Sono ormai diversi anni che sentiamo discutere come l’impiego nelle aziende delle donne spesso sia svantaggiato rispetto al numero di uomini assunti, e/o comunque, con retribuzioni inferiori del 20/30% rispetto alla medesima mansione svolta da un uomo. Le cose però lentamente stanno cambiando in positivo, e, in base anche alle mie esperienze professionali, ritengo ci sia ancora molto da “lavorare” in questo ambito, sia nelle scelte del ruolo in cui si può ottenere maggiore efficienza da una donna, il modo in cui approcciare un suo inserimento nella propria organizzazione, e come gestire la parte incentivante al fine di ottenere una maggiore performance della risorsa.
Ci sono dei settori in cui storicamente sono impiegate più donne che uomini (tessile, fashion, grande distribuzione) ma ve ne sono degli altri in cui sino ad oggi la maggior parte sono uomini, come ad esempio i settori del: metalmeccanico, food, consulenza alle aziende ecc…
I ruoli in cui una donna può essere a volte più incisiva degli uomini sono:
Nelle Risorse Umane (HR): in questa posizione dovendo trattare quotidianamente con il personale dipendente, ognuno con il proprio carattere, la donna ha un modo differente di approcciarsi ai problemi, essendo molto più sensibile per certi aspetti dell’uomo, può trovare la maniera più opportuna per risolvere un problema con un dipendente. Noi uomini siamo generalmente più impulsivi, le donne invece, generalmente, sono più riflessive e agiscono di conseguenza. In questo ruolo possono essere delle buone “consigliere” del Management, individuando risorse e ruoli all’interno dell’azienda, proponendo dei turnover operativi atti a far crescere professionalmente le risorse impiegate, e proponendo ai vertici aziendali corsi di formazione atti a specializzare certi profili impiegati in azienda.
L’ambito commerciale è senza dubbio un ruolo in cui una donna può realizzarsi pienamente, se caratterialmente ha facilitazioni a rapporti interpersonali con i clienti, non gli pesa viaggiare, e può sicuramente con la sua sensibilità, percepire meglio quali siano i reali bisogni che emergono dal mercato e trasferirli all’azienda, che valuta poi come migliorare la propria strategia di business.
Nell’area acquisti se si trova la persona giusta, si è certi di ottenere le migliori condizioni economiche e finanziarie con i propri fornitori poiché sanno dosare molto bene “il bastone e la carota” con gli stessi. Personalmente posso affermare che le negoziazioni più complesse le ho avute con delle donne!
In ambito amministrativo e finanziario si possono trovare delle buone analiste, con idee interessanti su come affrontare certe problematiche di cash/flow aziendale o su come richiedere finanziamenti e tenere dei buoni rapporti con le Banche.
Nei Team di Lavoro sono spesso delle ottime Responsabili/Leader di progetto: sanno conciliare le diverse idee che vengono proposte dai vari componenti e trarre un’unica mission con un obiettivo finale condiviso tra tutti, rispettando le deadline assegnate dall’azienda.
Nella fase di un colloquio, se ci si trova davanti ad una donna, bisogna capire innanzitutto quali sono i suoi obiettivi di vita, e come gli stessi si possono conciliare con la vita lavorativa e il ruolo che dovrà rivestire in azienda. Molto spesso è impossibile che emerga in un C.V., a meno che non venga espresso esplicitamente nella lettera di presentazione. Questa fase del colloquio è estremamente importante sia per la candidata che per l’azienda, un errore di valutazione da una delle due parti può compromettere il buon esito di tale scelta.
Più l’azienda sarà flessibile nell’approccio iniziale e nelle possibilità che verranno date alla candidata, e più sarà possibile “portare a bordo dell’azienda” figure di un certo “standing”.
Si sente ancora spesso in televisione di donne che vengono licenziate dopo aver terminato la maternità, oppure cambiate di ruolo a livelli inferiori a quelli d’assunzione.
Tale decisione a mio parere oltre essere oltraggiosa nei confronti della dipendente, fa perdere un’opportunità per l’azienda di ottenere una produttività maggiore, dovuta al fatto che diverse donne dopo aver fatto un figlio, sono psichicamente appagate e soddisfatte di se stesse per questo lieto evento, e possono mettere maggiore energia, e quindi produttività, in quello che fanno. Avere invece un approccio da parte dell’azienda negativo, oltre a ledere psichicamente la dipendente in questione, non porta sicuramente valore aggiunto all’azienda, e in questo caso certamente rappresenterebbe un puro costo per l’azienda.
Sia per l’uomo che per la donna, la vita in azienda deve essere una complementarietà della propria vita, e per questo motivo l’azienda dovrebbe creare le condizioni per far sì che i propri dipendenti si sentano a proprio agio, capiti, e quindi coinvolti nelle attività a loro assegnate; solo in questo modo si aumenta la capacità produttiva di ogni singola risorsa impiegata in azienda.
Anche nell’ambito della formulazione degli MBO (piano incentivante) c’è molto da fare a mio parere: troppo spesso sono dei format pre-definiti per ruolo ricoperto in azienda, mentre ritengo che più si riescono a personalizzare in base ai bisogni del dipendente, e più si ottengono maggiori performance della risorsa.
Ad esempio per quanto concerne le giovani donne, a chi fosse interessata, si potrebbe studiare un piano incentivante in cui proporre dei “buoni nido” in cui l’azienda concorre economicamente alla retta dell’asilo nido che la dipendente dovrà sostenere sino all’età dell’asilo; mentre per le donne in età matura, valutare altri tipi di incentivazioni che vadano incontro ai propri bisogni contingenti o dei propri figli in età universitaria o per contribuire a stage di studio all’estero. In questo caso l’azienda contribuirebbe anche a livello economico a incrementare il livello di istruzione dei nostri giovani, spesso carenti sotto questo aspetto anche perché far studiare a certi livelli costa.
In azienda l’inserimento di nuove risorse femminili, soprattutto se in realtà in cui la figura maschile predomina per il 70/80% vanno fatte gradualmente, per evitare tensioni interne; tali scelte vanno condivise e devono servire di stimolo per lavorare meglio e con maggiore produttività.
Nei Board aziendali può essere utile l’inserimento di “alte” figure professionali femminili, per avere dei validi contributi su certe decisioni strategiche da prendere con prospettive di lunga visione. In questo ambito, nelle grosse società anche quotate in borsa, si iniziano a vedere l’inserimento di nuove figure femminili che hanno incarichi di rilievo.
Sicuramente ci vorrà ancora del tempo affinché nelle aziende ci si avvicini ad avere un equilibrio di sesso al 50% dei dipendenti, certamente, tali mutamenti potranno avvenire man mano dalle aziende, se innanzitutto si cambia la propria cultura interna che comunque viene influenzata dalla società esterna. Gli esempi però contano molto a far cambiare il proprio pensiero e approccio alla questione: sull’argomento sono ottimista!
A cura di: Pierluigi Zappaterra
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