Voglio prendere spunto da un articolo di Fabio Barbini in cui l’autore, a proposito di cultura, aveva fatto riferimento al dipinto di Raffaello “Scuola di Atene”: in questa opera possiamo riconoscere, come figure centrali, in un gruppo di persone che conversano, Platone e Aristotele che discutono di idealismo e realismo. Platone, con l’indice verso l’alto che sembra indicare una risalita dal disordine dei fenomeni all’ordine astratto dei concetti, rappresenta l’idealismo; Aristotele, invece, con la mano tesa ed aperta ed il palmo rivolto verso il basso, sembra indicare il processo opposto e complementare a quello indicato da Platone, ovvero il ritorno dal mondo intellegibile del realismo. I due sembrano voler mediare tra l’astrazione delle teorie e l’applicazione delle stesse nella realtà, ovvero ciò che serve all’uomo. Traslando questo concetto nella realtà delle nostre organizzazioni possiamo affermare che le culture organizzative fanno propria questa immagine proponendo metodi, valori e relazioni affinché la loro applicazione, nel mondo reale, possa garantire il successo di quanto intrapreso.
“La cultura organizzativa è l’insieme coerente di assunti fondamentali che un certo gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato mentre imparava ad affrontare i problemi legati al suo adattamento esterno o alla sua integrazione interna, e che hanno funzionato in modo tale da essere considerati validi e quindi degni di essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a tali problemi.” (Edgar Schein)
La cultura di un’organizzazione comprende le credenze, le norme, i valori e gli atteggiamenti che regolano tutte le parti, abitudini e regole scritte e non scritte che sono state sviluppate nel tempo e sono considerate valide; ha, inoltre, la capacità di modellare i processi organizzativi e decisionali, guidare le azioni ed i comportamenti di tutti i dipendenti. Include le aspettative, le esperienze, la filosofia ed è espressa nell’immagine di sé dei membri, nei meccanismi interiori, nelle interazioni con il mondo esterno e nelle aspettative future. Si manifesta negli assunti fondamentali che guidano un’organizzazione e si concretizza nei comportamenti, nei valori che caratterizzano la stessa organizzazione, sia all’interno che all’esterno. I modelli che forniscono stabilità ad un’organizzazione, allo stesso tempo, possono portare alla creazione di una cultura molto forte che potrebbe costruire muri difficilmente valicabili che ostacolano la competitività.
Non ci sono regole rigide da dover seguire per costruire una cultura organizzativa, ma mediante alcune riflessioni si può individuare un percorso da intraprendere che sia unico, specifico e distintivo.
La cultura dovrebbe aiutare le persone nel raggiungere i loro obiettivi lavorativi ed a volte anche personali, suggerendo come comportarsi. Raggiungendo, con la consapevolezza che un leader lo sta aiutando nel raggiungere un obiettivo, una maggior soddisfazione. In tal modo la cultura organizzativa, la leadership e la soddisfazione sul lavoro sono legate in modo indissolubile.
Differenti teorie sulle organizzazioni sono state formulate e ritengo che le due maggiormente degne di nota sono quelle formulate da Edgar Schein e Joanne Martin.
E. Schein rappresenta la cultura organizzativa mediante tre livelli:
In merito a come le persone percepiscono la cultura organizzativa J. Martin ha individuato tre differenti prospettive:
Lo sviluppo di una cultura organizzativa deve essere un fatto volontario, non può crescere in modo spontaneo perché deve nutrirsi di valori, vision e convinzioni.
Articolo a cura di Antonio Bassi
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