Intelligenza Emotiva per il Business: perché non si può più rimandare

Al giorno d’oggi, le aziende sono costantemente sollecitate da rapidi cambiamenti e alla ricerca di vantaggi competitivi unici in un’economia globalizzata: devono impegnarsi a trovare, mantenere e motivare i propri talenti in un ambiente in costante evoluzione. In questo contesto, l’Intelligenza Emotiva (IE) diventa sempre più la chiave per generare performance sostenibili e di alto livello.

Le organizzazioni multinazionali – come FedEx, HSBC e l’International Finance Corporation – stanno incorporando sempre più l’Intelligenza Emotiva nella strategia di gestione delle risorse umane. Che cosa guida questo interesse? L’IE è “solo una moda” – o la scienza ci può offrire evidenze che il suo allenamento contribuisca al miglioramento della performance? L’Harvard Business Review (HBR), una delle migliori fonti di pratiche aziendali, ha pubblicato diversi articoli sull’Intelligenza Emotiva. Tra questi, l’articolo pubblicato nel 1997, scritto dallo psicologo e autore Daniel Goleman è uno dei più richiesti da sempre. Questa popolarità ha portato l’HBR a riesaminare le scoperte e i dati relativi all’IE in diversi contesti: “Nei momenti difficili gli aspetti più soft spesso si perdono. L’IE, tuttavia, non è poi così soft. Se l’inconsapevolezza emotiva ostacola la vostra capacità di raggiungere gli obiettivi, di respingere le minacce o di essere compassionevoli durante una crisi, non basterebbe tutto l’impegno del mondo verso il raggiungimento dei risultati per proteggere la vostra carriera. L’IE non è un lusso che potete centellinare nel tempo, è uno strumento fondamentale che – applicato con eleganza – rappresenta la chiave per il successo professionale.”

Lorenzo Fariselli, Direttore Six Seconds Italia ed EQ Biz, commenta a proposito: “Siamo immersi in una cultura dove ancora si sentono manager dire a propri collaboratori: “le emozioni le lasci a casa! qui si viene per lavorare!”. In tanti altri posti, anche se frasi del genere non si osano dire, si respira un clima organizzativo dove è chiaro che le emozioni, specie se spiacevoli, siano represse o liberamente sfogate. Ambienti dove la parola razionale ha accezione positiva ed il termine emotivo ha invece accezione negativa. La realtà è che il nostro cervello, per prendere decisioni, ha bisogno di processare sia elementi logico-razionali che emotivo-relazionali e se vogliamo che queste decisioni siano efficaci e sostenibili nel tempo dobbiamo far sì che questi elementi siano precisi, di qualità. In altre parole, oltre a considerare ciò che è logico, sta a noi valorizzare la parte emozionale affinché risulti un dato informativo accurato da inserire all’interno del nostro processo decisionale. Le emozioni sono reali! Sono sostanze chimiche rilasciate in tutto il nostro corpo che influenzano il nostro modo di agire, non considerarle sarebbe un grave errore in un mondo così complesso come quello attuale. La soluzione non è bandire le emozioni facendo finta che non esistano o sfogarle senza calcolarne gli impatti ma agire unendo pensiero ed emozione. In equilibrio, per noi e per gli altri.

Le prove sono sempre più evidenti: le competenze socio-emotive misurabili e allenabili, hanno un impatto significativo sulle performance degli individui e delle organizzazioni. Il QE (Emotional Quotient) può essere una chiave di differenziazione essenziale per le organizzazioni ed i leader di tutto il mondo, che ad oggi si trovano a competere in un mercato sempre più complesso e sfidante.  L’Intelligenza Emotiva è l’abilità di utilizzare le emozioni in modo efficace. A partire dalla pubblicazione delle prime ricerche in merito, nel 1990, le organizzazioni innovative hanno iniziato a sperimentare come integrare l’IE nei processi di formazione e di selezione, per acquisire vantaggio competitivo. È diventato sempre più chiaro che queste competenze costituiscono le fondamenta delle organizzazioni più performanti.

Sono state anche implementate diverse strategie per ottenere il massimo rendimento dalle potenzialità dell’IE: in particolare nello sviluppo della leadership e della cultura organizzativa, per la selezione e fidelizzazione del personale. Le competenze dell’IE sono misurabili e allenabili e possono essere sviluppate attraverso attività di formazione e coaching. Le strategie più efficaci mirano a integrare l’IE nella cultura organizzativa. Le pratiche relative all’IE analizzate nella metanalisi raccolta dal Business Case Six Seconds (il più grande network internazionale che si occupa di ricerca, misurazione ed allenamento dell’IE) includono:

  • un incremento nelle vendite in seguito alla selezione e formazione di personale addetto alle vendite con un livello di intelligenza emotiva più elevato;
  • un’ottimizzazione del servizio clienti grazie al reclutamento di personale con alto livello di IE;
  • migliori performance da parte dei leader grazie allo sviluppo e alla selezione di dirigenti con un elevato quoziente emotivo (QE);
  • team più performanti – una maggiore produttività e una crescita dei profitti.

L’Intelligenza Emotiva rimane una scienza emergente. Negli ultimi 30 anni sono stati fatti progressi notevoli e già può essere applicata per aiutare i leader a capire cosa guida le persone, e quindi ad accelerarne le performance. Non è, infatti, il QI che conduce al successo. Il QE è più importante:  Intelligenza Emotiva, social skill, come ci si relaziona… fanno sí che arrivino i risultati. Queste sono le cose che fanno la differenza, specialmente nel management. I leader con un alto livello di IE hanno una maggior capacità decisionale e coinvolgono i loro dipendenti in maniera più efficace, creando un’atmosfera di lavoro adeguata. Una delle sfide principali della ricerca sull’Intelligenza Emotiva è quella di isolare gli effetti dell’IE da altri fattori. Clarke (2010) ha valutato l’impatto delle abilità di IE al di là delle differenze di personalità ed intelligenza generali. Lo studio, condotto su project manager, ha rivelato che alti livelli di IE (in particolare consapevolezza di sé e comprensione delle emozioni) erano collegati a miglioramenti nel lavoro di team e ad una gestione dei conflitti più efficace. Se più del 70% delle difficoltà che si presentano a lavoro riguardano la leadership, non ci sorprende che le organizzazioni siano alla ricerca di una scienza all’avanguardia che aiuti i leader a lavorare con e attraverso le loro persone.

Da Amadori, uno dei maggiori fornitori di McDonald’s in Italia, i ricercatori hanno scoperto che il 25% dei manager con il maggior livello di IE ha raggiunto punteggi di performance più elevati nelle metriche aziendali, con una variazione del 47% dipendente dall’IE. Inoltre, in seguito ad un assessment svolto da Six Seconds (OVS Engagement Index) in tre stabilimenti, si è scoperto che il 76% della variazione nell’engagement dei dipendenti è influenzata dal livello di IE del manager. Gli stabilimenti con un livello maggiore di engagement organizzativo hanno raggiunto risultati economici più elevati, creando un collegamento tra IE -> Engagement -> Performance. L’atteggiamento (il comportamento emozionale) dei leader gioca un ruolo fondamentale nella performance del team. Lo si vede chiaramente, ad esempio, quando “tutti intuiscono quando il capo ha una brutta giornata”. Il modo in cui le emozioni passano da una persona all’altra si chiama “contagio emotivo”. Uno studio condotto sull’influenza del contagio emotivo di un leader sul proprio team ha evidenziato come lo stato d’animo positivo del leader influenzi positivamente i membri del gruppo – sia a livello individuale che collettivo, con effetto opposto in caso di stato d’animo negativo. Di conseguenza, lo stato d’animo positivo del leader influisce anche sul coordinamento e l’impegno del gruppo.

Il team di FedEx Express, attraverso il loro Global Learning Institute, ha integrato l’Intelligenza Emotiva in un programma di sei mesi per nuovi manager con risultati notevoli. Il programma ha portato ad un incremento dell’8-11% delle competenze principali della leadership. Una percentuale significativa dei partecipanti ha sperimentato netti miglioramenti (10-50%) nell’IE e nella leadership: il 72% nella capacità decisionale, il 60% nella qualità della vita e il 58% nell’influenza. Nel complesso, il 44% dei partecipanti ha incrementato considerevolmente il proprio livello di Intelligenza Emotiva.

Di fronte ad un clima aziendale difficile, anche il team dirigenziale della sede UCB Biopharmaceutical di Milano ha individuato nell’Intelligenza Emotiva un fattore chiave di successo: Six Seconds ha lavorato con il team di leadership per sviluppare e implementare una strategia in due fasi, finalizzata a dotare i manager di competenze di IE che, a loro volta, supportino il personale sul campo per creare migliori relazioni. Tale programma di formazione per i manager ha dato valore a cascata ai loro dipendenti che hanno segnalato un miglioramento delle dinamiche di squadra all’interno e una maggiore capacità di connettersi all’esterno.

Negli ultimi anni, inoltre, il tema della Leadership Etica si è spostato in primo piano. A causa della crescente richiesta di trasparenza verso le aziende e delle terribili conseguenze di decisioni aziendali inefficaci, molte organizzazioni stanno rivalutando le modalità con le quali si assicurano che i leader abbiano la capacità di prendere decisioni etiche. E la consapevolezza emotiva sembra avere uno stretto legame predittivo nei confronti del senso etico.

Secondo Lorenzo Fariselli: “Essere leader significa supportare le persone verso un cambiamento. Questo per anni ha coinciso con l’ottenimento di risultati di breve periodo ed orientati ad un successo di pochi. Oggi il mondo è cambiato, o almeno la sensibilità sul tema. Oggi sempre più aziende legano la loro azione agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, 17 punti creati dall’ONU affinché si promuova uno sviluppo capace di soddisfare i bisogni del presente senza però compromettere la capacità (e le risorse) delle future generazioni. Il sistema finanziario è stato investito dall’importanza degli ESG, elementi di valutazione ambientali, sociali e di governance, utili a giudicare la sostenibilità degli investimenti fatti dalle aziende. Il moltiplicarsi di B Corp e Società Benefit, sono invece un’altra testimonianza di come il mondo dell’impresa voglia perseguire una sostenibilità dell’intero sistema. Il profitto non è più l’unico driver ma concede sempre più spazio alla voglia di avere un impatto significativo sul mondo. Il comportamento delle aziende sta iniziando così ad acquisire connotazioni etiche perché mira ad un miglioramento dell’intero sistema. Ecco, davanti a tutto ciò, il ruolo del leader in azienda potrà mai rimanere uguale a prima? La domanda è retorica e la risposta innesca una grande sfida per tutti quelli che ricoprono un ruolo di leadership in azienda: far sì che le emozioni non siano vissute come interferenze ma come alleati di un processo costante di evoluzione. Considero proprio questa la vera sfida del leader perchè la Neuretica, branca delle neuroscienze che studia aspetti fondamentali dell’etica, ci racconta di come l’emozione sia fondamentale nella costruzione di un giudizio morale. Questo significa che l’accuratezza dell’informazione emozionale è fondamentale per un comportamento intenzionale ed etico. E allora in un mondo che sta attivando nuove sensibilità, svelando sempre meglio ciò che è realmente importante, le competenze dei singoli devono necessariamente aggiornarsi ed accedere all’intelligenza delle nostre emozioni è ciò che attiva e sostiene l’intero tale processo di trasformazione. Il leader è chiamato a dare il proprio contributo e, aggiungo, ogni persona che accetterà questa sfida impegnandosi in essa, diventerà a sua volta leader, indipendentemente dal suo job title”.

Spinti dai sensazionali dati secondo cui le “soft skill” producono “risultati hard”, molti leader hanno accettato la sfida di dare vita ad aziende più forti e potenti, investendo sulle persone anziché sulle strutture. I leader stanno imparando che l’Intelligenza Emotiva non è solo un’etichetta per tecniche di vendita o un aforisma riciclato sul tema del benessere; stanno iniziando a riconoscerla come il cuore di una serie di abilità, con fondamenti nella scienza, alla base della performance, e sono pronti a mettere queste carte in gioco. La conclusione? Le emozioni guidano le persone, le persone guidano le performance. Non possono più essere lasciate fuori dalla porta.

Bibliografia

  • Caruso D., Salovey P. (2004), The Emotionally Intelligent Manager, John Wiley & Sons Inc, NY.
  • Clarke, N. (2010), Emotional intelligence and its relationship to transformational leadership and key project manager competences. Project Management Journal, 41(2), 5-20.
  • Freedman J. (2018), Intelligenza Emotiva. Al Cuore della Performance, Six Seconds, Freedom.
  • Freedman J., Ghini M. (2010), Intelligenza emotiva dentro il cambiamento, Il Sole 24 Ore, Milano.
  • Goleman D. (2000), Lavorare con intelligenza emotiva, BUR, Milano.

Articolo a cura di Ilaria Iseppato

 

Profilo Autore

Ilaria Iseppato, PhD in Sociologia e Coach con credenziali ACC-ICF, è Communication Manager di Six Seconds Italia e Program Manager per EQ Biz, la divisione corporate di Six Seconds Italia.

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