La crisi causata dalla pandemia ha impattato considerevolmente sul settore Retail che è sempre più caratterizzato da incertezza, complessità di contesto e cambiamenti senza precedenti. Nuove soluzioni si sono rese necessarie – per rispondere in modo reattivo alla situazione contingente – che hanno accelerato cambiamenti già in atto.
Il comparto food e le catene della GDO hanno continuato a essere operativi, pur confrontandosi con le problematiche derivanti dalle misure di distanziamento sociale e prevenzione messe in atto per contrastare il virus. Nonostante la situazione di emergenza, la filiera del food retail si è mostrata resiliente e reattiva. Ora è il momento di capire come procedere anche in vista dei prossimi mesi, che si preannunciano minacciosi a fronte del nuovo acuirsi dei contagi.
Sono quattro i trend che si stanno consolidando sempre più e sono destinati a trasformare il settore e comporteranno cambi di paradigma necessari per strutturarsi adeguatamente e per affrontare le sfide future e, precisamente:
Secondo alcune ricerche condotte recentemente in occasione della “Giornata internazionale della consapevolezza sugli sprechi alimentari” – che ha luogo il 29 settembre di ogni anno – risulta che i consumatori sono sempre più attenti a una spesa sostenibile in un’ottica di riduzione degli sprechi di cibo.
A tal proposito ricordiamo che, purtroppo, in Italia lo spreco alimentare vale ogni anno un punto percentuale del PIL. Tuttavia, è interessante osservare come, secondo un’indagine di Altroconsumo, lo spreco di cibo sia diminuito del 41% durante il lockdown; inoltre, l’88% degli intervistati ritiene che non sia etico buttare il cibo, mentre l’83% ne riconosce l’impatto negativo sull’ambiente.
Il settore non può che adeguarsi a questa presa di coscienza e mettere in atto iniziative a sostegno di un consumo più consapevole e attento all’ambiente, dal momento che due italiani su tre privilegiano gli acquisti fatti in punti vendita che presentano iniziative a favore della sostenibilità. Interessante notare come 7 italiani su 10 siano disposti a cambiare il negozio in cui fanno la spesa alimentare a favore di punti vendita che offrono prodotti con confezioni sostenibili (Nota: da inizio anno, si registra un aumento del 27% per quanto riguarda l’acquisto di prodotti sostenibili ed eco-friendly).
Il rapido mutamento di scenario comporta un acuirsi della competizione nel comparto del Food Retail, unitamente a un aumento delle differenze tra format e player in termini di prospettive di sviluppo e performance finanziarie.
Durante il lockdown, la GDO e il comparto alimentare sono stati gli unici punti di contatto del mondo esterno – per la maggior parte dei consumatori – dal momento che la spesa era l’unica attività permessa. Da quanto si evince dal rapporto di Mediobanca sulle vendite della GDO alimentare in Italia, pubblicato a maggio di quest’anno, il comparto ha registrato, fino ad aprile 2020, incrementi di circa +10% con punte del 30% per i prodotti confezionati, essendo diventato oggetto di attenzione inusuale nella vita degli italiani, anche a fronte della chiusura di molte attività di ristorazione.
Inoltre, la crescita consistente della spesa on-line ha evidenziato sia l’inadeguatezza di molte piattaforme sia la mancanza di un’infrastruttura tecnologica robusta e di logistica adeguata.
È interessante notare come siano aumentati i piccoli punti vendita di prossimità delle principali catene GDO (i.e. Esselunga, Pam, Carrefour, Condad), i discount e i supermercati. Al contrario gli ipermercati – già colpiti da una crisi strutturale pluriennale – hanno subìto un ulteriore contraccolpo: la sospensione delle vendite di tutti i prodotti non food, la loro posizione spesso decentrata – che richiede spostamenti in auto e, spesso, il superamento dei confini comunali – e l’ubicazione all’interno di gallerie commerciali deserte hanno contribuito a penalizzarli ulteriormente durante il lockdown.
Risulta quanto mai strategica, in questo momento, la progettazione degli spazi adibiti alla vendita secondo una logica di risparmio di energia e di materia, unitamente alla realizzazione di una strategia di sviluppo dell’attività orientata alla sostenibilità sociale ed economica. Pertanto, sarà necessario creare un negozio sostenibile, essendo consapevoli che “tutto” è energia e che ogni oggetto o azione hanno un impatto ambientale. Si tratta di progettare secondo parametri sostenibili e valutare i costi ambientali di ciò che si realizza – i.e. costi energetici di costruzione, di gestione, di smaltimento – sempre considerando la durabilità della fruizione e il benessere di chi attraverserà quegli spazi.
La situazione di ripresa dei contagi sta implicando nuove restrizioni; ne consegue che molti consumatori saranno probabilmente ancora più cauti nell’uscire di casa e i retailer dovranno tenere sempre più in considerazione questo aspetto, prevendendo la creazione di più spazio nel negozio, in modo da mantenere le distanze, garantendo ai clienti la necessaria protezione.
Probabilmente anche l’esperienza alla cassa è destinata a cambiare radicalmente: meno casse in grado di aprire, code più lunghe a causa della distanza tra ogni cliente e meno personale in negozio. Ne consegue che le aziende del settore saranno maggiormente propense a considerare l’opzione di cassa contactless per mantenere i clienti al sicuro e rendere l’esperienza di acquisto priva (o quasi) di preoccupazioni. Inoltre, risulterà strategico anche far confluire i clienti ai negozi attraverso le modalità “Click and Collect” in un’ottica di esperienza omnichannel.
Siamo, di fatto, in una fase strategica di consolidamento della GDO e del settore alimentare italiano. L’erraticità del momento, il cambio di abitudini e la maggiore attenzione ai temi eco-sostenibili richiederanno una ridefinizione delle attività, un inevitabile aumento di investimenti tecnologici e strutturali e, presumibilmente, quegli operatori del Food Retail e del comparto alimentare non in grado di fronte alle azioni necessarie – per continuare ad essere presenti sul mercato – dovranno considerare aggregazioni e fusioni.
Sarà sempre più necessario finanziare importanti investimenti e, al contempo – vista la congiuntura economica negativa e il ridursi del potere di acquisito degli utenti – gli operatori del settore dovranno praticare prezzi convenienti, riassorbendo i rincari della filiera o negoziando migliori condizioni di approvvigionamento.
Ricordiamoci che la sfida principale del settore è quella di diventare parte attiva dell’economia circolare al fine di massimizzare la sostenibilità: l’impatto ambientale non è legato al prodotto, ma al sistema di produzione e di uso; tutti i materiali possono diventare sostenibili, se usati (e riciclati) in modo appropriato. In quest’ottica andranno riprogettati gli spazi garantendo ai clienti una permanenza di buona qualità, senza trascurare i lavoratori, in modo tale da “incentivare” l’acquisto.
Si tratta, quindi, di attuare una calibrata sintesi tra la tradizione e lo sviluppo tecnologico e l’innovazione. Fondamentale risulterà gestire i rischi che i cambi di paradigma porteranno con sé, oltre a garantire – in modo olistico – la resilienza in termini di cybersecurity e continuità operativa.
Concludendo, le aziende in grado di reagire attivamente ai cambiamenti del mercato ne usciranno più forti, più digitali e più competitive oltre a trarne beneficio anche dal punto di vista economico; per cui, come affermava Charles Darwin: “Non sarà la specie più forte a sopravvivere, né la più intelligente, ma quella più ricettiva ai cambiamenti”.
Articolo a cura di Federica Maria Rita Livelli
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