La pandemia è arrivata inaspettata e ha cambiato radicalmente le nostre vite, come individui e come lavoratori. O forse no, forse non è stata così inaspettata. Negli ultimi 15 anni molti studiosi, filosofi e imprenditori hanno infatti iniziato a studiare quanto il periodo di sviluppo economico grandioso a cui abbiamo assistito nella seconda metà del secolo scorso non potesse essere sostenuto a lungo dagli individui e dal pianeta. Una nota stonata ha fatto sorgere in una compagine di pensatori il dubbio che la continua ricerca di una specializzazione, di un miglioramento, a discapito della visione globale e sistemica, stava apportando un disequilibrio che avrebbe avuto danni irreparabili. Quello che stiamo vivendo è forse uno dei più grandi passaggi evolutivi di almeno tre generazioni, ma è anche una grande opportunità per creare una nuova e più sostenibile prosperità.
Per comprendere meglio l’impatto di questa opportunità possiamo aiutarci con un parallelismo con la salute. Citando il Dott. Dario Ayala: “La salute degli esseri viventi è fondamentalmente l’espressione di uno stato di equilibrio, ogni sintomo di qualunque malattia riconduce ad una mancanza di questo equilibrio offrendoci così la possibilità che si manifesta una malattia, di comprendere la via della guarigione”. Nella medicina, la continua specializzazione ha permesso da un lato di comprendere sempre più in profondità i tessuti e gli organi, dall’altro ha perso di vista il sistema globale dell’individuo, attribuendo un farmaco per ogni sintomo, ma dimenticando di considerare la causa come disequilibrio di un sistema in cui è inserito l’uomo e, di conseguenza, la guarigione come un ritorno all’equilibrio originario.
Poiché le imprese sono fatte di persone, questo equilibrio è fondamentale all’interno di ogni organizzazione che, a loro volta, fanno parte di un sistema molto più grande e complesso che è il modello economico globale che ha portato negli ultimi anni all’inquinamento, alle carestie, a malattie croniche, all’abuso di farmaci, all’assunzione continua di cibi spazzatura, alla mancanza di tempo per gli affetti. È come se un continuo incremento di quello che per anni è stato chiamato benessere avesse causato un disequilibrio talmente forte da culminare con una pandemia. L’unica soluzione che abbiamo noi – come individui e come leader di imprese – è fare in modo di riportare quell’equilibrio che possa far ritornare le persone, le aziende e il mondo a una rinnovata prosperità.
Alcuni menti lungimiranti, alcuni capitani di impresa, hanno già iniziato a portare avanti questo cambiamento, hanno visto con chiarezza un futuro guidato da nuovi modi di produrre. Questo nuovo paradigma economico, che ormai è chiaramente diventato una necessità, può essere portato alla luce grazie a diversi strumenti. Uno che si è rilevato essere molto efficiente è il modello di business finalizzato a far emergere nuove aree di rigenerazione delle imprese: il Business Model Canvas Rigenerativo.
Rigenerare significa non solo diminuire l’impatto sulla natura e sull’ambiente che ci circonda, ma fare in modo di ritrovare e ristabilire l’equilibrio con tutto il nostro ecosistema e con il pianeta, per un benessere di tutti gli uomini. In quest’ottica il consumo non è più sinonimo di distruzione, ma di rinnovata fiducia. È un cambiamento forte e già in atto: solo le aziende che sanno coglierlo potranno prosperare.
Un modello di business innovativo e sostenibile è in grado di rigenerare partendo dalle persone, vero fulcro del sistema economico.
Il modello di Business o Business Model Canvas è uno strumento usato in tutte le organizzazioni per capire come catturare, distribuire e generare valore. Qui riporto il Business Model Canvas in chiave marketing creato in Gowisi. In questo modello sono inserite 9 caselle che, compilate con la guida di un facilitatore esterno che pone le giuste domande e attiva soluzioni innovative, permette di disegnare il contesto aziendale.
A titolo esplicativo mi focalizzerò qui solo su un paio di cartelle, dando maggiore enfasi ad alcune applicazioni pratiche.
Si inizia dai segmenti di clientela: ovvero tutte le persone che vogliono il nostro prodotto, o, meglio, tutte le persone che ci proponiamo di servire per cui creeremo o adatteremo i nostri prodotti. Quando il modello di business è costruito per essere generativo, i segmenti di clientela potrebbero essere tutte le persone che vogliono un packaging completamente biodegradabile, se ragioniamo per un B2C, oppure tutte le aziende che prestano attenzione all’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili negli impianti produttivi.
La seconda casella è rappresentata dal valore offerto, che non è mai il prodotto. Il prodotto è solo il mezzo con cui si risolve un problema. In un’ottica di rigenerazione il valore deve essere diviso non solo tra gli azionisti, ma anche a tutto il sistema in cui l’azienda è inserita: i dipendenti, i clienti, i fornitori, i partner, le loro famiglie, la comunità, il territorio, l’aria, la terra etc.
È necessario quindi porsi alcune domande ogni volta che definiamo un nuovo progetto o pensiamo chi vogliamo essere come impresa tra uno, tre o cinque anni.
Innanzitutto, occorre ripensare al modello di business a piccoli passi, è impensabile o quantomeno difficile, cambiare gli assetti aziendali in breve tempo, se non si è una start up. Il cambiamento da qualche parte deve iniziare; ecco allora alcuni driver.
Un’evoluzione di questo genere può spaventare, anche se è ormai evidente che un modello di innovazione sostenibile non è più solo un discorso di ambientalismo, ma una necessità economica primaria.
Per concludere voglio portarvi alcuni casi di aziende che hanno già intrapreso questo cammino: Illycaffè, Aboca, Antica Erboristeria, Danone, Mondora.
Operare in ottica di rigenerazione permette di dare forza alla definizione del Purpose Brand conseguendo benefici economici, finanziari e ambientali rilevanti.
Articolo a cura di Elena Tavelli
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