Crescere non è un’opzione

Ogni attività umana è finalizzata alla crescita. Tutto ciò che facciamo cela questa comune “missione”, coinvolgendoci in percorsi, obiettivi, sfide, avventure, progetti che hanno l’apparente scopo di avvicinarci a qualcosa a cui teniamo, ma che in realtà sono finalizzate ad elevare gli standard qualitativi della nostra esistenza. Solitamente, non è a questo che miriamo. Noi miriamo ad avere di più, ma per riuscirci dobbiamo mettere in campo risorse ed affrontare sfide attraverso le quali ci rafforziamo come individui. La nostra evoluzione come specie umana è basata su questo meccanismo che è centrato sul desiderio: onestamente, se non pensassimo che ce ne viene qualcosa in tasca, intraprenderemmo mai strade ardue e rischiose solo per realizzare una qualche trasformazione personale?

Se di primo acchito questo può apparire come un discorso filosofico, vediamo di calarlo in un contesto più concreto, come quello lavorativo (che è solo uno dei tanti). Se mi leggi è probabile che tu sia un imprenditore, un manager o un professionista; allora, cerca di vedere oltre il prodotto o il servizio che offri e prova a capire cosa vuole veramente un cliente da te. Ci sono due possibilità: o vuole risolvere un problema o desidera spingersi oltre il suo status quo e vede nel tuo prodotto/servizio il mezzo attraverso il quale raggiungere uno o l’altro di questi due obiettivi. Nel secondo caso, è più evidente la spinta verso un’evoluzione propria o della sua azienda; ma anche nel primo, vi è l’assoluta necessità di uscire da una situazione che lo sta bloccando e che gli impedisce di progredire nel suo percorso.

Questa è la dinamica che nei millenni ha portato la specie umana a passare dalla caverna a ciò che è oggi. Che abbia perseguito la strada migliore (e su questo potremmo aprire tutta una serie di dibattiti) è tutto da vedere, ma è innegabile l’enorme lavoro fatto in un lasso di tempo relativamente breve.

Ora, in che modo tutto questo si riferisce ad un’attività lavorativa, di qualunque dimensione essa sia? Non cambia nulla. Un’azienda, che almeno fino ad oggi è ancora guidata da esseri umani, persegue esattamente la stessa finalità degli individui che vi operano: crescere… e nel processo far crescere le persone che vi lavorano.

Il problema è che si è così focalizzati sui risultati da realizzare che si tiene in poco o nessun conto il processo. Tuttavia, se vogliamo veder crescere l’azienda, occorre lavorare su entrambi i fronti, che possiamo banalmente semplificare in ciò che si vuole avere e ciò che si vuole essere.

Proprio perché la crescita si muove su due fronti, per i motivi che spiegherò, essa non è affatto un percorso lineare. Non mi è mai capitato di vedere un solo grafico che mostrasse un qualsivoglia trend di crescita (soprattutto del fatturato, ma anche di organico, di nuovi mercati, di investimenti, ecc.) che non fosse lineare, a prescindere dalla tipologia: a linee, a barre, a torta, ad area, a dispersione, istogrammi e decine di altri. Tutti, indistintamente, si limitano a rappresentare un avanzamento, ovvero arretramento, nel tempo della quantità realizzata di qualsiasi cosa si stia misurando. Niente dicono, invece, dell’avanzamento qualitativo dell’attività con riferimento alle risorse umane e non.

In realtà, qualora eventuali scarsi risultati siano imputabili a limitazioni strutturali o tecnologiche, abbastanza agevolmente si riconosce in quello il “tarlo” che rallenta la crescita e altrettanto facilmente si interviene; ma se il problema è riconducibile a limitazioni che si palesano a livello di cultura aziendale, di preparazione tecnica (e non), di abilità sociali, di atteggiamento mentale, di competenze emotive, ecc., cioè quegli aspetti che alla fine determinano la qualità del processo e che di conseguenza ricadono poi sui risultati che si ottengono, le misure intraprese si limitano solitamente a qualche palliativo.

Il fatto è che senza una crescita evolutiva (qualitativa, di processo), ad un certo punto si ferma anche la crescita espansiva (quantitativa, legata ai risultati) e viceversa. Le due cose devono viaggiare in parallelo per rafforzarsi a vicenda, l’avere (espansione) e l’essere (evoluzione) sono intrinsecamente legati fra loro e occorre intervenire saggiamente su entrambe.

I seguenti grafici illustrano questo processo.

Nel primo grafico puoi vedere una crescita per espansione, che è quella più semplice e, per questo, più comune. La sua caratteristica è che si focalizza sull’ottenere di più di ciò che già si ha: più fatturato, più macchinari, più visibilità, più competitività, più prodotti, ecc. La finalità è quella di “puntellare” l’azienda per renderla più solida, più stabile e più appetibile per il mercato. Non è solo opportuno, ma è una necessità… che viene però paradossalmente limitata e penalizzata proprio dalla tendenza a focalizzarsi eccessivamente su questa crescita senza considerare il contesto in cui ciò avviene.

Così come non si può inserire il motore di un bolide da corsa in un’utilitaria perché la struttura di quest’ultima non è in grado di sostenere tanta potenza, allo stesso modo un’azienda non può sostenere una crescita espansiva continua senza prima creare i presupposti per cui ciò possa avvenire: ad un certo punto la crescita si arresta o frena considerevolmente in attesa di un cambiamento. E comunque, limitarsi ad un rafforzamento strutturale è del tutto insufficiente perché, riprendendo la metafora dell’auto, non puoi nemmeno mettere un pivellino neo-patentato dietro il volante del suddetto bolide.

Da un punto di vista aziendale, il “pilota” corrisponde all’insieme delle risorse umane che vi operano, non soltanto i titolari o i dirigenti, che comunque hanno la responsabilità di guidare il cambiamento. Ed è a questo livello che si gioca tutto. Il “campionato” in cui militano oggi le aziende è cosa molto diversa rispetto ad anche solo dieci anni fa e a questa velocità fra cinque anni, cioè domani, sarà nuovamente un altro mondo, dove l’aspetto tecnico, quello a cui si sono limitate la stragrande maggioranza delle imprese finora, dovrà forzatamente integrarsi con una maggiore crescita, anche e soprattutto personale (quindi emotiva), degli addetti. Questo, per molte aziende italiane, soprattutto quelle medio-piccole, dove vige ancora una gerarchia molto rigida ed ossessionata dal controllo, è ancora tabù e tra le maggiori potenze industriali del mondo siamo abbondantemente sotto-performanti per quanto riguarda la formazione a livello personale.

Sta di fatto che senza un salto evolutivo, in un mercato sempre più spietatamente competitivo, è certo un contraccolpo a livello dell’espansione.

È altrettanto vero, però, che come mostra il seguente grafico, non funziona nemmeno l’evoluzione senza espansione. Qualsiasi processo (tendente all’evoluzione) deve poggiare su dei risultati (tendenti all’espansione), altrimenti si blocca: sarebbe come usare un campione mondiale di F1 per tagliare l’erba del giardino con un tosaerba che monta un motore da bolide. La crescita c’è, ma è fine a se stessa e conseguentemente improduttiva.

È necessario uscire da questa visione monodimensionale della crescita aziendale ed accedere ad una visione bidimensionale, come mostra questo terzo grafico. Quella che chiamo Intelligenza Sistemica ha proprio lo scopo di agevolare questo “sacro” connubio tra Espansione ed Evoluzione in modo armonico al fine di produrre i migliori frutti e consentire all’azienda di competere in modo efficace in questo mercato estremamente fluido e difficile da interpretare… coi vecchi strumenti, almeno.

Giovedì, 22 novembre 2018, ore 20.30, condurrò un corso breve a Bassano del Grappa (VI) dal titolo “La Forza delle Emozioni” dove, da una prospettiva sistemica, parlerò del ruolo delle nostre emozioni ed in che modo guidarle consapevolmente affinché diventino una preziosa risorsa per manager e leader.

Per saperne di più: https://goo.gl/qUL9en.

Articolo a cura di Alessandro Carli

Profilo Autore

Alessandro Carli è un trainer e coach italocanadese che da trent’anni opera nel settore del personal development.
Durante questo arco di tempo ha avuto modo di lavorare molto da vicino con qualche migliaia di persone tra imprenditori, dipendenti, privati e studenti, che gli ha permesso di farsi un’idea piuttosto chiara sul funzionamento della realtà in cui tutti operiamo, individuando degli schemi che si ripetono nei diversi contesti delle nostre vite.
Dal 2012 si è dedicato allo sviluppo di un vero e proprio “studio” che riguarda le dinamiche dei sistemi, che ha poi codificato nella cosiddetta Intelligenza Sistemica. Applicata al coaching e/o alla formazione in senso lato, questo studio può consentire a chiunque di scendere alla radice delle problematiche che ci troviamo tutti ad affrontare quotidianamente e risolverle a quel livello.

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