L’organizzazione snella, nata in Giappone in Toyota tra gli anni ’60 e ’70, portata alla ribalta nel mondo occidentale per lo più col celebre libro dell’MIT “La macchina che ha cambiato il mondo” (1990), diffusasi ovunque a seguito dei processi di delocalizzazione prima (è organizzazione moderna, l’organizzazione delle realtà non delocalizzate, organizzazioni efficaci ed efficienti) e a seguito della crisi dell’ultimo decennio (la Lean interpretata come contenimento costi e riduzione/eliminazione degli sprechi)… è tornata prepotentemente d’attualità con la pandemia.
La Lean è la migliore risposta delle organizzazioni ai vincoli e alle necessità imposti dal COVID: dalla progettazione dei layout e dei distanziamenti alla definizione di accessi e flussi, dal dimensionamento e calcolo delle cadenze produttive/erogative dei servizi al maggior ordine e visualizzazione degli ambienti.
Per fare esempi eclatanti: le frecce sul pavimento esistono da sempre in Ikea, o al McDrive si sono ispirati i centri vaccinali “drive-in”.
Le organizzazioni Lean sono trasformazioni, e sicuramente il Covid ha trasformato/cambiato radicalmente – lo sarà quantomeno per anni – il nostro modo di vivere. I livelli d’intervento della Lean (nell’industria, negli uffici, nei servizi privati e pubblici, nelle PPAA) sono fondamentalmente quattro:
Le tecniche Lean diventano quindi strumenti per adeguare le organizzazioni in chiave anti-Covid (prevenzione), ma valgono anche per le situazioni emergenziali e in generale per la gestione sanitaria: dagli accessi ai pronti soccorso al piano vaccinale.
Perché non è stata studiato un modello tipo – ovvero il migliore progettabile “best way” – di “hub vaccinale”, da clonare (eventualmente proporzionalizzato alle varie dimensioni) in tutti i centri vaccinali d’Italia: in fin dei conti questa è la ratio dietro un McDonalds o un negozio H&M. Al di là dell’encomiabile impegno e dedizione dei sanitari e dei volontari, perché non abbiamo mai sentito quanti addetti sono necessari, in che proporzioni tra gestori del centro e dei flussi, amministrativi per la parte identificazione/moduli, medici e infermieri per la preparazione dei kit e delle siringhe, più la parte checkup/iniezione/follow-up? E avete mai sentito quanti sono i possibili vaccinati all’ora di un siffatto staff, su quante linee di flusso? Nella Lean si chiama takt time (ogni quanti minuti o secondi un vaccinato esce dall’hub) mentre il throughput time è il tempo di attraversamento cioè quanto tempo ci mette un singolo cittadino tra l’arrivo al centro e la ripartenza.
La Lean sfrutta la migliore tecnologia informatica: Amazon non sono solo persone, ma è un (eco)sistema anche e soprattutto informatico, dove le parole “tracciamento” (dei pacchi) e “notifiche” (delle spedizioni/consegne) esistono da ben prima del Covid. Perché non è stato progettato un sistema nazionale e standard – anche informatico – di prenotazioni delle vaccinazioni, gestione degli stock vaccinali (livelli e consumi previsti in ogni punto di erogazione), rilascio dei certificati vaccinali? invece di lasciare ogni singola regione ad operare un po’ a modo suo, con ovvi, conseguenti, risultati i più vari…
Se il progetto organizzativo è di qualità, se ci chiediamo continuamente – KaiZen – se quella è la soluzione organizzativa migliore (se il “current state” è già “future state”), se sfruttiamo le più avanzate tecnologie, anche informatiche (pur nella semplicità – Uber insegna), la Lean è gestione tempo. Sono sistemi sincronizzati (Just-In-Time), a flusso, senza attese senza code (con prenotazioni, con l’organizzazione che si adatta “pull” alla domanda, aprendo uno sportello in più o ampliando l’orario di apertura); con gli avanzamenti che possono essere gestiti anche con sistemi “a tiraggio” (kanban elettronici o codiciQR). Di stretta attualità antiCovid, per cui il nostro modo di vivere organizzati non sarà più lo stesso.
Pensiamo anche alla riduzione degli spostamenti, che è tipica della Lean se lo spostamento non porta valore: è più efficiente un sistema dove i più stanno fermi nella propria postazione di lavoro e pochi si muovono (il milk run, il giro del lattaio, ovvero la consegna dei quotidiani a domicilio o il ragazzo che col carrello porta la posta sulle scrivanie dei vari uffici, in alcuni film americani).
E se proprio è necessaria la permanenza in ambienti chiusi diversi dalla propria cerchia, questa permanenza è ridotta al minimo, stante prenotazioni, indicazioni chiare e precise, e one-piece-flow (o principio “del Telepass”): tutto fluisce, attraverso “stazioni” – opportunamente dimensionate – in cui viene erogato il valore.
Il prerequisito della Lean – l’empowerment, cioè il “potenziamento” delle risorse umane, che si esplica in enlargement (allargamento dei compiti) ed enrichment (arricchimento delle responsabilità) – permette di avere operativi piccoli gruppi di lavoratori, autonomi in quanto al loro interno si replicano le funzioni aziendali (tecniche, logistiche, produttive, amministrative, commerciali, ecc.) per cui vi è la stessa operatività di prima con un numero minore di lavoratori che entrano in contatto fra loro.
“Postazione di lavoro” che deve essere ordinata e pulita, essenziale e classificata, visual e standardizzata, in modo che, a parità di lavoro, anche cambiando lavoratore, sia la migliore possibile. I tempi di preparazione delle attività (set-up) si riducono così al minimo, accorgimenti poka-yoke aiutano a prevenire gli errori.
Ho lasciato per ultimo, ma non a caso, il tele-lavoro (chissà perché smart working), che – ricordiamoci – coniuga non solo prevenzione/distanziamento ma può permettere una migliore gestione del proprio tempo personale, un contenimento dei trasferimenti (costi ma anche inquinamento), anche la possibilità per l’utenza di beneficiare di orari più ampi e flessibili per i servizi “tele-lavorabili”… Ritorniamo al livello 1. di “sito”, che non vuol dire solamente dove fare che cosa, ma anche con quale modalità e con quali nuove possibilità, e necessità che diventano opportunità. Riporto tre esempi:
Insomma, conoscendo ed applicando la Lean, possiamo ritrovare un rinnovato modo di essere comunque società e organizzazioni, nuove possibilità, utilità e servizi, pur nella e speriamo dopo la tragedia: avremo fatto un passo in avanti e piantato nuovi alberi.
Articolo a cura di Stefano Tonchia
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