lotti in modo economicamente conveniente senza ridurre il lead time del processo; non si può ridurre il lead time del processo senza prima ridurre i tempi di set-up dei macchinari; soprattutto non si possono condurre azioni di tale impatto senza una energica azione di management su obiettivi e risorse umane, conciliando ed allineando aspetti strategici e operativi.

Ovviamente è bene tener presente che per definire ed implementare progetti in ambito produttivo o, più in generale, organizzativo in aziende familiari, è assolutamente indispensabile avere una profonda conoscenza dei meccanismi che regolano questo tipo di aziende e anche una conoscenza dell’azienda oggetto del miglioramento stesso.

Innovazione e fallimento sono il riflesso della stessa figura, due elementi che camminano appaiati, come l’uomo e la sua ombra.

Investire in un progetto sperimentale, infatti, è il primo passo verso un’innovazione di successo. Allo stesso tempo, puntare tutto su un’idea – anche se potenziale – non significa avere la certezza del trionfo: quando si osa, il fallimento è un’opzione concreta.

Proprio il timore di fallire e di portare per sempre la medaglia dell’insuccesso può inibire un imprenditore a prediligere lo status quo ed a sentirsi protetto e sicuro all’interno della propria “comfort zone”.

Un blocco che può seriamente contrastare la crescita della propria impresa: l’attitudine audace e propensa al rischio è una skill sempre richiesta ad un vero leader.

Se avete una grande idea, sviluppatela senza paura.

Per vincere, l’importante è non temere il fallimento!

A cura di: Filippo Postiglione

Profilo Autore

Nato a Bari il 1 aprile 1984, ingegnere gestionale, ha maturato un’esperienza più che decennale in aziende multinazionali e di primaria importanza nel settore Food & Beverage (tra cui Divella Spa, Nestlé Italiana Spa e Birra Peroni Srl), ricomprendo ruoli di responsabilità in diverse funzioni aziendali, con particolare focus sui processi logistico produttivi e coordinamento di progetti di miglioramento continuo..
Collabora attivamente con il Politecnico di Bari nel tutoraggio in percorsi di tirocinio per i laureandi in ingegneria anche finalizzati alla realizzazione di tesi di laurea.
Attualmente è impegnato come consulente esperto di Supply Chain Management e  miglioramento continuo dei processi, collaborando con la società di consulenza Direzionale Chance Group S.r.l. (www.chancegroup.it)  che opera nell’ambito del cambiamento e dello sviluppo delle Imprese, prevalentemente familiari

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