Nell’era digitale e delle relazioni onnipresenti, la leadership comprende l’abilità di far convergere messaggi attraverso più canali per raggiungere un “end-state” o punto di arrivo prefissato.
Questo vale per la leadership tra umani ma anche per ogni forma di leadership attuale e futura, inclusa quella del dominio del pensiero e dei valori sulle macchine, o la cooperazione con unità dotate di Intelligenza Artificiale, una nuova sfida della comunicazione.
Domanda. Perché crede che dovremmo temere l’intelligenza artificiale? È inevitabile che gli esseri umani creino dei robot in grado di uccidere?
Risposta. I computer supereranno gli esseri umani grazie all’intelligenza artificiale nei prossimi cento anni. Quando ciò avverrà, dovremo essere certi che gli obiettivi dei computer coincidano con i nostri (Hawking 2016).
Questa riflessione, non poi così fantascientifica, ci porta a ragionare su un concetto di base che domina ogni forma di analisi della leadership e della comunicazione nei gruppi:
Principio 1 – L’“allineamento sugli obiettivi” come fonte di energie del gruppo
Le performance di un team leader dipendono dal sapersi porre le domande corrette e dal saperle porre ai collaboratori e colleghi.
Una buona comunicazione è uno dei fattori più critici per una Leadership che funzioni.
Tra i gruppi più importanti cui ispirarsi, vi sono le forze speciali e i team speciali. Questi comprendono persone e strutture che agiscono su compiti non convenzionali e in missioni ad alto grado di rischio operativo e personale, con sfide e pericoli concreti, per come operano e per quello che sono chiamati a perseguire.
In questi team, l’utilizzo di tecnologie di “realtà aumentata”, “sistemi esperti” e intelligenza artificiale è già una realtà.
Nel lavorare con questi team ho potuto constatare che un grande rischio strisciante nei gruppi e nella leadership è l’incomunicabilità, la difficoltà a trasferire messaggi chiari sul piano operativo per cui le risorse non riescono a interagire davvero bene e si creano colli di bottiglia o blocchi nella comunicazione.
La formazione “forte” opposta a una formazione debole e puramente amministrativa punta ad andare a caccia delle incomunicabilità, stanarle, forzarle a emergerle, per poi lavorarvi sopra.
Se servono esercizi difficili, poco importa.
Un pugile non disdegna sudare e sporcarsi, e lo stesso riguarda il manager che vuole davvero fare sul serio sulla propria formazione.
In questo caso, sarà il formatore a valutare la performance del manager, e non viceversa con le “pagelline di customer satisfaction di fine corso”, l’assurdità in cui gli studenti valutano i Maestri, la penosa e dolorosa realtà di una formazione mercificata e trattata come prodotto da banco.
L’allineamento sugli obiettivi riguarda la certezza che i leader, i team leader, i membri dei team e i supporti tecnologici e persino di intelligenza artificiale puntino tutti allo stesso “end-state” o punto di arrivo.
E se così non fosse, le persone che non ci credono, che non danno il contributo devono e possono essere cambiate.
Ne va, oramai, della sopravvivenza delle nostre aziende e della nostra stessa cultura umanistica.
Quando un gruppo funziona?
La leadership operativa si occupa di come fare funzionare questi gruppi nelle loro Comunicazioni Operative, quelle che essi attivano istante dopo istante, per coordinare attività, ruoli, compiti, scadenze, chi fa che cosa, quando, come, con chi, in che modo.
La libertà di azione è un valore sacro solo quando i membri dell’orchestra vogliono dare il massimo nel brano che si deve suonare, e non diventarne puri solisti autonomi che operano per se stessi e non sentono l’esistenza di un risultato complessivo.
Chi intende intonare un brano che non contribuisce, o persino distrugge la performance dell’intera orchestra, farà meglio a starne fuori.
Testo estratto dal libro Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team. Franco Angeli editore
A cura di: Daniele Trevisani
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