Il lavoro quale asset strategico per lo sviluppo competitivo del cluster logistico portuale italiano

Le premesse

La questione della formazione e dell’aggiornamento professionale dei lavoratori portuali è ormai da qualche anno oggetto di approfondimenti e di analisi a livello nazionale ed internazionale. In Italia, da più parti si rileva uno squilibrio tra domanda e offerta formativa che non si avverte in altri Paesi Europei con spiccata vocazione marittima, dove invece le opportunità di formazione sono numerose e con elevati standard di qualità.

Dalla costatazione dello svantaggio competitivo del cluster logistico portuale nazionale nasce l’idea di costituire una Scuola Logistico Portuale di livello nazionale capace di colmare il gap poc’anzi richiamato affrontando il tema della formazione, dell’addestramento e della qualificazione degli addetti, in prima battuta dell’area portuale, ed in prospettiva del complesso delle attività logistiche retroportuali.

Perché iniziare dal lavoro portuale

Se guardiano ai numeri assoluti: il lavoro portuale è residuale all’interno della catena logistica, sia per addetti, sia per ricchezza generata (Tab. 1).

Tab. 1 – Il ranking dei lavori logistici

Valore aggiunto

(Milioni di €)

Occupati Valore aggiunto per occupato (€)
Logistica portuale ed ausiliarie trasporti marittimi (posizione 5°)             2.213 (pos. 5°) 27.611 (pos. 1°) 80.149
Trasporto ferroviario di merci 69 1.213       56.884
Trasporto di merci su strada 10.571 309.153       34.193
Trasporto aereo di merci 40 696       57.471
Movimentazione merci 3.119 108.162       28.836
Altre attività di supporto connesse ai trasporti 4.015 88.043       45.603
Servizi postali e attività di corriere 7.625 161.240       47.290

Fonte: Federazione del Mare/Censis, e Isfort vari anni

Il lavoro portuale ha tuttavia un valore strategico all’interno della catena logistica perché: presidia un passaggio obbligato; richiede competenze e specializzazioni avanzate; è responsabile di una fase (trasbordo e inoltro) fondamentale per assicurare una performance di qualità al complesso della catena logistica.

Allo stesso non si deve trascurare che rimane un’attività «rischiosa», come i recenti incidenti nei porti di Genova e Livorno dimostrano, e per tali ragioni il lavoro portuale è sempre stato considerato «speciale», sia delle istituzioni, sia dalle imprese, sia da parte delle organizzazioni sindacali.

Alcuni fenomeni recenti stanno mettendo in discussione tale specialità, da una parte, processi spinti di robotizzazione dei cicli portuali riducono il contributo umano, dall’altra, la progressiva integrazione orizzontale, tra le principali compagnie di shipping mondiale, e verticale tra queste ultime e le più importanti imprese terminalistiche i cosiddetti global terminal operator.

Tali processi hanno contribuito a ridisegnare la scena portuale ridefinendo ruoli e competenze di ciascun attore coinvolto. L’aumento delle dimensioni delle navi ha determinato, ad esempio, oltre che una riduzione dei porti da scalare, anche una maggiore concentrazione dell’occupazione. Altrettanto avviene per i carichi, grazie al consolidamento in un numero ristretto di alleanze delle principali imprese di shipping globali, che determina un incremento di picchi di traffico e di domanda di lavoro intermittenti all’interno dei porti. Ma non è solo il lavoro ad essere messo sotto pressione da volumi di traffico ingenti e concentrati, ma anche gli enti di gestione delle aree portuali le cui fortune sono legate ad un numero ristretto di operatori.

Di fronte alla robotizzazione dei processi ed all’integrazione del mercato, più che di esclusione del lavoro portuale dovuta ad un incremento dell’automazione, il rischio più acuto riguarda la potenziale banalizzazione dell’azione umana ed una sua conseguente marginalizzazione (from port of people to port of things).

Proprio per contrastare questa potenziale minaccia è opportuno lavorare per ampliare e innovare le opportunità di qualificazione e di specializzazione professionale in ambito portuale al fine di far crescere qualità ed efficienza del lavoro (dockers managers of things)

Il lavoro portuale in questa prospettiva può divenire un punto di partenza per migliorare condizioni e qualità del lavoro lungo tutta la filiera logistico-portuale (la logistica portuale un posto bello in cui lavorare e crescere professionalmente).

D’altronde i punti di connessione tra ciclo logistico portuale e filiera logistica terrestre, nonostante abbiamo valori economici ed occupazionali sostanzialmente diversi, sono tuttavia molto intensi: quasi la metà degli acquisti e circa il 40% delle vendite del comparto economico portuale, riguardano le attività economiche legate alla logistica terrestre (Fig. 1).

Fig. 1 – Il confronto tra logistica terrestre e logistica portuale

Un percorso che parte da lontano

L’idea di costituire la Fondazione Scuola Italiana Logistico Portuale (SILP) prende forma il 9 dicembre del 2015, dunque più di due anni fa, nell’ambito del convegno di presentazione del bilancio sociale di Intempo.

In quell’occasione emerse, con particolare chiarezza, quanto il tema della formazione professionale in ambito logistico portuale fosse stato fino ad allora tenuto ai margini del dibattito politico-istituzionale, mentre, al contrario, in considerazione delle trasformazioni in corso nel comparto, esso dovesse essere portato al centro del dibattito ed in cima all’agenda politica per essere affrontato con maggiore coraggio, superando la tradizionale dimensione localistica e con uno standing nazionale.

Le prime ipotesi condivise da Isfort e Intempo sono state poi successivamente consolidate grazie all’avvio della riforma sostanziale del quadro regolatorio e istituzionale del mondo portuale poi confluita nel Decreto Legge n. 169 del 4 agosto 2016 e successivamente completata dal comma 577 della legge finanziaria 2018 (Legge n. 252 del 27 dicembre 2017) e dal decreto legislativo n. 232 del 13 dicembre 2017.

La definizione di un nuovo quadro normativo di riferimento – fra l’altro ispirato da un approccio più nazionale che locale dello sviluppo della portualità italiana – ha quindi ulteriormente posto in evidenza le lacune del sistema formativo del comparto logistico portuale che in estrema sintesi possono essere ricondotte all’assenza di:

  • Un’offerta formativa specializzata e tecnologicamente avanzata;
  • un soggetto di rilevanza nazionale ed altamente specializzato in grado di competere con le altre realtà europee per l’accesso ai finanziamenti comunitari;
  • un soggetto terzo in grado di rivolgersi alla dimensione pubblica e a quella privata dei Porti;
  • una realtà imprenditoriale capace di raccogliere una domanda sufficientemente ampia per sostenere gli investimenti in macchinari e attrezzature;
  • una struttura formativa per coniugare i percorsi di scolastici/universitari con l’evoluzione delle imprese dei cluster marittimo, portuale e logistico.

Il numero di lavoratori e di studenti potenzialmente interessati da iniziative di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione professionale del comparto logistico portuale si attesta intorno ad 1 milione di individui. Oltre 800 mila sono infatti i soli lavoratori del mondo della logistica terrestre, mentre le altre componenti della filiera logistica ed i giovani che dopo aver concluso il proprio percorso scolastico ed universitario si affacciano nel mercato del lavoro rappresentano una quota meno rilevante in termini numerici, ma fondamentale per l’efficacia complessiva del sistema (Fig. 2).

Fig. 2 – Ripartizione (%) target della Fondazione SILP

Fonte: Federazione del Mare/Censis, Isfort, MIUR vari anni

La composizione del nucleo fondatore

Come detto, i primi a muoversi sono stati Isfort ed Intempo, tuttavia fin da subito è apparso chiaro che il gruppo dovesse essere completato sul versante della certificazione delle competenze. Il gruppo Rina sembrava essere il soggetto più idoneo. La sua immediata disponibilità ha confermato questa intuizione.

Dalla seconda metà del 2016 si è dunque aggiunto ai soci promotori della scuola il Gruppo RINA (il terzo partecipante fondatore della Fondazione).

Pertanto la compagine dei partecipanti fondatori della Fondazione è la seguente:

Isfort – Istituto per la formazione e la ricerca sui trasporti nasce nel 1994 su iniziativa dell’Ente Fondazione Banca Nazionale delle Comunicazioni (oggi Fondazione Nazionale delle Comunicazioni – FNC), attuale azionista di maggioranza, e del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane (FSI) attualmente socio di minoranza, con la finalità di contribuire al rinnovamento del settore della mobilità di persone e merci. L’Istituto vanta un’ampia esperienza nel settore maturata nel corso di approfondite analisi e studi circa le dinamiche del mercato dei servizi portuali e logistici al livello nazionale ed internazionale e del loro impatto sui sistemi economici, ambientali e sociali. Tra il 2010 ed il 2012 ha inoltre curato il più recente ed approfondito studio sul tema del lavoro portuale in Italia. Dal 2001 alimenta un Osservatorio nazionale sul trasporto merci e la logistica finanziato dal proprio azionista di maggioranza ed inoltre svolge attività di ricerca nel settore della formazione e di analisi dei fabbisogni formativi del comparto, nonché di formazione manageriale.

Intempo del Gruppo Randstad – Intempo è l’Agenzia per il Lavoro, appartenente al gruppo Randstad, leader nel settore portuale e logistico. Nel corso degli anni ha sviluppato competenze specializzate e offerte sempre più flessibili e diversificate per accogliere le molteplici esigenze di aziende e candidati in grado di adattarsi alla specificità di questo settore. Intempo opera nei principali porti italiani quali: Genova, Imperia, Savona, Livorno, Piombino, Civitavecchia, Napoli, Salerno,  Palermo, Cagliari, Venezia, Trieste, Monfalcone, Chioggia, Ravenna, Venezia, Bari. In queste realtà l’esperienza di Intempo ha consentito di sviluppare una proposta di servizio alle Imprese ed ai Lavoratori rispondente non soltanto alla normativa sulla somministrazione (Dlgs 276/03) ma anche alla legislazione specifica che regola l’attività delle diverse Imprese portuali e definisce le regole per affrontare i picchi di lavoro tipici del settore (previste dalla legge n. 84/94 e le sue recenti integrazioni e modifiche previste dai decreti legge n. 196/2016 e n. 232/2017). Intempo forma e mette a disposizione figure specializzate, flessibili e in grado di operare in sicurezza per sé e per l’intero contesto. Centinaia di Lavoratori, oggi stabilmente occupati nei porti italiani, sono giovani formati da Intempo a partire dal 2002, avviati con contratti a tempo determinato e successivamente nella quasi totalità dei casi assunti dalle imprese portuali e dalle Agenzie previste dall’art. 17 della legge di riforma dei porti.

RINA ACADEMY- RINA Academy è una società controllata da RINA – multinazionale che fornisce un’ampia gamma di servizi nei settori Energia, Marine, Certificazione, Infrastrutture e Trasporti e Industry – che vanta competenze nella progettazione ed erogazione di percorsi formativi specifici per gli operatori di diversi mercati. I corsi erogati nelle sue strutture accompagnano le organizzazioni in un percorso condiviso di crescita e innovazione strategica e i metodi di apprendimento sono basati sul coinvolgimento diretto, focalizzato in un contest di squadra, per trasferire conoscenze, sviluppare capacità e orientare i comportamenti. RINA Academy propone un’offerta formativa personalizzata nelle varie aree di competenza, tra cui: concetti teorici, aspetti normativi, soluzioni efficaci nel rapporto costi/benefici e realizza corsi specifici nel campo marittimo e sui sistemi di gestione, comprendendo anche la formazione in materia comportamentale, di sviluppo manageriale e di cultura del cambiamento.

Lo sviluppo dell’attività

Come già anticipato, il mondo logistico portuale sta attraversando una fase di profondo cambiamento sul versante legislativo. Tuttavia non si può trascurare che tale cambiamento sia stato sollecitato dall’evoluzione del contesto di riferimento del comparto. Un’evoluzione sospinta, da una parte, da un mercato in rapida evoluzione, dall’altra, dal progresso tecnologico che incrementando i processi di automazione e richiedendo una maggiore specializzazione sta, ormai da qualche tempo, mettendo in discussione gli schemi organizzativi e di qualificazione degli addetti consolidati da tempo nei porti italiani.

La Fondazione si propone dunque di divenire il luogo, a metà strada tra le pubbliche istituzioni e le organizzazioni private, per approfondire i fenomeni ed i processi che sono alla base dei mutamenti fin qui richiamati del mondo del lavoro portuale, promuovendo iniziative di ricerca, di studio e di confronto sui temi dell’evoluzione del mercato dei servizi logistico portuali, della trasformazione dei fabbisogni professionali delle imprese e della conseguente modifica dei profili professionali richiesti al fine di suggerire programmi, iniziative e modalità di lavoro in grado di adeguare modelli professionali e contesti di lavoro ai mutamenti in corso.

Nota Bibliografica

  1. Unioncamere, VI Rapporto dell’Economia del Mare, Roma 2017
  2. Federazione del Mare, V Rapporto Economia del Mare, Roma 2015
  3. ISFORT, Il futuro dei porti e del lavoro portuale, Quaderni periodici ISFORT n. 15 (2011) e n. 17 (2012)
  4. Appetecchia e D. De Ascentiis (a cura di), Eppur si Muove, Genesi e sviluppo del modello logistico italiano: tra spinte innovative, capacità di adattamento e rischi di sostenibilità, Edizioni Scientifiche italiane, Napoli 2009

A cura di: Andrea Appetecchia

Profilo Autore

Andrea Appetecchia dal 1990 svolge attività di ricerca socio-economica in Italia e all’estero. A partire dal 1995 si è progressivamente specializzato nel settore dei trasporti avendo in particolare approfondito le dinamiche del mercato dei servizi portuali e logistici al livello nazionale ed internazionale e l’analisi degli impatti sui sistemi economici, ambientali e sociali di tali dinamiche. Dal 2001 coordina l’Osservatorio nazionale sul trasporto merci e la logistica ed è stato responsabile per oltre dieci anni (2004-2016) del monitoraggio degli impatti socio-economici dei lavori del Progetto “Variante di valico” di cui ha curato l’impostazione metodologica ed operativa. Infine svolge anche attività di ricerca nel settore della formazione volta all’analisi dei fabbisogni formativi del comparto, nonché di formazione manageriale.

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