Negli ultimi anni, in aziende di ogni dimensione, si va affermando la tendenza a proporre in modo diretto i valori del brand attraverso la produzione di Brand Manifesto.
Un manifesto è, in generale, una dichiarazione pubblica, un avviso o un annuncio riguardante l’intento di un gruppo o di un’organizzazione, come nei classici esempi del Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engles, o del Manifesto del Futurismo di Marinetti. In questi documenti, gli autori aspiravano a una comunicazione dirompente che tagliasse i legami con il passato e mobilitasse all’azione le ‘comunità’ di coloro che si riconoscevano nella proposta politica o estetica espressa.
Similmente, in ambito aziendale, un Brand Manifesto è uno statement che chiarisce la filosofia e gli scopi in cui e per cui si muove l’organizzazione. Un buon manifesto chiarisce in particolare:
Sono ben noti gli esempi di Apple (Think Different, 1997), di Google (Le 10 verità di Google), di Holstee (This is your life, 2011), di Diesel (Don’t be stupid, 2010), che, articolati per iscritto o in forma audio-visiva, mettono al centro del messaggio la filosofia e/o l’impatto che il brand aspira a realizzare per coloro a cui si rivolge.
Tipicamente un manifesto si rivolge alla ‘tribù’ di possibili clienti costituita delle persone che si riconoscono nei valori e nello stile del brand – e in tal modo ne delinea i confini, provocando il destinatario a riconoscersi come parte o meno di quella tribù.
Sebbene i Manifesti siano pensati essenzialmente come strumento di comunicazione esterna, io credo che possano liberare un incredibile potenziale quando sono pensati per essere anche uno strumento per rafforzare la cultura organizzativa che sostiene il brand e lo rende credibile. In questo senso possono rivelarsi utilissimi per innescare cambi di paradigma necessari a ridefinire i confini e i caratteri della tribù interna, e, con essi, il senso di scopo, le convinzioni, e persino l’idea di successo a cui si ispira un’organizzazione.
Vivere internamente un Brand Manifesto, infatti, è molto diverso dal comunicare una vision o definire un modello di valori aziendali. Questi processi, generalmente top-down, non sempre evidenziano in modo intuitivo il legame tra se stessi e i singoli contributi individuali, soprattutto quando si tratta di ingaggiare addetti nei livelli più bassi della gerarchia aziendale. Portare alla vita un manifesto, al contrario, significa considerare in modo radicale domande come:
Boomers e X Generation si sono avvicinati al lavoro confidando in una promessa fondamentale: “impegnati oggi, e il tuo futuro sarà garantito domani”. Per le nuove generazioni, che trovano mercati e organizzazioni sempre più volatili e complessi, e per cui incertezza e cambiamento sono parte integrante dell’approccio al lavoro, questa promessa sembra aver perso molto della sua credibilità e del suo appeal.
Ancora di più quando la meta è incerta, infatti, ciò che conta è la qualità, l’esperienza, l’apprendimento che deriva dell’avventura per raggiungerla. E’ forse per questo che, oggi più che mai, le persone chiedono alle organizzazioni di dichiarare a voce più alta perché l’avventura che propongono valga davvero la pena di essere vissuta.
La creazione di un Manifesto può fornire l’occasione e lo spazio per attivare questa conversazione con una profondità e una permeabilità forse inedite – e può rivelarsi un processo creativo fondamentale per leader che aspirano ad integrare pienamente i valori del brand e la cultura organizzativa, ad attrarre e ritenere talenti in linea con questi e, in tal modo, a massimizzare l’engagement in modo autentico e sostenibile nel tempo.
A cura di: Andrea Cardillo, Managing Partner TPC Leadership Italia
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