Il Viaggio del Leader nella Digital Transformation

L’innovazione tecnologica come occasione per riflettere su chi siamo e sul mondo che vogliamo

Parlare di leadership oggi è più impegnativo che nel passato. Viviamo l’epoca della digital transformation, un’epoca accelerata dove tutto è disruptive e succedono cose inedite. Per la prima volta è il futuro che viene verso di noi e non viceversa, come sempre è stato. Se ci pensate, siamo sempre stati noi a “dirigere” il futuro, a immaginarlo e crearlo. Oggi invece, l’innovazione è così travolgente e la sua velocità così straordinaria che sembra venirci addosso, come un vortice, portando con sé un cambiamento che abbraccia ogni cosa. A molti viene d’istinto di scansarsi. E’ inutile, però, perché è un’innovazione troppo pervasiva. E’ liquida, per dirla con Zygmunt Bauman, s’infiltra ovunque.

Il cambiamento è davvero senza precedenti. La digital transformation abbraccia ogni cosa in modo pervasivo, coinvolge settori, sistemi e processi; non fa distinzioni tra industry, tra pubblico e privato, tra occidente e oriente, cambia il modo di produrre e organizzare business, servizi e lavoro. Probabilmente sta cambiando anche la nostra vita e come guarderemo a essa. Alcuni si domandano se cambierà anche noi stessi. Klaus Schwab, Fondatore e Presidente del World Economic Forum, considera lo straordinario cambiamento che viviamo come “un invito a riflettere su chi siamo e sulla nostra visione del mondo”, perché più riflettiamo sulla trasformazione tecnologica “maggiore sarà l’analisi su noi stessi e sui modelli sociali che queste tecnologie rappresentano e favoriscono”. Un cambiamento che porterà numerose opportunità di miglioramento della società.

Le caratteristiche di un cambiamento senza precedenti

Il cambiamento che apre il Terzo Millennio ha caratteristiche che lo distinguono decisamente dai precedenti. Ce ne sono almeno tre che vale la pena evidenziare.

La prima caratteristica riguarda l’uso diffuso di Internet e la possibilità che non solo le persone, ma anche gli oggetti, possano accedere e dialogare tra loro (Internet of Things – IOT), formando così un’immensa sfera interconnessa e interdipendente. Così tutti, persone e oggetti, diventano produttori e costruttori della società dei big data, ove sono disponibili miliardi e miliardi di dati, fonte della nuova ricchezza, che vanno elaborati, correlati e interpretati. L’Internet delle Cose è un fenomeno, già attuale, che crescerà enormemente in pochissimo tempo. C’è una ricerca del World Economic Forum che prevede che nel 2025 ci saranno mille miliardi di sensori connessi a Internet che dialogheranno, si scambieranno dati continuamente, converseranno tra di loro attraverso un flusso continuo di dati. Ecco allora una prima e importante implicazione che ci coinvolge tutti: saremo sempre più immersi in un mare di dati non solo nella vita ma anche dentro le organizzazioni. Un mare di dati che può creare disorientamento anche profondo. Chi darà loro un significato? Chi “unirà i puntini” delle connessioni dando loro un senso?

La seconda caratteristica è figlia della prima, ossia della circostanza che il cambiamento sta producendo anche un nuovo ambiente, un’immensa rete di cui non conosciamo l’inizio e la fine. Un ambiente sconfinato di legami, connessioni, nodi senza centro né periferia: rivoluzionano drammaticamente il modo di produrre beni e servizi. Sono piattaforme che dialogano direttamente con clienti e dipendenti, capaci di disintermediare tutto. Saltano così, o obbligano a riscriverli radicalmente, processi come la pianificazione, il budgeting, la produzione; scompaginano modelli, competenze, modalità di coordinamento e sicurezze acquisite. Ora tutto si avvicina, tutto è a portata di mano, vanno rilette nel nuovo contesto le categorie dello “spazio” e del “tempo”. Si annulla anche la distanza tra leader e collaboratori, viene ridimensionata l’importanza della catena di comando e si cercano nuovi stili capaci di dialogare efficacemente in un ambiente nuovo e inedito. L’esposizione cresce e, insieme, anche i rischi correlati alla perdita di reputazione.

La terza caratteristica del cambiamento è la sua velocità. I cambiamenti precedenti hanno viaggiato con “velocità lineare”, la digital transformation invece corre a “velocità esponenziale” aggiungendo incertezza con i suoi ritmi da brivido.

Un cambiamento che interpella direttamente leader e manager

Si tratta di un cambiamento così radicale che interpella direttamente anche leader e manager ponendo loro numerose domande. Quale mindset serve per guidare questa trasformazione? Quali competenze sono necessarie? Basta aggiornarsi con quelle di natura digitale o occorre altro? Su cosa è più importante puntare per sentirsi adeguati? In questo nuovo viaggio cosa portiamo con noi per attraversare i territori dell’economia e dell’organizzazione digitale? Come praticare la leadership con successo? Quali sono i suoi tratti fondativi nell’epoca della Quarta Rivoluzione Industriale che tutto fa sobbalzare?

Sono domande di senso, tutte infatti ricercano i valori, le attitudini e le competenze che dobbiamo coltivare per continuare, con coscienza e responsabilità, a organizzare il lavoro altrui avendo a cuore il conseguimento di benefici per l’impresa, per gli individui e la società più ampia.

Con quale stato d’animo affrontiamo il viaggio?

Quale stato d’animo è dunque necessario per affrontare con successo la sfida dell’interconnessione e interdipendenza? Penso sia fondamentale coltivare

  • un approccio aperto;
  • curiosità;
  • la disponibilità a conoscere le “connessioni” per fare esperienza del loro incontro.

La curiosità è fondamentale. Un istinto che nasce dal desiderio di sapere. E’ un istinto umano, anche se alcuni animali – come il gatto – ne sono particolarmente provvisti. La curiosità è un desiderio che ci porta a indagare ed esplorare. La curiosità è fonte naturale di apprendimento, base della ricerca. Per rendersi conto di quanto sia importante, basta riflettere su cosa proviamo quando non la vediamo negli altri, per esempio nei candidati che incontriamo per portarli a bordo dell’azienda, ma anche nei nostri collaboratori. Quando non la troviamo pensiamo che chi abbiamo di fronte non siano le persone “giuste”, senza una motivazione adeguata, pensiamo in definitiva che non fanno per noi. La curiosità, poi, ha un’implicazione decisiva per quest’epoca: ci consente di entrare in relazione con la molteplicità di soggetti e oggetti che abitano questa sfera interconnessa e interdipendente. Immersi nella nuova “condizione tecno-umana” come la chiama Paolo Benanti, stiamo scoprendo poi che si tratterà di una sfera popolata sempre più da umani e umanoidi. Dobbiamo abituarci infatti, scrivono Roberto Cingolani e Giorgio Metta dell’Istituto Italiano di Tecnologia, a “vivere con i robot”.

Immersi in una società popolata da nuovi attori e in un contesto sempre più “datificato”, come leader e manager ci interroghiamo come sarà possibile avere successo nel flusso costante di analytics che questo viaggio ci propina. Stiamo comprendendo in effetti che domani ci sarà da unire non più i puntini di Steve Jobs, ma “nuvole di puntini” che non finiscono mai e che continuano ad arrivare dall’orizzonte.

Tutto ciò richiederà una straordinaria capacità di creare senso direzione. Dave e Wendy Ulrich scrivono, infatti, che i leader e le imprese di successo saranno quelli che sapranno creare senso, aiutando le persone ad attribuire un significato al lavoro coerente con i loro valori. E’ dal senso che possono nascono impegno, accountability ed engagement.

Che postura scegliamo per attraversare la trasformazione digitale?

Quale postura è bene assumere per avere successo e guidare con efficacia imprese e collaboratori nell’immensa rete di cui non conosciamo i confini? Il viaggio che affrontiamo ci porta in un ambiente dove l’intelligenza è distribuita ovunque; in esso  non ci sono posizioni stabilmente centrali piuttosto un insieme dinamico di attori che si muovono velocemente e in più direzioni. Quando tutto è collegato e interdipendente emerge con forza l’idea che da soli non si può far niente, che il modello di leadership solitaria cui ancora siamo abituati non tiene più, che il controllo non è più leva sufficiente per guidare con successo le organizzazioni, che occorre invece esprimere competenze profonde di coordinamento e cooperazione. Il mondo digitale allora richiede un cambio drammatico alla leadership. Esige un suo switch non banale, una sorta di rivoluzione copernicana: passare dalla modalità “io” alla modalità “noi”. Ai leader di successo non basterà più indicare la strada da seguire ispirando gli altri; così come non sarà sufficiente per i manager fare affidamento sulla loro capacità di garantire l’execution della strategia lungo la catena di comando che si vaporizza nella fumosità della rete. No, tutto questo non basta più. Occorre altro. La leadership di successo – sono in molti a pensarlo – passerà per la creazione e gestione di ampi network interni ed esterni all’organizzazione. Nell’epoca digitale è bene che leader e manager scelgano una postura orizzontale che favorisce apertura e circolarità, come quella dipinta da Henri Matisse, una postura che consente di creare connessioni con gli altri, che apre possibilità e disegna il futuro. La leadership nella trasformazione digitale sarà vicina e distribuita. Sarà accountable della crescita degli altri, Sarà una “leadership di prossimità”, accountable della crescita degli altri dei quali asseconda percorsi e progetti di sviluppo ed effettiva autonomia.

Regolare i conti con il passato per essere leggeri

Cosa porta nello zaino il leader che affronta il viaggio della trasformazione digitale? Converrà che porti con sé tutti gli strumenti sin qui utilizzati o sarà preferibile uno zaino  leggero e maneggevole? La straordinaria velocità dell’innovazione cui la trasformazione ci sta abituando consiglia leggerezza. Suggerisce di portare lo stretto necessario per consentire apertura, valorizzare l’intuizione, generare possibilità. Non è poco. E’ molto a ben guardare, perché richiede che leader e manager rinuncino alla comodità delle certezze del passato per abbracciare il piacere della sperimentazione. Che possiamo fare in concreto per svuotare lo zaino dal superfluo? C’è una prima cosa da fare: dobbiamo mettere a posto i conti con il passato e distaccarcene positivamente. Ci sentiamo leggeri, infatti, quando il nostro atteggiamento verso l’esperienza fatta è sereno, avendo regolato i conti con essa con reciproca soddisfazione. Ciò significa che dobbiamo essere grati per tutto quello che il vecchio modo di organizzare l’impresa, di interpretare la leadership e i ruoli ci hanno dato. Siamo grati per le occasioni avute e per la fiducia che ci è stata data. Anche il passato che ci lasciamo alle spalle, però, deve ringraziare noi per il contributo che abbiamo dato, per il nostro impegno, per la cura e la passione che abbiamo messo nel gestire le organizzazioni. Sono convinto che quest’approccio – fondato sul reciproco riconoscimento e scambio di gratitudine che mutuo dalla pratica della comunicazione non violenta di Marshall Rosenberg – sia un buon modo per svuotare il nostro zaino e preparare un bagaglio leggero, comodo, confortevole.

Rinascita

E’ un viaggio – quello che abbiamo iniziato – che suggerisce di portare con noi solo l’indispensabile lasciando a terra il superfluo. Quel che serve è un atteggiamento sereno per accogliere le promesse che la “nuova grande trasformazione” porta con sé. Un atteggiamento che non nega, togliendo loro voce, le preoccupazioni che proviamo; non intende nemmeno abbassare la guardia sulle implicazioni del cambiamento, tutt’altro, perché le grandi trasformazioni hanno sempre bisogno di essere “guardate a vista”. Quando il nuovo bussa alla porta è normale sperimentare un senso di spaesamento che deriva dalla circostanza che non conosciamo i luoghi dove andremo, i loro abitanti e le regole sociali. Ma cambiamento significa anche un nuovo inizio, porta con sé l’idea e il senso di una rinascita, insieme a uno stato d’animo intriso di speranza e fiducia che qualificano da sempre l’anelito con cui gli uomini cercano la felicità propria e quella altrui.

Suggerimenti bibliografici

  • Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Bari-Roma, 1999
  • Paolo Benanti, La condizione tecno-umana, EDB, Bologna, 2016
  • Roberto Cingolani, Giorgio Metta, Umani e umanoidi, il Mulino, Bologna, 2015
  • Gabriele Gabrielli, “Figure di leadership. Dalla mediazione della verticalità alla responsabilità della prossimità”
  • Marshall Rosenberg, Le sorprendenti funzioni della rabbia. Come gestirla e scoprirne il dono, Esserci, 2006
  • Klaus Schwab, La quarta rivoluzione industriale, Franco Angeli, Milano, 2016
  • Dave Ulrich, Wendy Ulrich, Il perché del lavoro. Come i grandi leader creano organizzazioni abbondanti generatrici di senso e di successo, FrancoAngeli, Milano, 2013

 

Articolo a cura di: Gabriele Gabrielli

Profilo Autore

Executive Coach e Consulente, docente di HRM & Organisation alla LUISS Guido Carli, Professor of Practice in People Management alla LUISS Business School, Presidente Fondazione Lavoroperlapersona (www.lavoroperlapersona.it)

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