L’idea della diversità di genere come “ricchezza” è diventato già dal 2008, a partire dalla campagna di sensibilizzazione dell’Unesco, una linea di policy per la leadership aziendale nelle grandi imprese multinazionali. A più di dieci anni di distanza, i Report degli organismi internazionali denunciano un arretramento sulla parità di genere.
Secondo il Global Gender Gap Report del WEF (2019), il nostro paese ha registrato addirittura una regressione su questo fronte. Dopo essersi posizionato relativamente avanti (70esimo posto in classifica, dall’82esimo del 2017), nel 2019 l’Italia è tornata a scendere al 76esimo su 153 Paesi. L’Italia è 44esima quanto a ruolo delle donne in politica, 30esima per la quota di donne in Parlamento, addirittura peggiora al 117esimo posto per opportunità e partecipazione economica (nel 2006 era 87esima) e 125esima per parità retributiva con gli uomini.
È solo di cinque punti l’indice di miglioramento della parità di genere dal 2005 ad oggi per i paesi europei. Eppure la strategia per la parità di genere è, certamente, nel cuore delle politiche europee 2020-2025. Non è mai stato così elevato il tasso di occupazione femminile ma, nonostante ciò, si riscontrano ancora consistenti difficoltà per quanto riguarda l’accesso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro.
L’obiettivo della transizione al digitale in Europa è correlato all’esigenza di una rapida trasformazione dell’economia e a un piano per l’istruzione che dovrà coinvolgere sempre di più le donne ai fini del miglioramento degli equilibri di genere rispetto alle professioni per le quali sussiste una predominanza maschile (European Commission, 2020). Altro tema importante è quello del divario retributivo – in cui è emerso l’impegno dell’EU a presentare misure vincolanti per la trasparenza retributiva entro il 2020 – e quello del sostegno all’imprenditoria femminile.
Ma veniamo al cuore del problema, il significato della leadership per le donne. Non si identifica con il potere di comando ma con il “potere che consente di cambiare e migliorare le cose”, sulla base di strategie d’azione praticabili e condivisibili. Come il testo del noto brano musicale di qualche anno fa scritto da Ivano Fossati ci avverte: “Il talento delle donne è così naturale, il talento delle donne [….] il coraggio certe volte è così naturale”.
La “naturalezza” dell’orientamento a una leadership di servizio è connaturata alle donne come approccio che ha le sue radici nei ruoli di cura e di sostegno del gruppo di riferimento affettivo o sociale. In altri termini una capacità di agency motivante che non si connota come “imperium” ma come “auctoritas”(autorevolezza). Essere “autore” vero qualcuno significa, se ricordiamo la radice del verbo latino “augeo”, accrescere la capacità dell’altro. Una sorta di leadership d’ombra, come direbbe Francesco Perillo.
Sono convinta quindi che imparare dai “maschi” le regole del gioco – come consigliano pragmaticamente taluni – non sia la mossa vincente per le donne: va bene per regole come “fare networking”, cercare di emergere con le proprie idee ma competizione e cooptazione (tipicamente maschili) costituiscono un approccio che oggi potrebbe essere non risultare il miglior veicolo di successo. In situazioni di complessità crescente, le persone hanno bisogno di essere guidate in contesti in cui emergano l’ascolto, il punto di vista plurale, in cui negoziazione e visione condivisa siano fonte di ampliamento di prospettiva (si vedano alcuni casi di buone pratiche di leadership fondate sulla diversity nell’area risorse umane – ad esempio, grandi aziende come Enel e Avio o medie come Loccioni e altre – contenute nel volume di Alessandrini e Mallen, 2020).
La parità tra donne e uomini è un valore fondamentale dell’Unione europea. Anche il documento voluto dalla Presidente Von Der Leyen sul tema specifico della parità e pubblicato il 6 marzo 2020 (COM 2020 152 final), sottolinea che “la promozione della parità tra uomo e donna spetta all’Unione in tutte le attività che le competono in virtù dei trattati”(European Commission, 2020).
La parità di genere – è indubbio – aumenta la produttività ed è correlata agli scenari del Green e del digitale. Secondo il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum (WEF), “nessuno di noi vedrà la parità di genere nella nostra vita, e se continuano così le cose, nessuno dei nostri figli lo farà: la parità non sarà raggiunta per 99,5 anni”. Secondo i dati dell’OECD (2020), le donne rappresentano solo il 16% dei membri dei consigli di amministrazione delle prime cinquecento multinazionali mondiali, con una quota di partecipazione di appena il 12% nel settore tecnologico.
Secondo una ricerca della Cerved e Fondazione Bellisario (2020), l’introduzione delle quote di genere, ha sì portato all’inserimento di un numero maggiore di donne nei diversi consigli, ma non ha promosso cambiamenti profondi nel sistema economico. Sebbene vi siano segni di miglioramento, continua insomma ad esistere il “soffitto di cristallo” anche all’interno delle gerarchie dei diversi board (OECD, 2020).
Nell’area “Salute e sopravvivenza” (i risultati sull’aspettativa di vita in buona salute considerando anche problematiche collegate a violenza, malattie, malnutrizione e altri fattori rilevanti) l’Italia si colloca al 118° posto, preceduta dalla Svezia – anch’esso un dato che genera sorpresa – e seguita dal Bangladesh.
Molta strada occorre fare nel paese per sensibilizzare la società civile su questi temi che sono tornati in prima pagina, anche con l’emergenza Covid-19.
Qual è dunque l’identikit della donna leader e in che modo si differenzia da quello dei colleghi uomini? Qual è il rapporto tra scelte di istruzione e formazione e sviluppo professionale? Esiste un modello di leadership al “femminile” con una sua connotazione specifica?
Su queste aree si è così basato un lavoro di ricerca condotto dall’Istituto Quadrifor (Istituto bilaterale, costituito in forma paritaria dall’associazione datoriale Confcommercio e dalle organizzazioni sindacali del settore commercio, distribuzione e servizi) nel periodo marzo-ottobre 2019. Le donne manager, come emerge dallo studio, prestano maggiore attenzione a fattori motivazionali di natura intrinseca, cercando – più dei loro colleghi – la rispondenza tra il ruolo svolto e le loro aspettative di senso affidato al lavoro. Sono particolarmente portate alla soluzione di problemi. Tendono “naturalmente” a dare meno rilevanza al potere legato al ruolo, quanto al “fare bene le cose”.
Persiste il gap retributivo, come gli stereotipi che portano le donne stesse a una sottorappresentazione nei percorsi di istruzione nelle discipline STEM e le difficoltà nella fruizione di supporti a un migliore bilanciamento tra tempi di vita e di lavoro.
A ciò va aggiunto un ulteriore divario, legato all’interazione con le nuove tecnologie digitali, il cosiddetto Digital Gender Gap. Per quanto attiene la presenza dei generi nelle funzioni aziendali, i dati Quadrifor (2019) evidenziano come le donne manager del terziario siano più rappresentate:
Ormai siamo di fronte a un percorso professionalizzazione promosso dalle famiglie sulle scelte di istruzione terziaria delle giovani donne (il caso Quadrifor è trattato ampiamente da Pierluigi Richini, dirigente Quadrifor e responsabile della ricerca citata, nel volume a cura di Alessandrini e Mallen, 2020).
Le capacità di guida (to lead) delle donne è, dunque, anche legata ad alcune soft skills fondamentali come l’empatia, l’envisioning, la spinta motivazionale, la passione, tutti elementi connessi alla dimensione della cura e di un sentimento affettivo nelle relazioni interpersonali.
“Per avere fiducia in te, le persone devono sapere che vuoi loro bene. Puoi dire qualsiasi cosa. Come puoi convincerli ad avere fiducia in te? Tutto ciò che puoi fare è provar loro che sei degno di fiducia”: questa definizione di leadership, più chiara di qualsiasi teoria, è di Jona Brown, violinista e direttrice d’orchestra di origine britannica (una delle prime direttrici donna e fin dal ’74), purtroppo scomparsa prematuramente come il nostro grande Ezio Bosso a causa di una malattia.
Anche il grande direttore e compositore, di cui oggi avvertiamo tutti l’assenza, è stato capace di trasmettere la passione per la musica amando i suoi musicisti e talvolta chiedendo loro l’impossibile. Loro hanno ricordato il maestro con la frase “sei in ogni nota suonata”: una perfetta metafora di cosa significhi una leadership nella direzione d’orchestra ma anche in qualsiasi forma di guida delle persone nei contesti relazionali.
Articolo a cura di Giuditta Alessandrini
Un tempo il compito di traghettare l'azienda verso il futuro tramite lo sviluppo di nuove…
Negli ultimi mesi causa il lento e inesorabile declino della redditività nella stipula delle Polizze…
Attiva da più di 30 anni e oggi parte del gruppo internazionale Zucchetti, Cybertec è…
Il focus sulla formazione professionale in Europa Nello spirito di favorire gli investimenti destinati a…
Nel complesso e volatile panorama aziendale odierno, le pratiche tradizionali delle supply chains non sono…
I dati sono chiari. L'Intelligenza Emotiva (EQ) è un fattore chiave di differenziazione per i…