A causa della trasformazione del lavoro, le attività di relazione e/o centrate su dati e informazioni (“knowledge work”) sono diventate predominanti per la percentuale di dipendenti coinvolti e, soprattutto, per l’incidenza del loro costo sul totale del costo del lavoro.
Grazie alla digitalizzazione di dati e informazioni e alla standardizzazione delle tecnologie della rete, stanno cambiando i modelli organizzativi (“smart working” e ”agile working”) e il modo stesso di intendere il posto di lavoro: da luogo fisico dove sono presenti i fattori di produzione e dove è richiesta la presenza di chi partecipa ai processi, a “luogo virtuale” accessibile da qualsiasi connessione di rete.
Il posto di lavoro digitale (“digital workplace”) non è quindi costituito semplicemente da uno strumento tecnico (PC, tablet, smartphone,…), ma dall’insieme delle tecnologie che permette di accedere, dalla rete, a tutti i fattori di produzione digitali(zzati): dalla “materia prima” (dati, informazioni, manuali, procedure,…), agli strumenti (programmi e applicazioni), alle relazioni (colleghi, clienti, fornitori, partner).
Il “knowledge work” trova nei dati, le informazioni, le conoscenze e le relazioni interpersonali i semilavorati da utilizzare nei processi lavorativi, mentre le applicazioni e i programmi di elaborazione e comunicazione, l’esperienza e le competenze individuali sono gli strumenti che permettono al personale di trasformare questi semilavorati in servizi, decisioni, nuove informazioni o conoscenze.
Il posto di lavoro digitale dovrà quindi essere funzionale al reperimento e alla gestione dei “semilavorati intangibili” necessari all’utente, alla loro elaborazione/trasformazione da parte del singolo o di un gruppo di lavoro e, infine, al trasferimento, archiviazione o condivisione di quanto prodotto/elaborato per successivi utilizzi.
Al momento dell’accesso, indifferentemente dall’interno o dall’esterno della rete aziendale, l’utente dev’essere riconosciuto come utente aziendale esattamente come se operasse da un posto di lavoro fisso interno all’azienda e quindi accedere a tutti e soli i contenuti e funzionalità legati al suo ruolo (profilazione) e necessari allo svolgimento delle proprie attività. Questo significa che i meccanismi aziendali di autenticazione e sicurezza dei sistemi di accesso ai dati, elaborazione, comunicazione e collaborazione dovranno essere integrati e compatibili con le tecnologie della rete.
Per questo stesso motivo è altamente sconsigliato utilizzare piattaforme pubbliche di tipo consumer.
Analogamente le funzionalità di ricerca, visualizzazione e trasferimento di dati e informazioni è necessario che usino (nei due versi: download e upload) tecnologie e formati di Internet. Questo consente, eventualmente, di accedere alle informazioni non solo dall’esterno ma anche utilizzando apparati “generici” che non siano stati configurati ad hoc, ma che dispongano semplicemente di un browser.
Le intranet (intese come piattaforme ICT aziendali ma basate su tecnologie Internet) diventano così un fattore abilitante strategico, fondamentale per i processi operativi, ben oltre l’accezione generale di siti web funzionali alla comunicazione interna.
Lo stesso discorso vale per programmi e applicazioni aziendali, il cui accesso avverrà tramite interfacce web senza richiedere l’installazione e la configurazione di applicazioni ad hoc sugli apparati in dotazione al personale.
Una valida alternativa all’accesso web è costituita dalla realizzazione delle cosiddette “app” sul modello utilizzato sugli smartphone: piccoli moduli software, basati sulle tecnologie di rete, dedicati a singole funzioni, gestibili direttamente dagli utenti finali (sempre previa autorizzazione e profilazione).
Il nostro utente, capitalizzando sulla sua esperienza di consumatore (“consumerization”), disporrà quindi di un apparato che:
e potrà fare, disponendo di una connessione di rete, tutto quello che fa (i.e. è autorizzato a fare) dal suo PC dell’ufficio, con supporto tecnico minimo e con lo stesso livello di complessità con cui usa i suoi apparati personali.
Le attività “desk” sono però solo una minima parte dell’attività lavorativa che in gran parte è costituita da attività relazionali e di comunicazione.
Il digital workplace deve perciò disporre di funzionalità (i.e. applicazioni) in grado di:
Se poi queste funzionalità sono aperte a più utenti contemporanei e magari anche a utenti (autorizzati e gestiti) esterni all’azienda, sarà possibile effettuare delle vere e proprie riunioni online per avere il contributo di colleghi, clienti, fornitori e partner; anche in questo caso sul modello di note applicazioni consumer…
Un problema ben noto nel lavoro di ufficio è la necessità del contributo (e quindi della compresenza) di più persone nella produzione di uno stesso elaborato. Per questo è uso comune segmentare i processi in attività indipendenti e sequenziali da assegnare ai singoli operatori (workflow) ricorrendo solo se necessario a riunioni e sedute di lavoro comune.
Un modo per superare questo modello nel lavoro d’ufficio (ed evitare il conseguente proliferare inevitabile di e-mail) è dotarsi di strumenti di collaborazione asincrona (social enterprise) che consentono ad un gruppo (di lavoro, di progetto, funzionale,…) di partecipare alla realizzazione di un unico elaborato (documento, contratto, progetto,…) accedendo ad uno spazio di lavoro online centrato sull’elaborato da produrre e al cui interno è possibile:
In sintesi, il posto di lavoro digitale consente di svolgere da una connessione di rete praticamente tutte le attività d’ufficio, ma (e c’è un “ma”!) pensare che il rapporto personale diretto con colleghi e responsabili non sia più necessario sarebbe un errore. E’ assolutamente necessario prevedere momenti di questo tipo in cui svolgere soprattutto le attività ritenute di maggior valore aggiunto dal personale: pianificazione, review dei risultati, valutazione di opportunità etc…
A cura di: Alvaro Busetti
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