Quando si parla di leadership, non è possibile togliere dall’equazione l’aspetto del potere. Sebbene la sola parola “potere” evochi in molti degli inquietanti scenari, essendo spesso associata alla protervia ed alla prevaricazione, non è proprio pensabile concepire un leader senza potere. Questo, infatti, riguarda la facoltà di agire e di portare a compimento un’azione: e se un leader non si fa carico di questa prerogativa, molto semplicemente, non può essere un leader.
Ci sarebbe molto da dire sul fatto che il potere di un leader non si esprime unicamente a livello operativo, legato cioè – come s’intende comunemente – al mero raggiungimento di un obiettivo, ma su più livelli; tuttavia, questo ci porterebbe molto lontano ed è una questione che va trattata a parte.
Detto ciò, però, non si può non affrontare il tema del potere e su come viene esercitato da un leader, o sedicente tale, all’interno di un’azienda, in questo caso.
Se è chiaro cosa sia il potere, che mira a realizzare qualcosa di desiderabile, può essere più insidioso stabilire cosa non lo sia. Se si prova a definire il contrario di potere, cioè l’impotenza, viene immediato dire che si tratta dell’incapacità di agire e/o di portare a compimento un’azione e si tratterebbe di una definizione piuttosto precisa. Tuttavia, esiste una forma di pseudo-potere che, diversamente dal potere vero e proprio, ha come obiettivo primario quello di evitare che si verifichino situazioni o eventi indesiderabili. Questa forma di potere si chiama resistenza e, sebbene possa spesso assumere le sembianze di un potere reale, in effetti persegue un disegno opposto; e un leader non può assolutamente permettersi di confondere questi due concetti, cosa che invece accade abbastanza regolarmente.
Prendere decisioni e agire in funzione di ciò che si vuole rispetto a ciò che non si vuole non è proprio una quisquilia e fa la differenza tra ottenere ciò che si vuole e finire dovunque porti il vento. Purtroppo, come ho detto, confondere le due cose accade molto più spesso di quanto non si sia disposti ad ammettere perché, viste dall’esterno, la passione e la veemenza con cui si perseguono i rispettivi obiettivi si assomigliano molto; ma internamente, è tutta un’altra storia.
Una persona che resiste tende ad essere più ansiosa, più confusa e più frustrata di chi, invece, persegue quello che vuole, poiché la prima ha molto più da perdere della seconda. Non solo. La cosa peggiore è che chi usa la resistenza come strategia preminente per raggiungere i suoi obiettivi si pone automaticamente in uno stato mentale vittimistico e, nei casi più estremi, perfino al limite della paranoia. Per questo è necessario riconoscere il potere dalla resistenza e questo articolo affronta la questione su due fronti.
Il primo fronte riguarda ciò a cui si resiste principalmente. Da tenere presente che la resistenza è una risposta istintiva a determinate situazioni e, pertanto, si caratterizza per il fatto che si manifesta dopo l’insorgere di eventi che vengono considerati indesiderabili. Vediamone alcuni tra i più importanti.
Ora che abbiamo visto a cosa si resiste maggiormente, passiamo velocemente in rassegna i vari modi in cui un leader che costruisce il suo potere sulla resistenza cerca di ottenere il controllo di cui ha bisogno per avere ciò che vuole.
Il problema con la resistenza è che non si ha mai un vero controllo e senza non è possibile gestire una qualsiasi organizzazione. Passare dalla resistenza a una forma di potere reale che, come ho detto, consiste nell’ottenere ciò che si vuole anziché evitare ciò che non si vuole, non è solo una questione di atteggiamento o di tecnica, ma richiede un passaggio culturale tutt’altro che banale e che passa necessariamente da una maggiore conoscenza delle dinamiche che governano le interazioni tra individui e tra questi e i contesti in cui operano.
Lo scopo della cosiddetta Intelligenza Sistemica è proprio questo e, per quanto riguarda la questione del potere e relativa gestione, occorre cambiare la relazione che si ha con gli altri e le situazioni che fatalmente si presentano. Se la resistenza è caratterizzata da un sostanziale vittimismo, il potere reale si distingue per la sua capacità di creare le situazioni desiderate.
Questi sono gli aspetti su cui occorre lavorare per rafforzare l’efficacia della propria leadership.
Come vedi, si tratta di un salto quantico rispetto al leader che basa il proprio potere sulla resistenza, come purtroppo avviene nella stragrande maggioranza dei casi. Dalle brevi descrizioni fornite qui sopra, può sembrare che si stia parlando più di un eroe o di un semidio che di un normale essere umano… ma è esattamente questo il punto.
La vera natura dell’essere umano è quella del Creatore – non della Vittima – e, se quello descritto sembra un modello inarrivabile, è solo perché non ci è stato insegnato a pensare da creatori: si tratta, alla fine, soltanto di un “banale” switch mentale.
Se vuoi saperne di più su questo argomento o su altri temi che riguardano le dinamiche dei sistemi, puoi consultare i seguenti libri:
I 5 principi del successo aziendale – A. Carli, ed. Franco Angeli – 2003
E la borsa e la vita! – A. Carli, ed. Franco Angeli – 2008
La Quinta Disciplina – Peter M. Senge, ed. Sperling & Kupfer – 2006
La leadership centrata sui principi – Stephen R. Covey, ed. Franco Angeli – 2009
Leadership e visione creativa – Robert Dilts, ed. Guerini Next – 2016
oppure puoi consultare il mio sito che è ricco di risorse che vertono su questo tema: www.alessandrocarli.it
Articolo a cura di Alessandro Carli
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