Per rilanciare la PA occorre un cambio di passo

Ci sono due scelte fondamentali nella vita: accettare le cose come sono o accettare la responsabilità di cambiarle.
(Denis Waitley)

Le risorse disponibili per ammodernare i pubblici uffici

Con la misura Competenze e capacità amministrativa il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (PNRR) ha previsto di destinare   alla formazione individuale dei dipendenti pubblici una spesa complessiva di poco meno di 490 milioni di euro[1]. Per il conseguimento dell’importante obiettivo che l’Unione Europea chiede al nostro Paese l’investimento è stato opportunamente articolato in due sottosistemi:

  • Investimenti in istruzione e formazione;
  • Sviluppo delle capacità nella pianificazione, organizzazione e formazione strategica della forza lavoro.

Rientrano nel primo intervento azioni mirate sia a sostenere l’offerta di opportunità formative, digitali e non, per tutta la PA sia a finanziare la domanda individuale attraverso la logica di voucher formativi senza trascurare, tuttavia, la domanda di formazione proveniente dai singoli enti.

La spesa complessiva, pari a 139 milioni di euro, risulta distribuita nel seguente modo:

  • 125 milioni di euro per voucher formativi, con un valore medio di 500 euro ciascuno, assegnati ad almeno 250.000 dipendenti pubblici, in coerenza con le sfide del ruolo e gli obiettivi individuali ed organizzativi;
  • 10 milioni di euro per Massive Online Open Courses (MOOC) sulle nuove competenze (almeno 100);
  • 4 milioni di euro per costituire 20 Comunità di Pratica, ciascuna pensata per ampi gruppi di 100-150 dirigenti provenienti da Amministrazioni diverse, ma appartenenti alla stessa filiera di policy, per accompagnare il PNRR, attraverso lo sviluppo di quadri interpretativi e schemi di intervento comuni, con la condivisione di casi di successo e scambi di esperienze.

La seconda sottomisura, che vale 350,9 milioni di euro, invece, punta allo sviluppo delle capacità nella pianificazione, organizzazione e formazione strategica della forza lavoro; essa è finalizzata a sostenere – entro la prima metà del 2026 – la spesa necessaria a permettere l’atteso cambiamento organizzativo degli enti locali.

Gli strumenti messi in campo per fare crescere competitività e cultura nella PA

Con il fine di rafforzare il “capitale umano” della PA impiegando le risorse del PNRR il Dipartimento della Funzione pubblica, quindi, ha messo a punto e condiviso con le parti sociali un “Piano strategico per la formazione e la valorizzazione dei dipendenti pubblici”, che si sostanzia nel progetto “Ri-formare la PA. Persone qualificate per qualificare il Paese” già ampiamente esposto su questa Rivista[2].

Fa parte integrante del Piano l’alfabetizzazione informatica dei dipendenti pubblici attraverso i pacchetti formativi che implementano “Syllabus per le competenze digitali”[3]; l’Europa, infatti, chiede all’Italia di fare in modo che per l’anno 2026 almeno 750.000 lavoratori pubblici siano stati coinvolti in corsi di formazione e che 525.000 dipendenti abbiano completato la formazione ricevendo le certificazioni che lo attestano.

Per dare supporto all’azione tesa a fare crescere il livello della cultura dei dipendenti dei pubblici uffici, inoltre, da un lato, sono state potenziate e rilanciate il Formez PA e la Scuola Nazionale dell’amministrazione (SNA), dall’altro, sono stati siglati oltre 50 accordi con Atenei di diverse regioni italiane per dare gambe al progetto “PA 110 e lode”, fortemente voluto dal già Ministro Renato Brunetta per fare crescere  il numero delle persone al lavoro nella PA in possesso di una Laurea[4] mentre ad oggi resta risicato il numero  dei MOOC (appena 3 sui 100 programmati).

Agli strumenti predisposti per le Amministrazioni pubbliche le stesse potranno accedere pienamente a condizione che entro l’anno 2023 siano in grado di produrre – finalmente – il proprio vituperato Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO) che deve assorbire in un unico documento molti dei piani sinora previsti, dalla performance alla parità di genere, fino all’organizzazione dei dipendenti nei vari uffici.

Cambiare la prospettiva dell’intervento

Ferme le perplessità circa la possibilità che i PIAO non costituiscano ostacolo all’ammodernamento della PA con l’utilizzo dei fondi rivenienti dal PNRR, espresse in un precedente intervento[5], non può tacersi qui ed ora che la progettualità sino ad oggi posta in essere dalla Funzione pubblica appare viziata da un centralismo che si mostra essenzialmente votato ad erogare formazione in termini generici omettendo di tenere nella debita considerazione che la partita del cambiamento della PA italiana si gioca all’interno delle singole Amministrazioni, chiamate a realizzare quelle attività capaci di rendere concrete la “Ripresa e Resilienza” del Paese, a partire dalla costruzione delle strategie specificatamente necessarie per la valorizzazione (e la ricerca) di capitale umano qualificato occorrente a ciascuna.

Al centro (alla Funzione pubblica), invece, almeno in prima battuta, compete – e sembrerebbe non sufficientemente assolta – l’incombenza di decidere cosa sia necessario debbano fare i dipendenti pubblici affinché sia raggiunta con successo (e soddisfazione della UE) la meta dello efficientamento dei pubblici uffici; solo in una fase successiva, con cognizione di causa, conseguente anche alle conclusioni delle attività delle previste Comunità di Pratica, i singoli enti, verificate le competenze presenti e i fabbisogni di personale, dovranno progettare gli interventi mirati a riorientare e ad elevare le competenze già presenti e, conseguentemente, accedere alle opportunità messe a disposizione  in sede centrale.

Lungi dal volere affrontare in questo contesto il tema degli strumenti più funzionali alla leadership per progettare cambiamento e formazione[6], non ci si può astenere però dal considerare la strategicità del reclutamento, che, in vero, ad oggi, sta rappresentando in qualche modo “il tallone di Achille” del Piano per “Ri-formare la PA”; ciò vieppiù se si consideri che al momento i dipendenti pubblici, che rappresentano il 14,5% del totale degli occupati in Italia, sommano complessivamente appena a 3,2 milioni (a fronte di oltre 3 milioni di pensionati), ben lontani dai 5,7 milioni della Francia o dai 5 milioni della Germania e ancora dai 5,3 milioni del Regno Unito.

A fronte della carenza di persone al lavoro, poi, va registrato il ritardo nel completamento delle fasi concorsuali giacché delle 55 più significative procedure indette tra il 2019 e il 2021, per un totale di 103 mila posti da ricoprire presso Amministrazioni appartenenti a comparti diversi, solo 30 risultavano concluse alla data del 31 dicembre 2021, per complessivi circa 14,5 mila posti.

Né si può tacere sul fatto che, come segnalato nella “Ricerca di FPA sul lavoro pubblico” 2022, l’età media dei lavoratori in servizio – dopo il pensionamento anche con “quota 100” – è di 50 anni; dal che discende l’urgenza di un abbassamento di quel tetto con l’assunzione, nei prossimi 3 anni, di almeno 1,3 milioni di persone con età media di ingresso di 28 anni, reclutate attraverso una programmazione che, superato il limite della precarietà (come sta accadendo con le assunzioni a tempo determinato dei professionisti reperiti per le fasi di realizzazione del PNRR), apportino quelle competenze nuove  di cui si sente da tempo il bisogno per la concreta riforma della macchina pubblica e l’efficientamento del Paese e con la tranquillità di una stabilità del posto di lavoro ne sappiano orientare il successo in Europa e nel mondo.

Senza il coraggio di un cambiamento di rotta, che porti anche nuove modalità di approccio per “Ri-formare” dal basso la PA si potrebbe correre il rischio di spendere male le risorse finanziarie a disposizione e di allontanarsi dal traguardo.

Affatto trascurabile appare il monito di Warren Gamaliel Bennis: “Se continui a fare quello che hai sempre fatto, continuerai ad ottenere ciò che hai sempre avuto!”

Note

[1] La somma è così ripartita: 85 milioni nell’anno 2022; 110 milioni per le due annualità del 2023 e del 2024; 100 milioni da spendere nel 2025 e 85 nel 2026.

[2] Si veda, Di Sabato Tommaso, “Il progetto “RI-FORMARE LA PA”: occasione da non perdere”, Leadership & Management, 23 febbraio 2022.

[3] I pacchetti informativi, offerti a titolo gratuito alle amministrazioni che ne facciano richiesta, sono stati predisposti da 50 aziende competenti in materia tra cui top player come Cisco, Microsoft, Oracle, Leonardo e Fastweb.

[4] Dall’ultima “Ricerca di FPA sul lavoro pubblico”, presentata in apertura di FORUM PA 2022, si ricava che negli ultimi 10 anni il numero di laureati nella PA è cresciuto del +23,1%. Nel 2020 sono quasi 1,4 milioni, vale a dire il 42,6% del totale dei dipendenti pubblici. Tuttavia si deve prendere atto che solo il 5,6% dei dipendenti possiede lauree in materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) rimanendo saldamente al comando della classifica dei titoli universitari le lauree di tipo economico-giuridico (ben il 13% degli occupati).

[5] Si veda, Di Sabato Tommaso, “PNRR e Pubblica amministrazione: PIAO e intralci al processo di riforma”, Leadership & Management, 2 maggio 2022).

[6] Si faccia riferimento a De Giosa V., Di Sabato T., Le organizzazioni di successo. Dall’analisi del clima organizzativo alle strategie di leadership, Youcanprint, Lecce, 2020.

Articolo a cura di Tommaso Di Sabato

Profilo Autore

Docente presso la Scuola di Alta Formazione della UNINT- Roma e Collaboratore del Consorzio Interuniversitario sulla Formazione – Torino.
Già Direttore vicario della Ripartizione Risorse Umane di UNISALENTO e Professore a contratto dei Corsi di Laurea in Scienza dell'Amministrazione - Facoltà di Giurisprudenza di UniTELMA – Roma.

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